L’ecografia è una tipologia di indagine diagnostica sempre più diffusa in ambito buiatrico. È una pratica consolidata in alcuni rami specialistici, come la ginecologia, dove l’ecografo è uno strumento che accompagna la maggior parte dei buiatri che si interessano di riproduzione durante le loro attività giornaliere. Nella clinica il suo utilizzo è sicuramente meno diffuso ma rappresenta comunque un validissimo ausilio in alcuni ambiti come, ad esempio, la patologia addominale e lo screening delle patologie respiratorie nel vitello, le patologie dei prestomaci dei bovini adulti, la salute della mammella ecc.
L’ecografia è una tecnica di indagine operatore-dipendente. Questo significa che l’attendibilità diagnostica deriva in larga misura dall’interpretazione delle immagini ecografiche, da parte dell’operatore, in base alla sua esperienza e capacità. La conoscenza dei meccanismi di funzionamento dell’ecografia rappresenta una solida base su cui costruire la propria attività di ecografista ed è opportuno che il principiante dedichi un buon numero di ore della propria formazione allo studio e alla conoscenza teorica. Fare proprie le nozioni di base crea un terreno fertile su cui l’attività pratica e le ore di esperienza permettono lo sviluppo di un’ottima efficacia professionale. L’obiettivo di questo articolo è quello di fornire una prima dotazione dei principi teorici di base dell’ecografia in modo tale da poter offrire al lettore un minimo di bagaglio di conoscenze per affrontare con maggiore sicurezza il processo di apprendimento.
Ecografia è una parola composta dal termine “Eco”, che indica un fenomeno acustico per il quale un suono, riflesso da un ostacolo, ritorna ad essere udito nel punto in cui è stato emesso, e il termine “Grafia”, che significa scrittura. La parola ecografia significa letteralmente “scrittura degli echi” cioè la trascrizione grafica su uno schermo, attraverso un’immagine bidimensionale, di quella che è l’interazione tra i suoni e le strutture profonde dell’organismo. L’ecografia si serve di un particolare tipo di suoni che sono gli ultrasuoni, non udibili dall’orecchio umano e caratterizzati da una frequenza particolarmente elevata.
La storia dell’ecografia inizia nel 1880 quando i fratelli Curie scoprirono l’effetto piezoelettrico del quarzo. Essi notarono che, applicando una sollecitazione meccanica ad una lamina di quarzo, sulla superficie delle lamine stesse si formava una piccola carica elettrica. Questo fenomeno venne chiamato effetto piezoelettrico diretto. Ben presto si accorsero che l’effetto avveniva anche in senso contrario: applicando un impulso elettrico alla stessa lamina di quarzo, questa reagiva attraverso una modificazione di forma e iniziava a vibrare producendo ultrasuoni. Questo meccanismo prende il nome di effetto piezoelettrico inverso.
Il fenomeno della piezoelettricità è alla base del funzionamento della sonda ecografica che tecnicamente si comporta come un trasduttore. In fisica il trasduttore è un dispositivo che trasforma l’energia in entrata in una forma di energia di differente natura in uscita. La sonda ecografica è un traduttore perché, nella fase di produzione degli ultrasuoni, trasforma l’energia elettrica in energia sonora, mentre nella fase di ricezione degli echi trasforma l’energia sonora in energia elettrica. Oltre alla sonda, l’ecografo è composto da un corpo macchina che contiene l’apparato elettronico e il sistema di alimentazione elettrica. Una porzione dell’apparato elettronico chiamata impulsatore manda un breve impulso elettrico agli elettrodi collegati ai cristalli piezoelettrici della sonda che, vibrando, producono un impulso ultrasonoro che si propaga nei tessuti. Gli echi, che si generano dalla interazione tra gli ultrasuoni e le strutture profonde dell’organismo, ritornano alla sonda impattando contro i cristalli piezoelettrici i quali, per effetto piezoelettrico diretto, producono delle piccole cariche elettriche di superficie. Queste cariche elettriche ritornano all’apparato elettronico che, dopo averle amplificate, le elabora e le utilizza per la formazione dell’immagine ecografica.
L’ecografia si basa sul meccanismo di impulso-eco. La sonda produce un impulso ultrasonoro poi rimane in silenzio, in attesa di ricevere gli echi provenienti dalle strutture a differente profondità. Un orologio elettronico (timer) sincronizza la fase di emissione dell’impulso con la fase di ascolto. Un singolo impulso interagisce con diverse strutture e genera più echi, per cui il tempo di attesa della sonda deve essere decisamente più lungo del tempo utilizzato per la produzione dell’impulso ultrasonoro. In linea di massima, il rapporto tra il tempo di produzione dell’impulso e la fase di ascolto è 1 a 99, questo significa che per la maggior parte del tempo la sonda ecografica è in fase di ascolto, in modo da raccogliere gli echi che si generano dalle strutture più profonde e che impiegano un tempo maggiore per tornare alla sonda. La macchina ecografica genera centinaia di cicli impulso-ascolto in un secondo, per cui si riesce ad ottenere un apprezzabile effetto cinematografico.
Figura 1. Rappresentazione schematica di un apparato ecografico
L’interazione ultrasuono – struttura organica
L’impulso ultrasonoro, prodotto dalla sonda, penetra nei tessuti allontanandosi da essa e interagisce con le strutture profonde dell’organismo. Il tipo di interazione tra gli ultrasuoni e i tessuti dipende principalmente dalla natura dei tessuti stessi. Quando il fascio ultrasonoro progredisce senza incontrare ostacoli, non interagisce con alcuna struttura e non produce echi. Questo fenomeno viene rappresentato sullo schermo come un’area di colore nero detta immagine di “vuoto acustico”. Quando il fascio ultrasonoro interagisce con porzioni anatomiche in cui vi sia un apprezzabile cambiamento di densità (queste strutture si chiamano interfacce), una parte del fascio di ultrasuoni passa oltre (si trasmette) e interagisce con le strutture più profonde mentre una parte viene riflessa specularmente con una percentuale variabile che dipende dalla natura dell’interfaccia. Da questo tipo di interazione origina l’immagine “di parete” che delimita i confini delle strutture anatomiche. Quando il fascio ultrasonoro interagisce con strutture di dimensioni molto piccole, come ad esempio gli elementi cellulari, si origina il fenomeno della diffusione o scattering. A differenza della riflessione speculare da cui originano le immagini di parete, con il fenomeno della diffusione, gli echi prodotti si frammentano e si disperdono in tutte le direzioni. Solo una parte di essi torna alla sonda e concorre alla formazione delle immagini “di parenchima” che vengono rappresentate sullo schermo con un colore grigio diffuso più o meno intenso a seconda della natura della struttura stessa.
Figura 2. Modalità con cui il fascio ultrasonoro interagisce con le strutture dell’organismo. Quando l’impulso ultrasonoro incontra delle superfici che separano strutture con una differente impedenza acustica, produce echi attraverso la riflessione speculare (frecce con direzione contraria). Quando interagisce con i parenchimi produce echi attraverso la riflessione non speculare o dispersione (frecce nere). Quando attraversa aree che non interagiscono con gli ultrasuoni non produce echi.
Figura 3. Immagine ecografica di un corpo luteo cavitario. Il tratteggio (immagine di parete) delimita il tessuto luteinico (immagine di parenchima) e la cavità (immagine di vuoto acustico). L’immagine di destra è la stessa di sinistra ma priva dei segni grafici.
Come si forma l’immagine ecografica
L’immagine ecografica è caratterizzata dall’essere bidimensionale e le strutture vengono riportate in scala di grigi. Ogni punto sul monitor viene rappresentato con diverse gradazioni di grigio, tra i due estremi bianco e nero. La tonalità di grigio del punto sul monitor dipende dall’intensità dell’eco che la struttura anatomica ha generato interagendo con il fascio ultrasonoro. Un tipo di grigio tendente al bianco (immagine iperecogena) indica che una grande percentuale del fascio ultrasonoro è stata riflessa mentre una tonalità di grigio tendente al nero (immagine ipoecogena) indica che il fascio ultrasonoro interagisce scarsamente con i tessuti producendo pochi echi. Ad esempio, le strutture ossee appaiono bianche poiché riflettono una grande percentuale del fascio ultrasonoro mentre il contenuto delle strutture cistiche contenenti del liquido appaiono nere (immagine anecogena) perché non interagiscono con il fascio ultrasonoro e non producono echi. L’immagine ecografica rappresentata sullo schermo è bidimensionale quindi è necessario capire come fa la macchina ecografica a posizionare una determinata struttura ad una maggiore o minore profondità oppure sulla parte destra, centrale o sinistra dello schermo. Riguardo alla profondità, la macchina ecografica posiziona un punto calcolando il tempo che separa l’emissione dell’impulso ultrasonoro dalla ricezione dell’eco. Da ogni impulso possono derivare più echi e il tempo che occorre all’eco di tornare alla sonda è direttamente proporzionale alla profondità in cui si trova la struttura che ha generato quell’eco. Un orologio elettronico calcola questo ritardo permettendo alla macchina di posizionare un punto ad una maggiore o minore profondità. La posizione laterale è assegnata invece rispetto al cristallo della sonda che riceve gli echi. Gli echi raccolti dalle porzioni periferiche della sonda saranno rappresentati sulle porzioni laterali del monitor mentre quelli raccolti dalle porzioni centrali saranno riportati nelle parti centrali dello schermo.
Figura 4 La posizione di una struttura sullo schermo dipende dalla distanza che separa la sonda dalla struttura stessa. Tale distanza è calcolata in base al ritardo che separa l’emissione dell’impulso dal ricevimento dell’eco
È impossibile condensare in poche parole la vastità di informazioni e concetti riguardanti l’ecografia. La conoscenza dei principi di base, nel processo di apprendimento, diventa comunque determinante per affrontare gli argomenti più specifici e progredire in questa disciplina. L’intento di questo articolo è quello di renderne fruibili gli aspetti essenziali e possibilmente accendere la curiosità verso una metodica di indagine diagnostica tanto dura ed esigente quanto bella e affascinante.
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