Le diarree neonatali sono una causa importante sia di mortalità, dei vitelli delle razze da carne o delle vitelle delle razze da latte, che d’insufficienti performance qualora essi o esse riescano ad arrivare in produzione. Tra i numerosi agenti eziologici troviamo quelle protozoarie dovute ai coccidi ed ai criptosporidi (spore nascoste). A quest’ultimo  genere appartengono diverse specie che possono colpire l’uomo e buona parte degli animali. Le specie che maggiormente interessano i bovini sono C. parvum e C. andersoni. Le oocisti dei criptosporidi, una volta assunte per via orale dai vitelli, sono immediatamente attive. Ne bastano anche solo 30 per liberare gli sporozoiti che colonizzano le cellule epiteliali che rivestono i villi intestinali e per dare la malattia. Il vitello assume le ovocisti dall’acqua, dagli alimenti o da un ambiente contaminato dove possono persistere anche fino a 2-6 mesi. La criptosporidiosi si può manifestare anche al 4°-5° giorno di vita ma la maggiore prevalenza si ha a 2 settimane d’età.

L’infezione è caratterizzata da un’elevata contagiosità. La malattia si  presenta con diarrea, anoressia e disidratazione ma raramente conduce a morte l’animale, a meno che non intervengano infezioni batteriche e virali intercorrenti. La malattia può durare se non adeguatamente trattata dai 4 ai 18 giorni. Nei casi a decorso sub-clinico si noterà un aspetto alterato delle feci e scarsi accrescimenti dovuti alla scarsa funzionalità dei villi intestinali alterati dai criptosporidi. Il decorso della malattia è anche condizionato dalle carenze di selenio, dalla correttezza della nutrizione e dallo stato immunitario del vitello. In alcuni lavori viene indicata una prevalenza nei vitelli d’età inferiore alle 4 settimane di oltre il 30%, indipendentemente dalla presenza della diarrea. La prevalenza si riduce sensibilmente oltre il primo mese di vita per l’intervento del sistema immunitario. Il vitello, infettatosi precocemente, elimina con le feci  le oocisti già al 16° giorno di vita.

La criptospordiosi è considerata una zoonosi in quanto le oocisti possono arrivare all’uomo attraverso gli alimenti, le acque e il contatto diretto con i vitelli parassitati dando problemi gravi soprattutto ai soggetti immuno-compromessi. La diagnosi di criptosporidiosi è relativamente semplice anche se la sintomatologia enterica esibita entro il  primo mese di vita non è specifica ( patognomonica). In caso di sospetto si raccolgono le feci direttamente dal retto e si osservano previa colorazione ( metodo Ziehl-Neelsen o carbofucsina). In alternativa si possono eseguire test mediante immuno-fluorescenza con anticorpi monoclonali ( ELISA) o PCR. Esistono anche test immunoenzimatici eseguibili direttamente in allevamento. La principale forma di profilassi è l’igiene dell’ambiente ossia  impedire che il vitello assuma le oocisti. Inoltre una corretta assunzione di colostro di qualità condiziona sensibilmente il decorso della malattia e l’eliminazione delle oocisti. Per la terapia esiste un solo agente antiprotozoario denominato alofuginone lattato da somministrarsi secondo le indicazioni fornite dal medico veterinario.