Il mondo della zootecnia da latte ha avuto nel corso degli ultimi anni un’accelerazione formidabile. Cito solo alcuni elementi al riguardo:
- Il settore ha dovuto subire la volatilità dei mercati del latte e, nell’ultimo anno, delle materie prime. La globalizzazione, l’abbiamo vista in faccia.
- Un buon numero di aziende ha effettuato e sta effettuando investimenti importanti. Molte aziende hanno mandrie numericamente rilevanti.
- I gusti ed i desideri dei consumatori stanno decisamente cambiando. Il latte non sempre viene percepito come un prodotto alimentare di base. In aggiunta, anche il modo di produrre ed allevare deve rispondere agli orientamenti dei consumatori.
- Le tecnologie e l’informatica stanno irrompendo sul mercato con soluzioni innovative.
- Le attività agricole sono, nei volumi e nelle logiche, delle reali imprese in cui la marginalità è decisiva per la sopravvivenza.
- L’abbinamento con impianti di produzione di energia è presente in diverse realtà. Ciò amplia il perimetro degli interessi dell’azienda ed il business che da essa origina.
L’elenco potrebbe proseguire con altri argomenti di grande impatto.
Un buon numero di aziende, la maggior parte direi, si trova tuttavia in una condizione di stallo rispetto alle decisioni circa il futuro e la scelta della migliore strategia per affrontarlo. Le domande al riguardo si affollano numerose.
Aumento le vacche? Costruisco o sistemo la stalla per le vacche? Per le asciutte? Per le manze? La vitellaia? I robot? Investo nel biogas? Cambio i piani di semina? Gli obiettivi di selezione? Il sistema alimentare? Compro della terra che aspetto da una vita?
E se il prezzo del latte scende? E se le materie prime restano al livello attuale? E se non sarò in grado di trovare mungitori adatti? Il carrista? Troppo personale? Troppo poco? Quale l’organizzazione più efficiente?
Mi limito a riportare alcune delle domande alle quali spesso assisto. Ce n’è a sufficienza per farsi venire il mal di testa e per avere un buon livello di confusione davanti a sé.
Dato che siamo in una logica di impresa, e che un’impresa, per definizione, investe perché ha un’idea del futuro e di come la propria attività sarà presente nel futuro, ognuna di queste domande ed altre ancora devono essere valutate e devono avere un’adeguata risposta.
Ogni azienda deve compiere lo sforzo di avere, se possibile per iscritto, un Piano Strategico Aziendale. Si tratta di definire, valutati e misurati i rischi e le variabili, la traiettoria che si intende seguire. Si tratta di definire diversi scenari nei quali l’azienda potrebbe trovarsi e di simulare, per iscritto, costi e ricavi di ognuno di essi. Si tratta di una sorta di documento fondante che giustifica le scelte che si vanno ad intraprendere. Fossero anche scelte che definiscono come più plausibile uno scenario conservativo rispetto alla realtà attuale.
Purtroppo, con grande frequenza, a ben guardare, gli investimenti vengono fatti per rispondere ad un desiderio profondo del titolare. In fondo la decisione è mossa dal desiderio e l’analisi serve solo a giustificare, confermandola, la scelta fatta. Se succede che questo desiderio non è passato seriamente al vaglio dei numeri e non ha subito il test delle possibili evoluzioni di mercato, è possibile che abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo. Solo quello tuttavia. E può essere un problema avere il cuore in un posto ed il resto presso uno sportello bancario che si aspetta il pagamento della rata del mutuo.
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