Per noi addetti ai lavori la risposta sarebbe un sì secco, senza se e senza ma. Ma così non è perché i consumi stanno crollando e sarebbe troppo facile attribuire ciò alla minore capacità di spesa delle famiglie, considerando che un litro di latte al pubblico non costa molto di più, anzi a volte molto meno, di un caffè. E’ ormai chiaro che la prima ragione di questa inedita situazione del crollo dei consumi è principalmente dovuta ad aspetti etici e salutistici che approfondiremo nella (di prossima pubblicazione) nuova rubrica di Ruminantia® “Etica & Salute del consumare latte e carne”.
Stanchi di essere assuefatti all’inutile sbraitare e indignazione di politici e compari che arringano le folle da piazze e platee e stufi anche della meritocrazia di chi in pratica nulla fa per cambiare le cose ma è sempre lì, noi di Ruminantia® proviamo a fare una proposta pratica e concreta ai nostri tanti lettori e ai nostri sponsor che condividono con noi il progetto Ruminantia®. Cerchiamo cioè di essere coerenti con il nuovo payoff che abbiamo abbinato al nostro logo; “Libero confronto d’idee”.
Abbiamo “sballottato” in questi anni (secoli) i nostri amati ruminanti tra pascoli, alpeggi, stalle legate, cuccette e lettiere permanenti nella buona fede di volere farli star bene se non altro perché producessero di più, non avendo mai avuto il coraggio di confessare apertamente che noi agli animali vogliamo bene a prescindere. E’ ora però urgente tirare una riga, sintetizzare l’enorme quantità di conoscenze che l’esperienza e la scienza ci ha messo a disposizione, per dare una risposta concreta all’ineludibile necessità di soluzioni per evitare la chiusura delle stalle e persone sempre più malnutrite da diete irrazionali e pericolose.
La risposta alla domanda contenuta nel titolo di questo editoriale è sì. Per noi di Ruminantia è quella di concezione israeliana, ossia a compost barn, ma andando oltre 20 metri quadrati a vacca compresa la corsia di alimentazione necessariamente, almeno per ora, in cemento non sdrucciolevole. L’ampia area di riposo costituita solo ed esclusivamente da liquami secchi, separato o digestato del biogas arieggiata una o più volte al giorno con un erpice a denti. Senza aggiunte di paglia, materiali organici e polveri magiche. Per rispettare l’ambiente e evitare unitili spese non è necessario “cementare” l’area di riposo perché in nessun modo ci può essere un percolamento in falda di liquami, considerando che una bovina, se defecasse e urinasse solo sulla lettiera, spargerebbe 70 kg di liquami su una superfice di 20 m2 mescolata uno due volte al giorno da un erpice. Per la pulizia della stretta corsia di alimentazione (< metri 3.5) si utilizza acqua riciclata proveniente dal separatore o dalla sala di mungitura. Tetti molto alti per ridurre al minimo l’uso dei ventilatori, impianto a pioggia di raffrescamento (sempre in corsia di alimentazione) e orientamento della stalla est-ovest. Tetti da realizzare con materiali trasparenti per garantire comunque quel grado di luminosità che le vacche gradiscono. Nessun uso di auto-catturanti da riservarsi in apposite aree all’uscita della sala di mungitura o dei robot. Gli ampi tetti, incentivi o no, possono ospitare un impianto fotovoltaico così potente da rendere energeticamente in bilancio elettrico positivo l’intero insediamento. Una stalla così ha bisogno di vasche di stoccaggio, non già di liquami umidi provenienti dalle corsie di alimentazione ma del separato da riportare frequentemente sulle lettiere. Con una attenta ma non complessa gestione dell’acqua riciclata da una stalla così non uscirebbe neanche una goccia di acque “nere” da smaltire. La “stalla ideale” può, se ciò rassicura ulteriormente i consumatori, avere varchi d’accesso all’esterno su paddock.
Dalla tanta bibliografia raccolta e dalle esperienze fatte una stalla così concepita ridurrebbe drasticamente le lesioni traumatiche delle bovine, le dermatiti digitali, molte mastiti specialmente da batteri anerobi, e faciliterebbe parecchio il comportamento estrale con evidente riduzione dell’uso di ormoni. Vacche così ospitate farebbero più latte e sarebbero anche più longeve. Le vacche purtroppo intervistate non parlano ma siamo convinti che in stalle così sarebbero felici di viverci. I consumatori e i medici, o meglio le persone, invece, li potremmo intervistare per chiedere loro se questo ambiente li solleva dalle precauzioni morali legate al giusto e condivisibile rispetto per gli animali e per l’ambiente.
Particolare non trascurabile è che realizzazioni di questo tipo hanno costi nettamente inferiori alle stalle tradizionali che ancora oggi si costruiscono. Certo che il latte prodotto da questi “paradisi” deve avere un prezzo superiore perché corredabile da una certificazione di “ultra-benessere”, elevata sostenibilità (emissione di gas serra e liquidi inquinanti) e di probabile bilancio energetico positivo. Ruminantia® è solo una rivista per cui a realizzare la stalla dove vacche e persone siano felici ci deve pensare l’industria e il terziario specializzato ma nella community di Ruminantia c’è sicuramente il know how necessario.
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