Il crescente utilizzo dei robot di mungitura sta rivoluzionando la moderna zootecnia da latte. Non solo perché migliora il benessere dell’allevatore e dei suoi animali ma anche perché, attraverso i dati che produce, permette di selezionare gli animali più idonei al suo utilizzo.

Introduzione

Nell’ormai lontano 1940, quasi un secolo fa, Isaac Asimov pubblicava una serie di racconti di fantascienza dedicati a quelli che lui chiamava robot positronici. Tra i motivi che spinsero Asimov a scrivere questi racconti c’era il suo desiderio di dimostrare come i robot fossero strumenti utili all’umanità e non possibili minacce, un’idea, quest’ultima, molto diffusa all’inizio del XX secolo.

Questa digressione letteraria calza abbastanza bene con quello che sta succedendo negli ultimi anni nelle stalle da latte, dove si osserva sempre più l’aumento nel numero di robot di mungitura presenti. Ad una iniziale diffidenza ha fatto seguito un interesse crescente, e sono sempre più gli allevatori che manifestano l’interesse e la volontà di utilizzare queste nuove tecnologie.

Ad esempio in Italia, secondo i dati forniti dal Dr. Lorenzo Pascarella – Coordinatore del Servizio Controllo Mungitura (SCM) presso l’Associazione Italiana Allevatori – e riferiti a stalle sotto controllo funzionale, si è passati da 1209 unità nel 2022 a 1360 nel 2023, con un aumento pari all’11% in un solo anno. Nel resto del mondo la tendenza è ancora più evidente, e si stima che oggi ce ne siano oltre 50mila.

Al di là dei vantaggi pratici per l’allevatore e per gli animali stessi, soprattutto in termini di benessere e gestione, un altro importante aspetto dei robot di mungitura è che questi generano dati, molti dati, che possono essere utilizzati per selezionare gli animali migliori da utilizzare nei robot di mungitura stessi. In effetti l’utilizzo del robot in azienda presenta alcune criticità legate al carattere degli animali, alla loro struttura morfologica – soprattutto della mammella -, ed alla loro capacità di rilasciare il latte. Migliorare queste caratteristiche è importante perché ha un effetto circolare, intendendo con questo che i dati prodotti dal robot aiutano a scegliere gli animali giusti per il robot.

Un Indice Genetico per le vacche da Robot

Questa idea di “selezionare” gli animali migliori per il robot è stata recentemente sviluppata da una company di genetica americana (STgenetics), che ha messo a punto un indice aggregato denominato Robotic Cow Index.

Cosa hanno pensato di fare i ricercatori di STgenetics?

Come è facile immaginare sono partiti dai dati già raccolti su tutti gli animali e relativi alla conformazione della mammella ed a questi hanno aggiunto delle informazioni raccolte dal robot di mungitura.

Si sono focalizzati in particolare su 2 caratteri: il Box Time e la Milking Speed. Cosa rappresentano questi due caratteri? il Box Time (figura 1) è Il tempo trascorso nel robot, tra l’ingresso e l’uscita di una vacca nel box di mungitura stesso. Include il tempo necessario per l’identificazione ma anche la preparazione della mammella e l’attacco del gruppo, il tempo effettivo di mungitura, lo stacco del gruppo e la successiva disinfezione della mammella. È evidente che animali più tranquilli, con migliore mammella e che rilasciano il latte più facilmente, sono favoriti. Il secondo carattere, Milking Speed, indica invece i kg di latte prodotti divisi per il tempo effettivo impiegato a produrli. È quindi una misura di efficienza produttiva.

Utilizzando i dati raccolti in 4 anni su oltre 5600 vacche, ed associando anche le informazioni genomiche ed anagrafiche, i ricercatori di STgenetics hanno stimato una ereditabilità pari a 0.53 per il Milking Speed e del 0.42 per il Box Time. Sono valori veramente impressionanti e che dimostrerebbero un grosso effetto della genetica, e quindi enormi possibilità selettive.

In realtà questi risultati, sebbene sempre da verificare a mano a mano che si aggiungono informazioni, non sorprendono perché sono in gran parte legati alla precisione della raccolta dati. Precisione che deriva dal metodo di raccolta: il robot stesso.

Figura 1. Definizione del Box Time. Fonte: STgenetics® Marketing

Combinando questi due caratteri con la lunghezza ed il posizionamento dei capezzoli (sia anteriore che posteriore) e con un indice mastite è stato quindi creato l’indice aggregato Robotic Cow Index (figura 2)

Figura 2. Robotic Cow Index. Fonte: STgenetics® Marketing

I due caratteri raccolti dal robot rappresentano il 53% dell’indice aggregato.

Considerazioni Finali

Anche se partendo da un altro punto di vista, Asimov ci aveva visto giusto ed aveva capito che i robot, intesi come strumenti che eseguono compiti particolari ed onerosi (come ad esempio la mungitura nella specie animale), avrebbero rappresentato un’innovazione fondamentale. Questo è particolarmente vero per il miglioramento genetico che è sempre affamato di dati e ne ha bisogno per sviluppare strumenti selettivi.

A ben guardare il Robotic Cow Index non rappresenta in sé e per sé un indice aggregato veramente innovativo. Questo perché fa uso dei ben noti caratteri morfologici (presenti e raccolti da decenni) e di altri caratteri in parte raccolti anche nel passato (e.g. tempi di mungitura).

Ciononostante, la grande innovazione sta proprio nel fatto che usa dati raccolti da un robot e li utilizza per selezionare i migliori animali da usare con il robot. Sarebbe interessante approfondire la correlazione genetica che esiste tra i caratteri da robot e quelli tradizionali o legati al benessere, come ad esempio la fertilità, la longevità e la resistenza alle patologie.