Sono state pubblicate in Gazzetta Ufficiale del 19.11.2013 le “Linee Guida per l’adozione dei piani di controllo e per l’assegnazione della qualifica sanitaria degli allevamenti nei confronti della Paratubercolosi Bovina”. Tale provvedimento si è reso necessario per rendere possibile la certificazione dei prodotti a base di latte, destinati all’esportazione in alcuni paesi terzi (Cina, Russia) che richiedono l’assenza di casi clinici da almeno 12 mesi, negli allevamenti produttori di latte utilizzato come materia prima. A tale scopo le linee guida introducono l’obbligo di segnalazione all’ASL, da parte di allevatori, veterinari pubblici e liberi professionisti, dei sospetti clinici (casi di diarrea cronica associata a cachessia in bovini di età superiore a 24 mesi), che devono essere confermati tramite un test PCR dalle feci.
A seguito della macellazione del caso clinico, il Servizio Veterinario dell’ASL competente eseguirà un controllo sierologico su tutti gli animali superiori a 36 mesi presenti in allevamento, con costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale. L’esito relativo verrà comunicato all’allevatore che potrà quindi decidere se adottare un piano di controllo volontario per ridurre progressivamente la prevalenza di infezione. Tale obiettivo si raggiunge attraverso l’applicazione di rigorose misure di biosicurezza e di attenta gestione degli animali positivi, volte a ridurre il rischio di infezione attraverso la principale modalità di trasmissione, la via fecale-orale. E’ da sottolineare che gli animali si infettano generalmente nei primi mesi di vita, mentre divengono praticamente resistenti all’infezione intorno all’anno di età, per cui particolarmente stringenti dovranno essere le misure a protezione dei vitelli (parto separato delle bovine positive e negative, igiene della sala parto, separazione immediata del vitello, utilizzo di colostro di vacche negative, pastorizzazione del latte di scarto se utilizzato per l’alimentazione dei vitelli).
L’adozione del sistema di qualifiche sanitarie degli allevamenti, introdotto dal nuovo provvedimento, mira a definire il livello di rischio delle relative produzioni e in particolare degli animali da rimonta. E’ noto infatti che il principale fattore di introduzione dell’infezione è l’acquisto di animali da allevamenti infetti; tale rischio non è controllabile mediante i classici test in compravendita, a cui gli animali risultano generalmente negativi, dato il lungo periodo di incubazione della malattia, variabile da 2 a 15 anni. La conoscenza dello stato sanitario dell’allevamento di provenienza degli animali acquistati è quindi l’unica garanzia, anche se non assoluta, in grado di ridurre il rischio di introduzione dell’infezione.
A tale scopo gli allevamenti negativi potranno decidere di aderire al piano di certificazione, acquisendo, tramite test annuali, livelli crescenti di garanzia sanitaria, con conseguente qualificazione delle proprie produzioni.
L’adozione di piani di controllo (nel caso di allevamenti infetti) o di certificazione (nel caso di allevamenti negativi) è del tutto volontaria. Dato che il ruolo zoonotico dell’agente causale, Mycobacterium avium subsp. paratuberculosis (Map), non è stato ancora definitivamente chiarito, le motivazioni per l’adozione di un piano di intervento sono oggi essenzialmente di tipo economico-commerciale. Ricordiamo che la paratubercolosi è causa, sia nei casi clinici che nei casi subclinici, di riduzione della produzione di latte, di riforma anticipata dei capi infetti e diminuzione di valore dell’animale al macello, con perdite variabili da 300 a 500 euro per ogni caso subclinico e da 1200 a 2000 euro per ogni caso clinico.
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