La nutrizione è l’aspetto che maggiormente condiziona le performance tecniche ed economiche degli allevamenti di animali allevati per produrre cibo. Esistono consulenti indipendenti o appartenenti all’industria di trasformazione del latte e della carne, ad associazioni o alle aziende che forniscono alimenti zootecnici.
Affinché un piano alimentare sia efficace ed economicamente accettabile deve essere preciso al punto che questo concetto, apparentemente banale, è diventato il metodo di lavoro chiamato “Precision Feeding”.
Il modello maggiormente utilizzato per formulare le diete delle bovine da latte è lo statunitense Cornell Net Carbohydrate and Protein System (CNCPS) reso utilizzabile in campo da una serie di software operativi. Questo modello, definito dinamico, per essere preciso e consentire di soddisfare con precisione i fabbisogni nutritivi delle varie categorie di animali presenti in allevamento, ha però bisogno di analisi accurate degli alimenti che vengono utilizzati per nutrire gli animali.
Comunque, l’esperienza empirica dell’alimentarista o del nutrizionista nel valutare soggettivamente gli alimenti zootecnici ha un suo importante e imprescindibile valore. La frequenza con la quale effettuare le analisi degli alimenti non è mai stata standardizzata ma è lasciata alla sensibilità del nutrizionista.
Ruminantia più volte nei suoi articoli originali ha utilizzato le informazioni provenienti dal National Animal Health and Monitoring System (NAHMS) dell’USDA che periodicamente “fotografa” un campione statisticamente molto significativo di allevamenti statunitensi per capire quali sono le pratiche maggiormente diffuse.
Per realizzare il report Dairy Cattle Management Practice in the USA del 2014 (Dairy 2014) sono stati analizzati i dati raccolti in 17 Stati che rappresentano il 76.7% degli allevamenti USA dove vengono allevate l’80.3% delle bovine da latte statunitensi.
Questo report periodico è un prezioso strumento di confronto anche internazionale. Relativamente all’argomento in questione, dal Dairy 2014 si evidenzia che, negli USA, del bilanciamento delle razioni delle bovine da latte se ne occupano maggiormente i nutrizionisti delle industrie degli alimenti zootecnici (42%), il proprietario, o chi per lui, dell’allevamento (29.6%) o i nutrizionisti indipendenti (24.5%).
Per la manutenzione delle razioni il 73.8% degli allevamenti utilizza le analisi dei foraggi, e questa percentuale sale al 93.5% per le aziende medie (100-499 capi) ed è dell’87.8% per quelle grandi ( > 500 capi).
Il test dell’azoto ureico nel latte di massa viene utilizzato di routine dal 48.2% degli allevamenti e solo se ci sono problemi dal 15.9%. Il Dairy 2014 riporta anche il tipo e la frequenza degli esami utilizzati dagli allevamenti USA per accertate lo stato di salute della mandria, ma questo aspetto non è oggetto del presente articolo.
Le analisi degli alimenti zootecnici, e dei foraggi in particolare, vengono effettuate o presso laboratori pubblici come quelli degli IZS oppure presso laboratori privati, gruppo al quale appartengono anche quelli delle ARA, delle feed company e delle aziende sementiere.
Le metodiche NIRS e XRF hanno permesso di aumentare il numero dei nutrienti analizzabili e ridotto sensibilmente i costi analitici, e questo ha sicuramente incrementato il numero di analisi che in Italia vengono effettuate.
Accanto alla motivazione tecnica di analizzare i foraggi, ma anche alcuni concentrati dotati di intrinseca variabilità come quasi tutti i sottoprodotti, ci sono a volte motivazioni commerciali. Queste ultime spesso hanno l’obiettivo di dimostrare all’allevatore che non deve utilizzare per la successiva campagna il mais da trinciato o un miscuglio della concorrenza oppure, se si analizzano gli unifeed, per dire che la razione fatta da un concorrente è “sbagliata”.
È ormai relegato ad un lontano passato l’analizzare i mangimi della concorrenza per “informare” l’allevatore che la percentuale di nutrienti indicati sul cartellino non era corretta. Con l’attuale chiarezza legislativa e i reati penali legati al non “rispetto” dei tenori analitici indicati sul cartellino è veramente difficile trovare una non conformità.
Questi fenomeni, diversi dalla motivazione della precision feeding, sono sempre esistiti ma ultimamente risentono dell’aggravante che alcune analisi di foraggi e unifeed non sono plausibili. Le ragioni sono difficili da comprendere ma è urgente farlo perché, in un contesto d’incertezza, nessun nutrizionista ragionevolmente si prende la responsabilità di bilanciare un piano alimentare senza essere certo di un referto analitico.
La prima variabile è quella del campionamento. Sia i foraggi che l’unifeed sono una massa poco omogenea, per cui sbagliare il campione è molto facile e di ciò se ne deve essere consapevoli.
Il secondo aspetto, che mi auguro rientri nella casistica eccezionale, è che si possano manipolare i campioni dell’unifeed per dimostrare all’allevatore la non affidabilità di chi manutiene la razione.
L’unico antidoto a questo problema è, a mio avviso, quello della plausibilità del referto analitico applicato sia dal laboratorio che dal nutrizionista.
I laboratori d’analisi che hanno una comprovata esperienza in zootecnia conoscono perfettamente il range entro il quale oscillano le analisi di un alimento zootecnico o di un unifeed, ad esempio, per bovine in lattazione.
Chi del laboratorio referta l’analisi e riscontra un’evidente anomalia dovrebbe informare il cliente contestualmente alla consegna del certificato analitico. Per correttezza professionale lo dovrebbe fare anche il nutrizionista.
Gravi imperizie del nutrizionista, oppure problemi importanti nel confezionamento dell’unifeed, possono anche spiegare referti analitici anomali, ma credo che ciò si possa includere nei casi eccezionali poco frequenti.
Mi è recentemente capitato di vedere recapitare ad un allevatore un controllo qualità di un unifeed per bovine “stanche” in lattazione che riportava il 19% di proteina grezza sulla sostanza secca oppure, da un altro allevatore, di vedere numerose analisi fatte contemporaneamente da diversi operatori di una trincea di insilato di mais molto omogeneo, trinciato con una macchina dotata di concrecher, dare risultati completamente differenti, alcuni dei quali assolutamente non plausibili.
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