Il collasso puerperale è una condizione patologica particolarmente temuta nell’allevamento della vacca da latte ad alta produzione. È la più importante malattia del metabolismo minerale e si manifesta quasi esclusivamente nelle ore immediatamente successive al parto. Un’ipocalcemia lieve e transitoria è considerata para-fisiologica nelle vacche pluripare ottime produttrici di latte ma diviene patologica nel caso in cui i meccanismi di compensazione dell’organismo falliscano a bilanciare con rapidità le imponenti perdite di calcio associate al parto.

L’ipocalcemia subclinica è ben più diffusa della forma clinicamente manifesta ma la sua incidenza è spesso pesantemente sottostimata a causa della difficoltà diagnostica (assenza di test rapidi ed economici) e soprattutto della mancanza di una sintomatologia specifica. La forma clinica dell’ipocalcemia (collasso puerperale) è spesso la “punta dell’iceberg”, un campanello d’allarme ben preciso. È corretto ipotizzare ed indagare l’esistenza di ipocalcemia nel periodo del postparto e mettere in atto le diverse strategie di prevenzione ogni qualvolta si metta in evidenza un aumento significativo di alcune malattie intimamente correlate al metabolismo del calcio: metrite, ritenzione degli invogli, prolasso dell’utero, chetosi, mastite clinica, ridotta ingestione di alimento, dislocazione dell’abomaso e immunodepressione post partum.

Il collasso puerperale è la forma più severa di ipocalcemia ed è caratterizzata da una riduzione più o meno intensa della concentrazione ematica di calcio i cui valori normali oscillano tra 2.1 e 2.7 mmol/L (8 – 10 mg/dL). Non c’è una correlazione tra il valore assoluto della calcemia e la gravità clinica della malattia, ma nella maggior parte dei casi il collasso avviene quando il calcio scende a valori inferiori a 1.25 mmol/L (5 mg/dL).

Segni clinici

Clinicamente la progressione della malattia riconosce tre stadi:

1. Primo stadio: può durare molto poco e spesso passa inosservato. La bovina appare agitata, assume una postura lievemente irrigidita e carica alternativamente il peso sull’uno e sull’altro lato del corpo. La muscolatura presenta tremori e fibrillazioni soprattutto nei muscoli della spalla.

2. Secondo stadio: è la condizione in cui vengono trovate e visitate la maggior parte delle bovine in ipocalcemia clinica. La vacca, dapprima con atteggiamento sonnolento ed in maniera impacciata, barcolla e tende a non coricarsi; ben presto, a causa della difficoltà di contrazione dei muscoli (paralisi flaccida) va in decubito sternale e non si alza più nemmeno se stimolata vigorosamente. Appare sempre più sonnolente ed assume la classica posizione di autoauscultazione (testa poggiata sul torace). La temperatura corporea è normale, tendente alla diminuzione. La frequenza cardiaca è normale, il battito martellante ed il polso talvolta aritmico. L’attività ruminale è molto diminuita o totalmente sospesa, la sensibilità cutanea ridotta e la bovina non emette più feci né urine.

3. Il terzo stadio si raggiunge raramente ma è una forma particolarmente grave di collasso puerperale, una condizione da trattare con estrema urgenza e la cui prognosi può considerarsi riservata. La bovina è in decubito laterale in stato comatoso, il respiro è ansimante e stertoroso e l’addome dilatato a causa del blocco dell’eruttazione. La superficie cutanea è fredda, la frequenza cardiaca è aumentata, il polso piccolo e aritmico.

La condizione ipocalcemica è sovente accompagnata da complicazioni ed altre malattie (ad esempio, da mastite) che possono influire negativamente sull’iter diagnostico e condizionare pesantemente la prognosi. Ferite cutanee, contusioni e traumi a livello muscolare, osseo e articolare sono frequenti e spesso autoindotte dalle bovine nel primo stadio della patologia o nella fase successiva all’intervento terapeutico. Il decubito prolungato è un fattore predisponente a lesioni di natura ischemica dei muscoli e dei nervi che complica il quadro clinico; in particolare maggiore è il tempo trascorso dall’animale in decubito peggiore è la prognosi.

Terapia

La terapia del collasso puerperale si basa sulla perfusione endovenosa di soluzioni di calcio preferibilmente associato a fosforo e magnesio. Le preparazioni commerciali a base di calcio borogluconato sono molto comode ed efficaci, a patto che si rispettino alcune regole:

  • Una bottiglia di 500 ml di soluzione di calcio al 20% è generalmente sufficiente per ottenere una risposta clinica significativa. A volte si rende necessaria una seconda somministrazione ma l’assenza totale di efficacia durante e dopo la prima somministrazione comporta la necessità di rivedere la diagnosi.
  • Se la bovina presenta ancora sintomi clinici può essere tentata un’ulteriore somministrazione dopo che siano trascorse almeno 4 – 6 ore.
  • Il tempo di infusione dovrebbe essere superiore ai 6 minuti per permettere al clinico di modulare, ed eventualmente interrompere, la somministrazione di calcio alla comparsa di eventuali effetti tossici e favorire l’organismo a riadattarsi gradualmente all’aumento della calcemia.
  • Subito dopo aver completato l’infusione la bovina non deve essere stimolata con insistenza ad alzarsi dal momento che è ancora alto il rischio di turbe cardiache; aspettare almeno 30 minuti.
  • L’applicazione del “finimento a manetta” è raccomandata se il pavimento è scivoloso, se la bovina presenta alterazioni propriocettive da interessamento dei nervi oppure se non è possibile assicurare una sorveglianza continua nelle ore seguenti la terapia.
  • La somministrazione orale di gel o boli contenenti calcio dopo che la bovina ha riacquistato la capacità di deglutire può aiutare ad assicurare il mantenimento di un’adeguata calcemia nelle ore successive all’intervento parenterale e ridurre sensibilmente la comparsa di recidive.

Generalmente, se la diagnosi è corretta, la terapia viene somministrata correttamente e non ci sono problematiche concomitanti di altra natura la vacca riprende velocemente tutte le sue funzioni e non è necessario procedere ad altri trattamenti farmacologici.

La terapia del collasso puerperale è stata per anni una pratica molto popolare nell’attività routinaria del clinico buiatra. Oggi è un servizio ancora utile in ogni tipo di allevamento anche se assume un significato profondamente diverso nel caso si renda necessario in un allevamento commerciale. Nell’allevamento bovino rurale di tipo tradizionale è un intervento urgente che ha ancora un senso fine a sè stesso. Nell’allevamento commerciale di bovine ad alta produzione invece non è più un semplice intervento medico-veterinario bensì un campanello d’allarme per l’esistenza di una probabile (e più diffusa) condizione di ipocalcemia subclinica. Da questo punto di vista l’intervento terapeutico diventa secondario all’attività di consulenza che ha l’obbiettivo di spingere l’allevatore ad indagare in modo approfondito le modalità di gestione delle bovine in asciutta ed in preparazione al parto. Il collasso puerperale e l’ipocalcemia subclinica sono delle condizioni patologiche prevenibili attraverso strategie alimentari e manageriali universalmente riconosciute. Continuare a registrare una percentuale, seppur piccola, di ipocalcemia clinica in un allevamento commerciale di bovine da latte non è più tollerabile dal momento che le ripercussioni a livello produttivo e riproduttivo sono in grado di erodere in maniera significativa il reddito dell’azienda.