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17 Febbraio 2025

Nonostante le molte avversità climatiche che hanno colpito la nostra penisola con modalità completamente diverse da una località all’altra, aumentando il rischio di stress da caldo delle bovine e mettendo a dura prova le coltivazioni ad esse dedicate, il 2024 è stato un buon anno dal punto di vista produttivo e dal punto di vista del prezzo del latte alla stalla.

In Italia il prezzo medio del latte alla stalla si è assestato nel 2024 a 51.23 euro/q.le, in calo di 0.62 euro/q.le rispetto al 2023. In Europa il prezzo medio del latte alla stalla è stato nel 2024 di 48.24 euro/q.le, in crescita 1.28 euro rispetto all’anno precedente.

Lo storico ampio differenziale di prezzo tra l’Italia e la media europea si è pertanto anche quest’anno ridotto, arrivando a + 2.99 euro.

Non abbiamo ancora i dati definitivi dal Milk Market Observatory della Commissione europea, ma nei primi 10 mesi del 2024 la produzione di latte bovino europea sembrerebbe essere cresciuta dello 0.6% e quella italiana dell’1.4%.

Per fare un’analisi “tecnica” dei dati faremo riferimento a quelli della Frisona italiana degli allevamenti soci di ANAFIBJ i cui dati vengono raccolti nel corso dei controlli funzionali dell’AIA.

Al 30 giugno 2024, dalla BDN risulta che in Italia ci sono 23.300 allevamenti di bovine da latte in cui vengono allevati 2.604.578 capi. Gli allevamenti di Frisona soci ANAFIBJ sono 8.903 (dati 2023) e ospitano 1.136.874 capi, per cui sono estremamente rappresentativi per questa razza che poi è quella più allevata in Italia.

Negli ultimi cinque anni la produzione media pro-capite è cresciuta di 1.68 kg, ossia del 5.17%, e questo è un buon risultato.

E’ però difficile suddividere percentualmente il merito di tutto ciò. E’ l’effetto del calo dei giorni medi di lattazione? Il miglioramento genetico? L’evoluzione del management? L’alimentazione? Una migliore sanità degli animali? Sono tutti fattori che hanno sicuramente concorso.

Come evidenziato nella figura 1, nel 2024 la media produttiva è salita di ben 490 grammi a causa anche di un’evidente riduzione dei giorni medi di lattazione (- 12.03 giorni).

Figura 1: produzione media pro-capite degli ultimi cinque anni della frisona italiana e andamento dei giorni medi di lattazione. Fonte ANAFIBJ.

Tuttavia, ci sono aspetti ambientali e gestionali che se migliorati avrebbero potuto contribuire a dare effetti più eclatanti.

Uno degli aspetti più importanti da ricordare è che, a parità di giorni medi di lattazione e spesso di temperatura ambientale, esiste una differenza produttiva tra la primavera e l’autunno piuttosto importante.

Questa disfunzione è plurifattoriale, al punto da poterla definire sindrome della bassa produzione (di latte) in autunno. Nella figura 2 si vede chiaramente che, a parità di giorni di lattazione, si ha la massima produzione nei mesi primaverili e la minima in autunno.

Figura 2: Produzione media procapite mensile della frisona italiana e andamento dei giorni medi di lattazione. Fonte ANAFIBJ

Figura 3: Andamento del prezzo del latte spot in Italia

L’andamento del prezzo del latte spot ricalca perfettamente l’andamento stagionale della produzione procapite delle bovine da latte. Questo permette agli allevatori di apportare i giusti correttivi nell’organizzazione aziendale per prevenire l’“effetto commodity” che il latte ancora ha purtroppo.

Visto l’intensificarsi degli investimenti nella prevenzione dello stress da caldo negli allevamenti delle bovine da latte, e l’acquisita consapevolezza che dare più spazio a questi animali è un sicuro investimento per migliorare la produzione e la longevità funzionale, abbiamo voluto verificare, con i dati che ci ha fornito ANAFIBJ, se c’è una maggiore stabilità delle performance produttive.

Figura 4: Produzione di latte nelle 24 ore nel mese di aprile ed ottobre (stessi giorni di lattazione) e differenza produttiva tra i due mesi per vacche primipare di razza frisona negli ultimi 5 anni. Fonte ANAFIBJ.

Figura 5: Produzione di latte nelle 24 ore nel mese di aprile ed ottobre (stessi giorni di lattazione) e differenza produttiva tra i due mesi per vacche pluripare di razza frisona negli ultimi 5 anni. Fonte ANAFIBJ.

La differenza produttiva calcolata nei mesi primaverili e autunnali con gli stessi giorni di lattazione, nonostante i massicci investimenti fatti dagli allevatori, sembrava crescere dal 2020 al 2023. Un segnale, seppur lieve, di miglioramento si è avuto invece nel 2024 e questo sicuramente concorre a spiegare l’incremento produttivo del 2024 rispetto all’anno precedente.

Conclusioni

Seguire le performance produttive, riproduttive, sanitarie ed economiche individuali e collettive del proprio allevamento, o di quelli dei clienti, è di grande importanza ed è oggi diventata una pratica comune che quasi tutti adottano.

Quello che è ancora imperfetto, ed ha ampi margini di miglioramento, è la possibilità di fare benchmark, ossia la possibilità di confrontare le proprie prestazioni con quelle di altri simili per ubicazione geografica, razze allevate, dimensioni e indirizzo produttivo.

Questo è l’unico modo per verificare oggettivamente l’andamento dell’azienda e a quale percentile o rank si appartiene. Ci auguriamo che le organizzazioni pubbliche diano al benchmark zootecnico la priorità, poichè esso riveste un interesse strategico di grande importanza.

Autori

Alessandro Fantini1, Gloria Manighetti2, Maurizio Marusi2

1- Ruminantia
2- ANAFIBJ

About the Author: Alessandro Fantini

Dairy Production Medicine Specialist Fantini Professional Advice srl Email: dottalessandrofantini@gmail.com

Da leggere - Febbraio 2025

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