Le grandi firme del giornalismo e i più stimati intellettuali sono tutti convinti che ormai nel mondo occidentale prevalga il “carpe diem”, ossia il vivere giorno per giorno cercando la massima soddisfazione personale possibile. Chi scrive però appartiene, volente o nolente, alla generazione che ama utopie e sogni e pensa che un mondo migliore sia sempre possibile. Basta volerlo. Alla generazione del bicchiere mezzo pieno e a quella del “prima si stava peggio, non meglio”. Noi abbiamo visto via via affermarsi le conquiste della scienza, in campo medico e tecnologico. Due su tutte, l’evoluzione della telefonia mobile e internet.
Oggi, rispetto a prima, è per l’umanità più facile comunicare, esprimere le proprie opinioni ed essere meno “ammaestrabili”, sempre che si alleni la memoria e si studi la storia di ogni cosa. Perché non ci stancheremo mai di ripetere che “chi non ha memoria non ha futuro”. Quanto diano fastidio internet e i social media lo vediamo dal fatto che è la prima cosa che i regimi dittatoriali più o meno palesi limitano e controllano.
Ma cosa centrano questi discorsi con la nostra filiera del latte?
C’entrano eccome. In questi ultimi pochissimi anni abbiamo visto nascere aggregazioni di allevatori, professionisti, consumatori e quant’altro su social come Facebook, Twitter o addirittura su Whatsapp. Gruppi che si scambiano opinioni e informazioni con velocità fulminea. Gruppi sempre meno controllabili dai partiti, dalle opinioni pre-confezionate, dalla pubblicità e dalle forme classiche d’aggregazione. Assistemmo già a questo fenomeno quando nel 1976 la Corte Costituzionale autorizzò i privati a trasmettere via etere e nacquero le radio libere. Esemplificative le parole della canzone del 1975 di Eugenio Finardi “La radio” in cui in un passaggio dice “Amo la radio perché arriva dalla gente / entra nelle case e ci parla direttamente se una radio è libera, ma libera veramente / piace ancor di più perché libera la mente”.
La nostra zootecnia non vede un futuro ed è sfiduciata che le cose possano cambiare perché soffocata da un’industria lattiero-casearia miope, una GDO sempre più avida e una politica e rappresentanza sindacale che prioritariamente pensano a come continuare a godere dei privilegi che pazientemente negli anni si sono costruiti e che hanno un calcolato interesse a diffondere informazioni negative.
Le nuove forme di comunicazione digitale stanno invece avvicinando sempre più i consumatori che cercano genuinità e tradizione agli allevatori che possono dare loro tutto ciò. Gli allevatori e i professionisti sapranno rassicurare i cittadini e mostrargli che dietro la produzione del latte e della carne dei ruminanti non c’è sofferenza e devastazione dell’ambiente. Tutto questo avverrà parallelamente, e non in concorrenza, agli estenuanti talk-show televisivi e ai vuoti proclami dell’imbonitore di turno in cerca di voti e tessere.
Pochi parlano dell’esponenziale crescita dei caseifici e delle macellerie aziendali, della vendita on-line o porta a porta e del sistema di certificazione “ci metto la faccia”. Pochi parlano delle iniziative promosse direttamente dagli allevatori per andare a parlare con le famiglie e con i medici di come vengono realmente allevati gli animali.
Noi di Ruminantia siamo molto ottimisti sull’anno che è appena iniziato e siamo convinti che nonostante il proverbio dica il contrario “ si andrà in paradiso a dispetto dei santi”.
La Community di Ruminantia fatta di lettori, sponsor (o meglio sostenitori), autori, del suo staff e dei tanti amici, continuerà a promuovere, in continuità con gli anni precedenti, informazioni e incontri sul territorio al fine di studiare iniziative nuove per creare una nuova alleanza con i consumatori.
Il progetto “La Stalla Ideale” ne è l’applicazione più pratica e concreta, ma non sarà la sola.
Buon 2017 a tutti!
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