La definizione dell’obiettivo di selezione è il primo fondamentale punto da sviluppare in un programma di miglioramento genetico. Molto spesso però l’obiettivo è complesso e cerca di migliorare caratteri che sono legati tra loro in modo sfavorevole. Sono quindi necessari dei compromessi e degli strumenti adeguati come gli indici aggregati. I risultati sono però eccezionali, come dimostra quanto ottenuto nella Holstein USA per produzione e fertilità.

Gli Indici Aggregati

Un vecchio proverbio popolare che molti di noi conoscono ci ricorda che è molto difficile avere allo stesso tempo la botte piena e la moglie ubriaca. E’ un modo molto diretto per indicare una situazione in cui è difficile ottenere due risultati tra di loro in contrapposizione e che è quindi necessario trovare un compromesso.

Una situazione simile è estremamente frequente nell’ambito del miglioramento genetico. Le produzioni animali, o alcune loro caratteristiche che vogliamo migliorare, sono legate tra di loro perché regolate dagli stessi geni. Il rapporto può essere favorevole (migliorandone una migliora anche l’altra) oppure sfavorevole (una migliora e l’altra peggiora). Nel primo caso il problema non si pone, mentre nel secondo il problema è serio e bisogna tenerne conto.

Ecco quindi che nel processo di evoluzione delle tecniche di miglioramento genetico sono stati introdotti degli strumenti selettivi che mettono in pratica l’arte del compromesso: gli indici aggregati.

Gli indici aggregati non sono altro che la combinazione dei singoli indici genetici, combinazione determinata dal rapporto tra i diversi caratteri e da quello che vogliamo migliorare. E’ ovvio che se voglio migliorare contemporaneamente due caratteri che sono legati sfavorevolmente tra di loro (ovviamente non al 100%) dovrò trovare un compromesso e ridurre il progresso di uno a vantaggio dell’altro.

Quanto e come farlo dipende dal valore economico dei caratteri coinvolti. In Italia tutti gli enti selezionatori hanno i loro indici aggregati, sviluppati secondo le necessità della razza/specie interessata.

Quanto scritto sino ad ora non è qualcosa di nuovo, e altri autori hanno già raccontato molto su questo argomento.

Quello che invece è bello vedere è un risultato pratico dell’applicazione di questo approccio. In particolare se riguarda due caratteri che da sempre sono nel cuore e nel portafogli di ogni allevatore: migliorare geneticamente sia la produzione di latte che l’efficienza riproduttiva.

Più latte e miglior efficienza riproduttiva: trend genetici paralleli nella Holstein USA

In un recente articolo scritto dalla Dr.ssa Kristen Parker Gaddis, genetista del Council of Dairy Cattle Breeding (CDCB), si può osservare la figura 1.

Figura 1 – Trend Genetico per la produzione di latte ed il Pregnancy Rate nella Holstein USA. Tratto da K. Parker Gaddis https://www.agproud.com/articles/57370-genetic-tools-have-reversed-cow-fertility-decline.

In questa immagine si condensa l’arte del compromesso applicata al miglioramento genetico. Il trend che si muove da sinistra verso destra, e colorato in blu, è il valore genetico delle vacche nate dal 1960 al 2020 per i kg di latte. Il trend in rosso è invece il valore genetico per il pregnancy rate. Questi due caratteri sono correlati tra loro in maniera sfavorevole: se uno migliora l’altro tende a peggiorare. Questo è quello che è successo sino all’inizio del secondo millennio, perchè fino ad allora si selezionava solo per il livello produttivo. A partire da quel momento, ed osservando i trend negativi relativi al pregnacy rate, si è capito che era arrivata l’ora di trovare un compromesso. Il compromesso è stato quello di utilizzare in modo più efficiente un indice aggregato assegnando i pesi corretti al latte e alla fertilità in modo da migliorarli entrambi.

Nonostante lo scetticismo iniziale, i risultati finali parlano da soli e oggi i due andamenti sono paralleli e si muovono nella stessa direzione: migliorano entrambi. Certo, non possiamo pretendere di cambiare oggi e vedere un risultato domani. La selezione ha i suoi tempi, sebbene oggi con la genomica anche questi si siano ridotti (non a caso nei trend in figura 1 c’è un ulteriore miglioramento a partire dal 2010, anno dell’introduzione dei tori genomici).

E’ ovvio che in questi 20 anni sono migliorate tante altre cose, in particolare sulla gestione della stalla, ma questi aspetti sono tenuti in considerazione dal modello e quello che vediamo nella figura 1 è al netto di tutti gli effetti non genetici.

Un esempio importante

Fiumi di inchiostro sono stati scritti sul rapporto tra latte e fertilità, e su come gestirlo. Quanto riportato nella presente nota rappresenta un esempio estremamente interessante ma soprattutto concreto di quello che si può ottenere con la selezione genetica e con l’utilizzo degli strumenti adeguati.

Allo stesso tempo dimostra come per fare selezione c’è anche bisogno di pazienza, sia perché i risultati non si raggiungono subito ma anche perché a volte non si riesce a cogliere immediatamente il vantaggio sul lungo periodo di scelte che sembrano illogiche (dare meno peso al latte???? Ma come si fa!!!).

Abbiamo iniziato con un proverbio e chiudiamo con un altro: quando il saggio indica la luna lo stolto guarda il dito.

Bibliografia

K. Parker Gaddis – Aprile 2023 https://www.agproud.com/articles/57370-genetic-tools-have-reversed-cow-fertility-decline