I neonati della specie bovina, a causa del particolare tipo di placenta che condiziona negativamente lo scambio materno-fetale, nascono completamente privi di anticorpi (immunoglobuline). L’assunzione di colostro è necessaria per assicurare un’adeguata protezione fino a quando il loro sistema immunitario non sarà in grado di funzionare adeguatamente. Questo processo viene definito trasferimento d’immunità passiva ed è il momento più importante nel management della vitellaia, necessario a garantire un corretto sviluppo del vitello ed assicurarne il benessere sanitario. Gran parte dei problemi di salute o le ridotte performances di accrescimento possono essere ricondotte, direttamente o indirettamente, a quello che universalmente viene definito failure of passive transfer (FPT), il trasferimento insufficiente d’immunità passiva per mezzo del colostro.

Un trasferimento d’immunità passiva colostrale soddisfacente impone l’assunzione di una massa minima di IgG (immunoglobuline di tipo G) almeno pari a 100 grammi. Oggi i nuovi standard di riferimento prevedono il trasferimento passivo di almeno 300 grammi di IgG. Il consumo di colostro è l’unico sistema in grado di assicurare il trasferimento di una quantità elevata di immunoglobuline ed altre sostanze. La trasfusione di sangue intero, siero o plasma, sebbene possa avere una certa utilità, non è in grado di sostituire l’effetto di una buona colostratura.

I fattori di rischio di un trasferimento d’immunità passiva insufficiente sono i seguenti.

  1. Quantità di colostro consumata dal vitello

La quantità di colostro consumata nelle prime 24 ore di vita è un importante parametro che condiziona il trasferimento di IgG al vitello. Per assicurare una colostratura efficace la quantità ingerita dovrebbe essere intorno al 10 – 12% del peso del vitello, cioè circa 4 – 5 litri. Per centrare l’obiettivo minimo di fornire almeno 100 grammi di IgG con il primo pasto, ipotizzando di avere un buon colostro (IgG > 50 g/L), occorrerebbe offrire al vitello almeno 2 litri entro la prima ora di vita. Con un volume di 4 litri immediatamente dopo il parto ed almeno altri 2 litri entro le 12 ore successive si assicura un buon trasferimento d’immunità passiva colostrale (> 200 g di IgG totali). Volumi inferiori di colostro determinano un alto rischio di FPT.

  1. Qualità del colostro

La qualità del colostro è senza dubbio il fattore più importante (insieme al tempo) che condiziona un corretto trasferimento d’immunità passiva. Un colostro di qualità elevata ha una concentrazione di IgG maggiore di 50 grammi per litro (50 g/L). Purtroppo la variabilità può essere notevole, ad esempio uno studio del 2007 di Swan H. e colleghi mise in evidenza un range dei vari campioni di colostro esaminati che andava da 9 g/L a 186 g/L. Maggiore è il contenuto di IgG nel colostro maggiore sarà la quantità totale di IgG trasferite passivamente al vitello. Un colostro contenente meno di 50 grammi di IgG per litro determina un alto rischio di FPT dal momento che occorrerebbe somministrare un volume particolarmente elevato poco compatibile con la capienza fisiologica dell’abomaso del vitello neonato.

Il monitoraggio sistematico del colostro appena raccolto e l’adozione di una “banca del colostro” sono sistemi particolarmente validi per poter superare l’incertezza relativa a questi primi due punti. Il monitoraggio è un’operazione molto semplice che è possibile fare in azienda, in tempo reale, grazie ad un rifrattometro ottico che misura i gradi brix, tenendo presente che un buon colostro (IgG > 50 g/L) deve avere un valore superiore a 19 – 22 % di gradi brix. Per “banca del colostro” si intende la conservazione di un certo numero di unità di colostro (sacche da 4 litri reperibili in commercio) di buona qualità (50 g IgG/L – almeno 22% di gradi brix) e congelato. Questo sistema permette di avere dell’ottimo colostro prontamente disponibile nel caso in cui quello fresco non fosse idoneo alla somministrazione perché di scarsa qualità, scarso volume o alterato (per presenza di sangue, mastite ecc.).

  1. Tempistica di somministrazione

I neonati della specie bovina hanno una caratteristica assai peculiare dell’apparato gastroenterico comunemente conosciuta con i termini di “intestino aperto”. Questa definizione, sebbene poco scientifica, è particolarmente evocativa della capacità dell’intestino del vitello di poter far passare grandi quantità di immunoglobuline ed altre sostanze dal contenuto intestinale al sangue. Questa straordinaria capacità ha la sua massima efficienza subito dopo il parto ma declina in modo rapido ed irreversibile nelle ore successive alla nascita, fino ad arrestarsi completamente dopo il primo giorno di vita. Il trasferimento d’immunità passiva colostrale è massimo nelle prime 4 ore di vita, ancora accettabile fino alle 6 ore ma declina rapidamente dopo le 6 ore dalla nascita. Somministrare il colostro dopo le 6 ore di vita è tra i più importanti fattori di rischio di FPT.

  1. Modalità di somministrazione

L’importanza del metodo di somministrazione del colostro come fattore di rischio per l’FPT è da relazionarsi con il volume di colostro consumato dal vitello. I metodi maggiormente usati sono la somministrazione tramite sonda esofagea o biberon. Francamente, dal punto di vista scientifico, non esistono particolari differenze tra i due metodi, a patto che si assicuri l’assunzione di un volume di colostro sufficiente a trasferire nel vitello almeno 150 – 200 grammi di IgG. Lasciare che il vitello consumi il colostro direttamente dalla madre è invece un fattore di rischio importante; è particolarmente elevata la percentuale di vitelli che assume una quantità non adeguata di colostro, spesso oltre i tempi raccomandati e di qualità incerta.

  1. Igiene del colostro

Un aspetto spesso non tenuto in debita considerazione è quello inerente all’igiene del colostro. Un buon colostro deve avere una contaminazione batterica inferiore alle 100 UFC/ml (100 unità formanti colonia per millilitro). Valori più elevati sono un fattore di rischio di FPT, dal momento che la presenza di batteri incide negativamente sulla capacità di assorbimento delle IgG attraverso l’intestino. Le fonti di contaminazione sono numerose: direttamente da una mammella infetta o per contaminazione fecale, durante le operazioni di raccolta, preparazione e somministrazione oppure per proliferazione nel colostro qualora non venga utilizzato entro un’ora dalla mungitura. È importante ricordare che il congelamento non riduce la conta batterica nel colostro e qualora si abbia a disposizione del colostro igienicamente compromesso le uniche opzioni sono l’eliminazione o la pastorizzazione. La pastorizzazione è un sistema efficace per rendere igienicamente idoneo il colostro o per ridurre il rischio di trasmissione di microrganismi patogeni (Salmonella, Mycoplasma, M. paratuberculosis, E. coli ecc.). La gestione della temperatura e dei tempi è fondamentale per conservare intatte le immunoglobuline che altrimenti verrebbero denaturate e quindi non sarebbero più protettive: il sistema più idoneo è la pastorizzazione per 60 minuti ad una temperatura di non oltre 60°C.

 

Per riassumere, i principali fattori di rischio per il failure of passive transfer (FPT), il trasferimento insufficiente d’immunità passiva per mezzo del colostro, sono:

  • un volume di colostro inferiore a 4 litri nelle prime sei ore di vita più altri 2 litri entro le 12 ore.
  • Un colostro contenente meno di 50 g/L di immunoglubuline (< 22 gradi Brix).
  • Lasciare che il vitello assuma il colostro direttamente dalla madre.
  • Somministrare un colostro igienicamente compromesso con una conta batterica totale superiore a 100 UFC/ml.

La vitellaia è un settore dell’allevamento della bovina da latte su cui il legislatore si è espresso da tempo, fornendo delle indicazioni di legge specifiche e vincolanti per gli allevatori volte a controllare le condizioni sanitarie e di benessere. La stretta sull’uso degli antibiotici e la fortissima limitazione degli stessi a scopo di profilassi e metafilassi impongono una maggiore attenzione sull’aspetto di “prevenzione gestionale” delle patologie. Fortunatamente esistono delle buone pratiche di allevamento che, se messe in atto correttamente ed in modo disciplinato, permettono di ridurre al minimo indispensabile il ricorso ai farmaci ed implementare le performances. Per quanto riguarda l’allevamento dei vitelli, l’attuazione disciplinata di un protocollo corretto di colostratura è il primo importantissimo passo per ottenere vitelli sani e vigorosi.