Nel precedente articolo abbiamo descritto i vari processi diagnostici che rappresentano il primo pilastro su cui si basa un programma efficace di gestione sanitaria della BVD. In questo articolo illustreremo le caratteristiche del secondo pilastro e mi riferisco alla profilassi, che possiamo declinare in due forme: la profilassi diretta e l’immunoprofilassi.

Con il termine di profilassi si intendono quei provvedimenti che si devono mettere in pratica per impedire l’introduzione di una malattia oppure per limitarne la diffusione all’interno di una popolazione.

Profilassi diretta

Lo scopo principale della profilassi diretta è quello di impedire che l’agente patogeno entri in contatto con l’organismo sensibile all’infezione. Riportando questo concetto alla BVD, dopo aver compreso i principali meccanismi patogenetici della malattia, è possibile individuare tre modalità attraverso le quali il virus BVD si introduce in un allevamento indenne:

  • Ingresso di un bovino immunotollerante.
  • Ingresso di un bovino immunocompetente ma con l’infezione acuta in atto.
  • Ingresso del virus attraverso un vettore diverso dal bovino.

L’introduzione di un bovino immunotollerante nella mandria è senza dubbio la modalità più efficiente di ingresso del virus BVD in allevamento. Ciò può avvenire attraverso l’introduzione di un soggetto (vitello, manza o bovino adulto) persistentemente infetto (PI) oppure attraverso una bovina immunocompetente che sia gravida di un feto PI. È opportuno tenere bene a mente questa duplice possibilità che impone la necessità di sottoporre a test diagnostico non solo i soggetti che entrano in allevamento ma anche, e soprattutto (nel caso di bovine in gravidanza), i vitelli nati da queste.

L’introduzione del virus BVD attraverso un bovino che abbia un’infezione acuta in atto, sebbene meno efficace rispetto alla precedente, è comunque un rischio concreto; considerato anche l’estremo pleomorfismo del quadro clinico della BVD e l’elevata frequenza con cui si possono avere infezioni asintomatiche o paucisintomatiche. Da questo punto di vista, si impone come regola di biosicurezza, un sistema efficace che sia in grado di individuare questi soggetti attraverso la ricerca sistematica dell’antigene (virus o parti di esso) nel sangue o nei tessuto. È necessaria anche la permanenza dei soggetti di nuova introduzione, per un tempo congruo, in un’area di quarantena.

L’introduzione del virus BVD attraverso un vettore che non sia il bovino è sicuramente la via meno efficiente ma che rimane comunque possibile. Di seguito vi riporto una lista, sicuramente incompleta, di possibili vettori di virus BVD in allevamento:

  • Automezzi, in particolare se contaminati da feci come possono essere i camion con cui si trasportano le bovine al mattatoio, per il carico delle carcasse oppure i mezzi agricoli presi in prestito da altri allevamenti.
  • Personale dell’azienda o visitatori. A tal proposito è necessario prevedere un parcheggio esterno e l’utilizzo di stivali e indumenti che rimangono in azienda, con una particolare attenzione rivolta al personale veterinario, fecondatori o addetti al pareggio delle unghie.
  • Embrioni o materiale seminale. Rischio minimo ma possibile.
  • Altri animali domestici (es. piccoli ruminanti) o selvatici. Sebbene il ruolo attivo di questi animali nella trasmissione della BVD sia piuttosto improbabile, è ragionevole raccomandare di dotarsi di una recinzione che protegga interamente il perimetro dell’allevamento.

A questo punto abbiamo tutti gli elementi necessari per individuare e gestire i punti critici di un possibile ingresso del virus BVD in allevamento:

  • Preferire la rimonta interna e laddove non sia possibile stabilire con i propri consulenti un piano di controllo degli animali da introdurre in allevamento tenendo in considerazione le caratteristiche patogenetiche della BVD
  • Recintare l’intero perimetro aziendale.
  • Stabilire un’area dell’azienda, lontana dagli animali, dove caricare gli animali da macello o le carcasse.
  • Regolamentare gli ingressi e obbligare il personale o i consulenti a utilizzare indumenti e calzature a perdere o da lasciare in azienda.
  • Assicurarsi della professionalità del venditore quando si acquistano embrioni.

Immunoprofilassi

L’immunoprofilassi contempla l’insieme di pratiche mediche che determinano l’immunizzazione di un animale. Con il termine di immunizzazione si intende il processo che porta l’organismo a resistere agli agenti patogeni. Negli anni lo studio dei vaccini per la BVD è andato progressivamente migliorando ed oggi sono disponibili in commercio diverse specialità che si possono adattare alle varie realtà zootecniche. Esistono vaccini sia spenti sia vivi attenuati, allestiti con ceppi citopatogeni o non citopatogeni, appartenenti al genotipo 1 o al genotipo 2 ed infine in formulazione monovalente (solo virus BVD) o polivalente (BVDv insieme ad altre valenze).

I vaccini contro la BVD, disponibili in commercio, ricadono in tre categorie principali:

  1. Vaccini inattivati: questi vaccini contengono il virus inattivato, che non è in grado di causare la malattia ma stimola una risposta immunitaria protettiva nei soggetti vaccinati.
  2. Vaccini vivi attenuati: questi vaccini contengono il virus BVD indebolito, che si replica in modo limitato nell’animale vaccinato senza causare la malattia completa.
  3. Vaccini combinati o polivalenti: i vaccini combinati sono formulazioni che contengono componenti per la protezione contro più malattie, inclusa la BVD. Questi vaccini possono essere combinati con altre vaccinazioni comuni per proteggere i bovini da una serie di patogeni. Ad esempio, possono essere combinati con vaccini contro l’infezione da virus della rinotracheite infettiva bovina (IBR), parainfluenza bovina (PI-3), virus sinciziale respiratorio bovino (BRSV) e altre patologie ad eziologia batterica.

I vaccini spenti o inattivati sono allestiti a partire da ceppi altamente replicativi che poi vengono inattivati mediante diverse metodiche. È estremamente importante che si utilizzino sostanze in grado di assicurare una inattivazione certa della virulenza e, contemporaneamente, garantiscano la conservazione dell’identità antigenica. Infine, è necessario addizionare delle sostanze, dette adiuvanti, che favoriscano il richiamo di cellule immunitarie nel punto di inoculo. La garanzia del conferimento di una piena protezione immunitaria necessita della somministrazione di due dosi a distanza di tre o quattro settimane. La prima è detta vaccinazione di base o priming e la seconda vaccinazione di richiamo o booster. L’immunità che si ottiene è prevalentemente di tipo umorale, specifica verso gli antigeni strutturali. L’immunità cellulo-mediata può instaurarsi ma in maniera variabile soprattutto in base al tipo di adiuvante utilizzato. La durata dell’immunità (vaccinazione di base + richiamo) è garantita per almeno sei mesi sebbene ci siano alcune evidenze che dimostrano un’immunità valida fino a 12 mesi. I principali vantaggi di un vaccino inattivato per la BVD sono ascrivibili alla scarsità di effetti collaterali in quanto dimostrano un livello di sicurezza elevatissimo e risultano essere praticamente innocui per tutte le categorie di bovini. Non inducono immunodepressione né possono indurre fenomeni di ricombinazione genetica. I principali svantaggi sono da ricondurre al maggiore costo del trattamento immunizzante (doppia inoculazione), la minore durata dell’immunità (quasi esclusivamente di tipo umorale) e le reazioni antinfiammatorie del punto di inoculo dovute alla presenza di sostanze adiuvanti.

I vaccini vivi attenuati sono ottenuti con l’adattamento e l’attenuazione del virus BVD in colture cellulari. In questo modo si ottengono stipiti a replicazione ridotta e bassa virulenza utilizzabili per l’immunizzazione attiva. In commercio esistono vaccini vivi attenuati allestiti con il solo genotipo 1 oppure con entrambi i genotipi (1 e 2). Questi vaccini determinano una robusta stimolazione della risposta umorale (anticorpale) e cellulo-mediata che, sostanzialmente, ricalca quello che si verifica in seguito all’infezione naturale con virus selvaggio. Tra i principali vantaggi di questo tipo di vaccinazione c’è senza dubbio la somministrazione di una sola dose che induce un’immunità che si instaura rapidamente (2-3 settimane) e permane per almeno un anno. In linea generale determinano un livello di anticorpi neutralizzanti (protettivi) mediamente più alto rispetto ai vaccini spenti. Per contro sono pur sempre vaccini allestiti con virus vivi attenuati e sebbene, la probabilità sia contenuta, è possibile che possano fungere da fonti di ricombinazione con il virus selvaggio. Un altro aspetto da tenere in considerazione è che inducono una viremia transitoria anche se, come riportato nel foglietto illustrativo, non dovrebbe avere alcun effetto sul feto o determinare immunodepressione.

I vaccini combinati o polivalenti contengono il virus BVD in forma generalmente spenta ed altre valenze (virus, batteri, anatossine). Il loro principale punto di forza è la versatilità e comodità d’uso, per il resto rimane ciò che è stato riportato precedentemente.

Quello che viene richiesto di fare alla vaccinazione è naturalmente la protezione dei soggetti singoli e della mandria nel suo complesso. Questa protezione si declina in due distinti livelli:

  • Protezione del bovino singolo e della mandria in generale dalla manifestazione clinica di un’infezione acuta.
  • Protezione del feto, impedendo la trasmissione verticale di BVDv e la nascita di vitelli persistentemente infetti.

Qui entra in gioco, necessaria e determinante, la professionalità del Medico Veterinario. I livelli a cui mi riferivo prima richiedono una conoscenza approfondita dell’azienda che tenga conto di numerosi elementi come ad esempio:

  • L’indirizzo produttivo (latte, carne o misto).
  • La tipologia di rimonta (totalmente esterna, totalmente interna o parzialmente esterna).
  • Presenza di soggetti persistentemente infetti.
  • Capacità operativa dell’allevatore e degli operai.
  • Livello di fiducia dell’allevatore verso il professionista o l’utilizzo dei vaccini.

La lista potrebbe continuare ancora a lungo ma credo che il concetto sia sufficientemente chiaro. A differenza della profilassi diretta, che ha delle regole base codificate e riproducibili con pochi adattamenti, alle diverse realtà zootecniche, la vaccinazione è un atto puramente medico. Il protocollo vaccinale deve essere deciso dal Veterinario che lo adatta alle caratteristiche peculiari dell’azienda e, soprattutto, al fattore umano, cioè alle persone dell’allevamento che lo devono mettere in pratica.

Con questo si conclude il ciclo di articoli sulla BVD. Per il lettore che abbia la necessità di approfondire alcune caratteristiche di questa patologia posso suggerire la lettura delle linee guida sulla diarrea virale bovina (BVD) dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie scaricabili gratuitamente e liberamente dal loro sito web.

Su questo argomento leggi anche “La Diarrea Virale Bovina (BVD): eziopatogenesi”, “La Diarrea Virale Bovina (BVD): quadro clinico” e “La Diarrea Virale Bovina (BVD): la diagnosi“.