L’ipocalcemia è una malattia del metabolismo minerale caratterizzata da una diminuzione significativa della concentrazione ematica di calcio nel periodo immediatamente successivo al parto. Insieme alla chetosi e all’acidosi ruminale è considerata tra le più importanti patologie metaboliche del post-parto. In passato era particolarmente comune la forma clinicamente manifesta conosciuta con il termine di collasso puerperale, oggi invece, grazie alle migliori condizioni di management aziendale, è diffusa soprattutto la forma subclinica. L’incidenza è variabile e dipende dalle strategie messe in atto per fronteggiarla efficacemente; in ogni caso le produzioni molto elevate che caratterizzano le bovine di alto valore genetico e la rapidissima montata lattea dopo il parto sono elementi che determinano una condizione di ipocalcemia transitoria che potremmo definire quasi parafisiologica. La deriva patologica è dovuta ad un adattamento dell’organismo insufficiente o troppo lento ai nuovi fabbisogni rapidamente cresciuti.

Nell’organismo il calcio viene introdotto per via alimentare ed è quasi totalmente stoccato nelle ossa. Di questo, solo una piccola quantità (15 – 20 grammi) è rapidamente mobilizzabile. Le vie di eliminazione sono molteplici: attraverso le feci e l’urina (circa 8 g al giorno), con la produzione di colostro (1,8 – 2,5 g/L) e latte (1,25 g/L), e durante la gravidanza per lo sviluppo dello scheletro fetale (4 – 5 g al giorno). La quantità totale di calcio nel sangue ammonta a circa 3 g che equivalgono alla calcemia fisiologica di una vacca adulta (8 – 10 mg /dL). Mantenere stabile una quantità così esigua di calcio in un momento fisiologico (il parto) in cui le perdite sono imponenti prevede uno sforzo metabolico particolarmente impegnativo.

L’omeostasi del calcio è finemente regolata da due ormoni, il paratormone e la calcitonina, e da un derivato della vitamina D, ovvero il 1,25 diidrossicolecalciferolo (vitamina D3). Le funzioni sono le seguenti:

  • PARATORMONE: aumento del riassorbimento renale, attivazione della vitamina D3 e promozione della mobilizzazione di calcio dalle ossa. L’effetto è un aumento della calcemia;
  • CALCITONINA: favorisce la fissazione del calcio sulle ossa. L’effetto è una diminuzione della calcemia;
  • VITAMINA D3: promuove l’assorbimento intestinale di calcio e la mobilizzazione di calcio dalle ossa (insieme al paratormone). L’effetto è un aumento della calcemia.

Fattori di rischio

Età

Il rischio di ipocalcemia aumenta progressivamente con l’età. È assai infrequente al primo parto ma diviene molto probabile nelle vacche con più di tre lattazioni. Il motivo principale risiede nella superiore capacità di mobilizzazione del calcio dalle ossa da parte delle bovine giovani che, essendo ancora in una fase di sviluppo, hanno un numero e un’attività maggiore degli osteoclasti (cellule specializzate nel rimodellamento delle ossa) rispetto alle bovine più anziane. Nelle vacche adulte (3 o più parti) la produzione di latte è più elevata così come la domanda organica di calcio; infine la velocità di mobilizzazione dalle ossa diminuisce con l’età a causa di una progressiva riduzione dell’espressione dei recettori cellulari per la vitamina D3, una ridotta attivazione epato-renale della stessa vitamina ed un trasporto (assorbimento) del calcio nell’intestino sempre meno efficiente.

Razza

Alcune razze sembrano essere più suscettibili all’ipocalcemia. Le bovine di razza Jersey sviluppano più facilmente un’ipocalcemia rispetto alle coetanee di razza frisona a causa di un numero minore di recettori intestinali per la vitamina D3. È molto probabile una predisposizione genetica: le vacche che hanno sofferto di ipocalcemia o collasso puerperale tendono a riproporre la stessa condizione nei parti successivi così come sembra essere una patologia più frequente in alcune linee parentali.

Body Condition Score

Le bovine con un BCS elevato (≥ 4.00) hanno un rischio 4 volte superiore di sviluppare ipocalcemia. La causa precisa non è stata ancora individuata ma si sospetta possa essere legata ad una maggiore produzione di latte nell’immediato post-parto e alla riduzione di ingestione di alimento più marcata nel periparto, ciò esaspererebbe un bilancio negativo del calcio già esistente e l’espressione di una sindrome ipocalcemica.

Alimentazione

Un’alimentazione ricca di calcio offerta nel periodo finale dell’asciutta (close-up) è associata ad una maggiore incidenza di ipocalcemia post-partum. Questo avviene perché il fabbisogno giornaliero di calcio è totalmente coperto dall’assorbimento passivo intestinale che deprime pesantemente il richiamo attivo dalle riserve endogene (rene, ossa ecc.). Dopo il parto la richiesta urgente di calcio non potrà essere soddisfatta a causa della mobilizzazione molto lenta dalle riserve ossee. Anche un’alimentazione ricca di fosforo (>80 g/giorno) può predisporre all’ipocalcemia attraverso l’effetto di inibizione della sintesi renale di vitamina D3 la cui funzione principale è favorire l’assorbimento intestinale di calcio ma anche di cooperare con il paratormone per la mobilizzazione di calcio dalle ossa. In generale, diete ricche di cationi (sodio e potassio) favoriscono l’ipocalcemia mentre diete ricche di anioni (cloro e zolfo) hanno un effetto protettivo. Questo assunto è alla base di una strategia alimentare molto popolare definita bilanciamento ionico della razione nel preparto. Le modalità operative esulano dagli intenti di quest’articolo ma, per chi fosse interessato ad approfondire questo aspetto, la bibliografia disponibile è abbondante e semplice da reperire. Il meccanismo d’azione del bilanciamento ionico della razione è particolarmente interessante e si basa sulla capacità di alcuni sali minerali in forma ionizzata di modificare sensibilmente il pH del sangue. Una condizione di leggera alcalosi metabolica stimolata da alcuni cationi (il potassio è tra i più potenti) determina una ridotta capacità del paratormone di mobilizzare il calcio dalle ossa e di ripristinare all’occorrenza una corretta calcemia. Per contro, una leggera acidosi metabolica indotta dall’ingestione di alcuni sali minerali anionici (cloro e zolfo) stimola un’eccellente risposta da parte del tessuto osseo e l’intestino al paratormone (+ recettori), determinando una ricopertura molto rapida del calcio nel sangue nel periodo post-partum.

Per riassumere i fattori di rischio:

  • l’età e il numero di parti della bovina sono un fattore predittivo importante di ipocalcemia. Più la vacca è avanti con l’età e più sono le gravidanze che ha portato a termine, maggiore è il rischio di ipocalcemia;
  • le bovine di razza Jersey sono più sensibili all’ipocalcemia rispetto alle altre razze. Una predisposizione individuale è possibile, per cui le bovine che hanno un’anamnesi remota di ipocalcemia sono maggiormente a rischio;
  • le bovine che arrivano grasse al parto sono a rischio di ipocalcemia oltre che a rischio steatosi epatica, chetosi etc. Sarebbe opportuno avere un protocollo di gestione, redatto dal veterinario aziendale, in modo da sostenere il metabolismo di questi soggetti;
  • l’alimentazione nel periodo di preparazione al parto gioca un ruolo fondamentale nella riduzione dell’incidenza della sindrome ipocalcemica. L’ausilio di un consulente alimentare è necessario e può rivelarsi una scelta decisiva per la redditività dell’azienda. Sodio e potassio sono sali minerali predisponenti all’ipocalcemia per cui la loro presenza nella razione di preparazione al parto va fortemente ridotta. Lo stesso dicasi di calcio e fosforo, di cui possono essere ricche alcune foraggere (ad es. erba medica). Se ciò non bastasse è necessario ricorrere alla strategia di bilanciamento ionico della razione sotto la supervisione di un alimentarista esperto.

Il collasso puerperale e l’ipocalcemia sono delle condizioni patologiche piuttosto semplici sia da diagnosticare che da curare, ben più difficile è la prevenzione, che prevede un’attenzione quasi maniacale all’intero management dell’azienda (qualità dei foraggi, buona fertilità, gestione dei gruppi di bovine ecc.) ed in particolare al periodo di transizione. Sono certo di non esagerare definendo l’ipocalcemia la madre delle più importanti patologie del puerperio in grado, più o meno palesemente, di influire negativamente anche a distanza di settimane o mesi dal parto; ciò impone all’allevatore la necessità di impegnarsi per individuare, correggere e/o gestire i principali fattori di rischio dell’ipocalcemia.