Corpora non agunt nisi fixata è la frase che sintetizza il pensiero e l’intuizione di Paul Ehrlich che definisce, in modo chiaro e preciso, il concetto di “Recettore”, pietra miliare della farmacologia molecolare.

Il termine recettore si riferisce a macromolecole (proteine) in grado di “captare” un segnale chimico, trasdurlo e indurre una variazione cellulare, tissutale o di organo. In pratica, indica il bersaglio molecolare degli ormoni e dei farmaci,  con riferimento ad azioni “specifiche” degli stessi.

Le attività ormonali e/o farmacologiche “specifiche” presuppongono  alcuni requisiti fondamentali, che possono essere riassunti come segue:

  • Elevata specificità tra ormone e/o farmaco e recettore;
  • Selettività di legame;
  • Amplificazione del segnale ormonale;
  • Capacità di trasduzione del segnale biochimico;
  • Reversibilità del legame.

L’ormone riconosce un sito allosterico specifico del recettore, si stabilisce un legame chimico e si innesca la catena di eventi che porterà all’amplificazione del segnale, alla trasduzione dello stesso e, infine, alla risposta biologica.

La selettività del legame è determinata dalle caratteristiche del recettore e del farmaco, cioè dalla loro “geometria” molecolare, dalla particolare posizione dei rispettivi gruppi reattivi e dalla flessibilità configurazionale. Attualmente, esiste l’evidenza che alcune piccole molecole possono, a loro volta, attivare o inibire i recettori per gli ormoni glicoproteici (FSH, LH, TSH…), attraverso il legame su siti allosterici del recettore stesso (Nataraja et al., 2015).

L’interazione degli ormoni e/o dei farmaci con i recettori specifici presuppone un’azione di tipo reversibile. Infatti, i legami chimici che si possono formare in una frazione acquosa extra e intracellulare, tra sostanze che giungono a contatto, possono essere ad alta o bassa energia. Questi ultimi sono i più comuni e sono rappresentati da legami ionici con carica opposta, ponti idrogeno, forze di Van Der Waals e interazioni idrofobiche. Questi legami sono relativamente poco stabili e hanno in comune la caratteristica di richiedere un’energia di 20-200 volte inferiore rispetto a quella necessaria per rompere i legami covalenti (legami ad alta energia che tengono insieme gli atomi di una stessa molecola). Affinché il contatto tra un farmaco o un ormone e il suo recettore persista per il tempo necessario e sufficiente a generare l’effetto biologico, occorre che il numero dei legami a bassa energia sia relativamente elevato (Paoletti et al., 1996). Inoltre, il fatto che l’ormone e il recettore siano collegati tra loro da forze chimiche deboli, risulta determinante in quanto l’attività, nella maggior parte dei casi, ovvero in condizioni fisiologiche, è limitata nel tempo. L’interazione ormone-recettore è in questo caso reversibile e provoca scissione del legame. Quando, invece, il numero dei legami chimici deboli è estremamente elevato o si verificano variazioni strutturali a livello di recettori, l’energia presente nel sistema biologico può non essere sufficiente a provocare la reazione desiderata. In tal caso, il legame è più stabile e, spesso, si tratta di legami covalenti tra ormone e recettore. L’incapacità di scissione del complesso ligando-recettore provoca un’attivazione prolungata del sistema stesso che determina uno stato di patologia più o meno conclamata.

Per quanto concerne la trasduzione del segnale ci si riferisce, invece, alla capacità del recettore di “leggere” il messaggio ormonale e trasformarlo in effetto biologico.

Questa complessa e coordinata attività recettoriale riconosce e definisce a livello clinico una specifica situazione, responsabile dello stato fisiologico e/o patologico del soggetto. E’ noto infatti come numerose patologie endocrine siano determinate da alterazioni della funzione recettoriale, per cui gli elementi riceventi (recettori) diventano incapaci di “sintonizzarsi” correttamente sul segnale. Tali patologie sono caratterizzate da una resistenza periferica all’ormone e possono dipendere da alterazioni genetiche (selezione), dall’incapacità delle cellule di regolare la quantità e la sensibilità dei recettori (down, up-regulation e desensitizzazione), da anomalie dei meccanismi di trasduzione (presenza di proteine allosteriche in grado di alterare i meccanismi di trasduzione) o dalla presenza di anticorpi anti-recettori (Cella, 2004). E’, ad esempio, il caso dell’eccessivo e sconsiderato uso di GnRH che, quando somministrato in dosi massive e inappropriate, non induce alcun effetto, o addirittura provoca un effetto opposto e controproducente.

In tale ottica, risulta fondamentale eseguire, prima di qualsiasi trattamento ormonale, una visita clinica completa e accurata perché, come già osservato, a un determinato quadro clinico, corrisponde una particolare situazione recettoriale. Ad esempio, nella bovina, un follicolo preovulatorio “normale”, di dimensioni da 1.7 a 2.0 cm, con parete tesa e fluttuante, riconosce sulla parete follicolare un adeguato numero di recettori per l’LH, a livello di teca interna e di FSH, sulla granulosa. Su quest’ultima, al momento dell’ovulazione, vi sarà la comparsa di recettori per l’LH, che innesca il vero e proprio processo ovulatorio. E’ questo, peraltro, il momento opportuno per un trattamento terapeutico con GnRH o hCG teso a indurre o favorire l’ovulazione. In questa fase, i recettori sono in numero sufficiente e assolutamente “responsivi” allo stimolo ormonale. Al di fuori di questo particolare momento, il trattamento ormonale inteso ad indurre l’ovulazione potrebbe, nella migliore delle ipotesi, non funzionare o, se ripetuto nel tempo, determinare una vera e propria “patologia recettoriale”. In altri termini, i trattamenti di sincronizzazione e/o induzione dell’estro, con fecondazione artificiale a tempi prestabiliti, senza un’idonea visita clinica, sono, nella maggior parte dei casi, destinati a non funzionare, rappresentando solo un aggravio economico per l’allevatore. Le terapie ormonali e la fecondazione artificiale alla cieca, effettuate, come già osservato in precedenza, senza un esame clinico adeguato, comportano un’asincronia tra ovulazione e presenza di spermatozoi nella tuba, con conseguente ipofertilità della mandria.

In conclusione, la capacità delle cellule, dei tessuti e degli organi di rispondere a stimoli esterni, ormonali e/o farmacologici, non può e non deve prescindere da un’accurata e completa visita clinica, previa l’inefficacia e/o il danno indotto dai trattamenti farmacologici.

Bibliografia: 

Cella SG. Il segnale endocrino nella comunicazione cellulare. In: Paoletti R., Nicosia S., Clement F., Fumagalli G. “Biologia, farmacologia clinica del sistema endocrino”. Ed. UTET Torino, 2004.

Nataraja SG, Yu HN, Palmer SS Discovery and development of small molecule allosteric modulators of glycoprotein hormone receptors. Front. Endocrinol. 6: 142, 2015.

Testi consultati:

Paoletti R., Nicosia S., Clement F., Fumagalli G. Farmacologia generale e molecolare. Ed. UTET Torino, 2004.

Segre G. “Principi biologici e matematici” In: Genazzani E., Giotti A., Mantegazza P., Pepeu G., Periti P. Trattato di farmacologia e chemioterapia. Ed USES, Firenze, 1986.

Autori: 

Sciorsci R.L., Rizzo A. Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti d’Organo – Università degli Studi Degli Studi di Bari “Aldo Moro”

DOI: 10.17432/RMT.2015-2020