Abbiamo tutti constatato come il mercato dei prodotti lattiero caseari abbia assunto le caratteristiche di volatilità e cambiamento simili a quelle che altri settori hanno sperimentato prima di noi nel tempo.
Negli ultimi cinque anni abbiamo vissuto situazioni che ritenevamo inimmaginabili. Tutti abbiamo sperimentato le fluttuazioni dei costi di produzione e dei prezzi di vendita.
Non dobbiamo dimenticare che esistono altre dinamiche, che per il momento possiamo identificare come tendenze, che hanno tuttavia la possibilità di impattare ancora più drasticamente sulla nostra attività. Mi riferisco ad esempio ai cambiamenti climatici ed alle tendenze di acquisto dei consumatori, alla necessaria evoluzione tecnologica che sarà resa alla portata delle aziende, alla gestione tecnologica dell’azoto contenuto nei liquami.
Se con le fluttuazioni dei costi di produzione e dei prezzi di vendita, abbiamo agito su una serie di aspetti di gestione ordinaria, per altre questioni, come ad esempio quelle citate, sarà necessario intervenire sugli investimenti.
E non si tratta di bruscolini. Già, perché i consumatori vogliono le vitellaie fatte in un altro modo, non vedono di buon occhio le rastrelliere a trappola, vogliono gli spazi necessari affinché il vitello stia con la madre per i primi tempi dopo la nascita.
Dovremo dotarci di varie tecnologie di automazione perché avremo meno manodopera. In questo ed altro c’è da acquistare, da costruire e da modificare. Insomma, c’è da investire.
E per investire è necessario presentarsi in banca.
E quando varchiamo quella soglia dobbiamo dotarci di una serie di documenti.
- Serve un progetto. E fin qui, ci si arriva facile.
- Serve un business plan. La faccenda comincia a complicarsi, poiché è necessario far quadrare i conti proiettando gli investimenti e gli ammortamenti, unitamente ai costi di gestione, su un orizzonte di alcuni anni. Mettendoci dell’impegno e magari un aiutino esterno, anche questo passaggio lo si supera.
- Serve un Conto Economico. Fino ad ora le Banche si sono accontentate di quello che, per pudore, viene chiamato bilancino e della dichiarazione IVA annuale. Qui cominciano le difficoltà serie: il conto economico è un’altra cosa. Se non ci si è attrezzati, davanti alla Banca si fa la figura di colui che non controlla il proprio business. E non è un bel biglietto da visita.
- Serve uno STATO PATRIMONIALE. Si tratta di un documento che descrive la situazione di patrimonio su cui poggia l’azienda. E qui casca …. il titolare. Alcune Banche, le più grandi, avendo recepito la linea dell’Unione Bancaria Europea, chiedono già ora questo documento, vistato da un revisore dei conti. Questo documento lo si produce solo se si tiene la contabilità in partita doppia. Non c’è altro modo, serio e legale, per produrre questo documento, se non attraverso questa modalità. Possiamo dare per scontato che, nel volgere di poco tempo, lo Stato Patrimoniale sarà indispensabile per le richieste di erogazione di mutui e finanziamenti che dovessimo chiedere alla Banca.
Qualcuno potrà dare un’alzata di spalle contando sull’italica capacità di girare attorno agli ostacoli.
I più previdenti, essendo certi che nei prossimi anni varcheranno la soglia della Banca, magari non una sola volta, si attrezzeranno per mettere la Banca nelle condizioni di accordare quanto richiesto.
A buon intenditore …
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