Per molti anni la zootecnia ha avuto come unico obiettivo l’aumento quantitativo delle produzioni di latte, carne, uova e pesce. Successivamente l’attenzione si è spostata sugli aspetti qualitativi delle produzioni animali. In selezione per la bovina da latte si è lavorato sul carattere proteina del latte.
Il tutto era volto a soddisfare esigenze molto alte in termini di quantità e qualità delle produzioni per una popolazione crescente in termini numerici e che usciva da una situazione di povertà estrema.
Oggi, grazie anche ad un miglioramento generale della qualità della vita, l’attenzione del consumatore si sta orientando verso nuovi aspetti legati al cibo, in particolare:
- sicurezza alimentare
- sostenibilità ambientale
Per quanto concerne la normativa ambientale legata agli allevamenti zootecnici, questa è divenuta sempre più stringente in particolare con l’applicazione della Direttiva Nitrati che individua in estrema sintesi una serie di aree vulnerabili e non ai nitrati e detta i limiti massimi di apporto di azoto in tali aree.
Nell’ottica di una riduzione dell’impatto ambientale dell’allevamento della bovina da latte, e in particolare dell’escrezione di azoto, una delle possibili strategie gestionali da adottare risulta essere la diminuzione del tenore proteico delle razioni.
Le vacche da latte utilizzano la proteina somministrata con molta più efficienza rispetto agli altri ruminanti, ma l’escrezione dell’azoto assunto risulta essere 2-3 volte maggiore nelle deiezioni rispetto al contenuto del latte (Broderick, 2005).
Ulteriori apporti di PG in eccesso rispetto al reale fabbisogno non vengono utilizzati per la sintesi del latte e non vengono assorbiti dall’organismo ma risultano persi attraverso le escrezioni di urine e feci. Diverse ricerche evidenziano come i parametri maggiormente correlati con le escrezioni di N sono il tenore proteico delle razioni alimentari e la quantità di alimento ingerito.
A parità di altri fattori, l’efficienza di utilizzazione dell’azoto alimentare nella sintesi della proteina del latte aumenta al diminuire del tenore proteico della dieta (Børsting et al., 2003; Crovetto et al., 2009). La riduzione del tenore proteico della dieta di bovine in lattazione, pur somministrando un’adeguata quota di proteina by-pass, consente di ridurre l’escrezione di N urinario senza avere effetti negativi sulla produzione e sul tenore proteico del latte (Kröber et al., 2000; Castillo et al., 2001; Noftsger e St-Pierre, 2003).
Le razioni di seguito proposte sono tarate per una mandria con gruppo unico a 180 giorni di lattazione con una produzione media di 29 Kg di latte (media della Frisona Italiana) ed in condizioni di neutralità termica.
Lo scopo è quello di trovare possibili soluzioni pratiche per ridurre l’escrezione di azoto in ambiente e parallelamente ridurre il costo alimentare.
Il tutto, però, garantendo comunque il rispetto dei fabbisogni occorrenti alla produzione della medesima quantità di latte. Si è utilizzato il modello CNCPS del software NDS per effettuare le simulazioni.
Di seguito sono riportate tre razioni:
- Razione base, costruita secondo una logica di un razionamento standard
- Razione 1, si è lavorato a ridurre l’apporto proteico della razione agendo sull’introduzione di alimenti energetici non apportatori di amido
- Razione 2, partendo dalla razione 1 si sono sostituiti dei foraggi con altri più digeribili
È possibile notare che:
- Utilizzando la Razione 1 c’è una riduzione giornaliera di escrezione di N di 22,92 g rispetto alla razione base. Nell’anno vengono escreti 8,37 Kg di N in meno;
- Utilizzando la Razione 2 c’è una riduzione giornaliera di escrezione di N di 27,27 g rispetto alla razione base. Nell’anno vengono escreti 9,95 Kg di N in meno.
Volendo rapportare questi numeri alla normativa nitrati in zona vulnerabile, dove l’apporto di N può essere massimo di 170 Kg/Ha/anno abbiamo
- Razione base 170 Kg/Ha/anno : 142 Kg/capo/anno = 1,20 capi/Ha
- Razione 1 170 Kg/Ha/anno : 133 Kg/capo/anno = 1,28 capi/Ha
- Razione 2 170 Kg/Ha/anno : 132 Kg/capo/anno = 1,29 capi/Ha
Questo semplice calcolo non prende in considerazione quelle che sono le varie perdite di azoto, ma, essendo le stesse per tutte e tre le situazioni, il confronto risulta corretto.
Da notare anche il parametro di feci prodotte giornalmente che risultano diminuire, a parità di sostanza secca ingerita, nelle due diete ipoproteiche.
L’utilizzo di diete ipoproteiche ha anche un vantaggio economico per l’allevatore perché la voce “proteina” è la più costosa in una razione.
Quanto detto sinora ha lo scopo di evidenziare il fatto che oggi i tecnici hanno a disposizione lavori scientifici e strumenti (software) in grado di far collimare le esigenze dell’allevatore, volte ad un risparmio economico nel razionamento, e le richieste del consumatore, volte alla sostenibilità ambientale.
DOI | 10.17432/RMT.2050-2071 |
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