La magia di Photoshop. Tempo fa una nota ditta mangimistica ha lanciato un programma alimentare rivoluzionario che avrebbe permesso alle vacche di arrivare, sane, fino alla settima lattazione. Per colpire l’audience, sulla copertina della rivista dominava un’innovativa Frisona lunga 7 metri, con 7 mammelle, 28 capezzoli e tanta buona volontà per superare l’ambiziosa soglia dei 1.000 quintali di latte in carriera.

Per usare termini moderni potremmo dire che oggi longevità e rimonta sono “trend topic“. Su riviste del settore, siti specializzati, blog, social network et similia se ne parla da tempo e ognuno porta la sua opinione, la sua lettura dei dati, la sua soluzione tecnica per migliorare la desolante media italiana che indica in 2,8 lattazioni la permanenza media delle vacche in stalla.

Da tempo immemore ci chiediamo quanto costi allevare la rimonta e se davvero ne valga la pena. La difficoltà della risposta è legata alla non facile ripartizione nel ramo d’azienda “rimonta” di costi alimentari, costi orari della manodopera, altri costi operativi come i farmaci o il gasolio per i mezzi che preparano la razione o puliscono le lettiere, e altri costi del capitale come l’ammortamento (o le rate del leasing) dei mezzi di cui sopra.

Il costo della rimonta è strettamente legato al tema della permanenza in stalla degli animali produttivi, altrimenti definita “longevità”, un gruppo di caratteristiche che è ormai d’obbligo tenere in considerazione nel momento della scelta dei riproduttori.

Proviamo a considerare i numeri.

Parliamo di allevamento della rimonta e prescindiamo, per questa breve dimostrazione, da tutti gli altri costi che non siano costi alimentari.

La premessa è che esistono realtà che pongono particolare attenzione nella raccolta dei dati e che riescono quindi a superare le difficoltà descritte più sopra relative alla ripartizione dei costi della rimonta. Analizziamo i loro dati ed usiamoli su una stalla di 300 vacche in mungitura.

La situazione che più frequentemente si verifica nei nostri allevamenti prevede una sostanziale parità tra il numero di animali giovani, dalla vitella alla manza prossima al parto, ed il numero di animali adulti.

Nel nostro esempio, 300 vacche e 300 manze.

Già giunti a questo punto verrebbe da chiedersi perché questo succeda. Se utilizziamo una quota di rimonta del 30% ci occorrono ogni anno 102 primipare. Il calcolo è semplice: 102 è il 30% di 340 vacche (cioè 300 più le asciutte). In una stalla con un buon management le primipare partoriscono a 24 mesi di vita; di conseguenza, nel nostro allevamento dovrebbero esserci idealmente 204 animali giovani.

Consideriamo un margine di sicurezza ed aggiungiamo un altro 10%, arrivando a 225 animali giovani in totale, contro i 300 della situazione più frequente.

Quanto incide l’allevamento di questi 75 animali in più? È presto detto. Consideriamo, così come viene fatto nel gruppo di aziende prima citato, i consumi alimentari dei diversi gruppi di vitelle e manze. Otteniamo un costo alimentare per capo per giorno che parte da 1,95 € per i primi due mesi di vita, cala a 1,53 € per i successivi quattro, poi aumenta gradualmente fino ai 2,00 € degli ultimi gruppi prima del parto. In 730 giorni, cioè 24 mesi, i nostri animali avranno mangiato, ognuno, per circa 1.384 €, che in fin dei conti sono quasi 1,90 € al giorno.

Fermiamo un secondo la macchina dei calcoli e poniamoci la prima domanda: visti questi costi abbiamo convenienza ad allevare manze in più per venderle gravide o partorite?

Ripartiamo. Nel nostro esempio la somma dei costi alimentari dei diversi gruppi arriva a 207.525 € (cioè 1.384 € x 300 animali / 2, perché, dicevamo, rimangono improduttivi 2 anni). Per ottenere l’incidenza sul litro di latte li dobbiamo rapportare alla produzione della nostra stalla. Prendiamo una produzione di latte media di 33 litri/capo/giorno, cioè 36.135 hl/anno. Dividiamo e otteniamo un’incidenza di 5,7 centesimi/litro per l’allevamento di tutta la rimonta.

Se invece allevassimo la rimonta necessaria al mantenimento della mandria, cioè 75 animali in meno nell’esempio in questione, saremmo a 4,3 centesimi/litro, cioè 1,4 centesimi in meno della situazione sopra descritta. Per la stalla che stiamo descrivendo sarebbero più di 50.000 € all’anno. Di soli costi alimentari.

Possiamo scavare ulteriormente e spingerci a livelli di quota di rimonta inferiori al 30%. In altre parole, se disponessimo di vacche che, grazie ad una selezione ad hoc e ad una gestione attenta, rimangono performanti oltre la terza lattazione, potremmo ulteriormente abbassare la nostra necessità di allevare rimonta. Se utilizzassimo per il nostro esempio un tasso di rimonta del 25% avremmo bisogno di 85 primipare ogni anno, il che comporterebbe l’allevamento di 186 capi giovani, secondo i calcoli già mostrati.

L’incidenza sul litro di latte scenderebbe addirittura a 3,5 centesimi: 2,2 in meno rispetto alla situazione di partenza, che in totale sono quasi 80.000 €.

In tutto ciò non abbiamo citato quegli allevamenti – e ce ne sono! – in cui il titolare sceglie di allevare ancora più rimonta rispetto alla nostra situazione di partenza. Non è raro, per dire, trovare aziende che con 300 vacche in mungitura allevano più di 350 animali giovani…

Capita a volte di pensare alla fatica di questo lavoro ed alla sua remunerazione: non ci sembra mai all’altezza. Il punto è che purtroppo non esistono bacchette magiche, tantomeno mangimi magici. Esistono però i numeri: guardiamoli bene.

Per citare una famosa pubblicità…”Scienza, non magia!”