Oggigiorno l’allevamento zootecnico sta divenendo sempre più di tipo intensivo in ragione di motivi economici e di incremento della domanda di prodotti di origine animale con caratteristiche nutrizionali e organolettiche ottimali. A tale proposito, la Comunità Scientifica sta impiegando molte forze nell’approfondimento di tematiche inerenti le malattie di natura infettiva ed infestiva, in quanto da sempre implicate in perdite di natura economica per gli allevatori. Nella fattispecie, le elmintiasi a localizzazione gastroenterica ed epatica, per l’influenza negativa che possono avere sia sulla salute degli animali che sui bilanci aziendali, hanno da tempo spinto i ricercatori ad elaborare idonee misure strategiche di controllo.

Le elmintiasi parassitarie raramente causano sintomatologie conclamate, “allarmanti” e/o con esiti letali, ma comunque si dimostrano in grado di compromettere seriamente i parametri zootecnici degli individui “ammalati”. Definendo, in ambito zootecnico, come “ammalato” non solo quel soggetto che presenta un quadro sintomatologico più o meno specifico, ma anche quell’animale non più in grado di fornire la massima produttività in relazione all’ambiente, all’alimentazione fornita e alla selezione genetica effettuata, si capisce come le patologie parassitarie di natura elmintica rappresentino, da un punto di vista zooeconomico, una importante problematica da gestire. Al di là delle perdite per mortalità, per macellazioni di urgenza, per distruzione parziale o totale di organi in sede di macellazione, per accorciamento della carriera produttiva, per spese mediche, per interventi terapeutici o profilattici, vanno fra esse annoverate, anche nelle forme meno conclamate (e pertanto destinate a suscitare minore apprensione negli allevatori), un rallentato accrescimento dei soggetti giovani e una diminuita produttività di latte da parte degli adulti, non disgiunte da un peggioramento qualitativo dei prodotti a causa delle interferenze che i parassiti a localizzazione gastroenterica e/o epatica attuano nei confronti della digeribilità, disponibilità, assimilazione e metabolismo di protidi, glucidi e lipidi (Ambrosi, 1995).

Per quanto non sia facile, se non addirittura impossibile, quantificare economicamente le conseguenze dannose derivanti dalle infestazioni elmintiche, esperienze maturate in ambito nazionale ed internazionale suggeriscono di gestire con rigore questa problematica, partendo dall’avvalersi in primis di tecniche diagnostiche sensibili e specifiche atte a comprendere realmente la situazione parassitaria presente all’interno della realtà zootecnica.

Ad oggi non esiste ancora in Italia una vera “cultura” della diagnostica di tali malattie né a livello di allevatori né di veterinari operanti nel settore. L’iniziativa resta nelle mani di singoli e quindi limitata a trattamenti strategici atti a migliorare temporaneamente una situazione di iporendimento dell’allevamento, non considerando che il parassitismo elmintico non ha carattere episodico né procede per ondate epidemiche.

Gli elminti parassiti non hanno altro scopo che quello di garantirsi esistenza nel continuo passaggio dall’ambiente entozooico (gli animali colonizzati) all’ambiente esterno, secondo i loro particolari tropismi ed itinerari vitali: la risultante di ciò è la stabile convivenza di due popolazioni animali, cioè quella degli animali allevati e quella dei parassiti. Nelle elmintiasi, la diagnosi di laboratorio ha pertanto il fine essenziale di verificare i rapporti fra le due popolazioni per poter intervenire e modificare gli stessi in senso favorevole rispetto alle finalità dell’allevamento. Il laboratorio quindi non rappresenta più soltanto un supporto negli interventi di necessità ma diventa parte operante di una assistenza tecnica veterinaria permanente.

In quest’ottica si comprende come la diagnostica parassitologica debba entrare a far parte dei criteri gestionali dell’allevamento diventando un punto fermo da cui partire per lo svolgimento di trattamenti di natura profilattica e/o terapeutica.

L’esame coprologico, procedura di base in diagnostica elmintologica, è finalizzato alla messa in evidenza e/o alla conta degli elementi parassitari (uova e larve) presenti in un campione di feci mediante tecniche qualitative (tecniche di arricchimento mediante sedimentazione e/o flottazione) e tecniche quantitative (FLOTAC, Mini-FLOTAC, McMaster, Wisconsis, Fepack, ecc..). Quest’ultime, definite anche tecniche di Faecal Egg Count (FEC), permettono la messa in evidenza e soprattutto la conta degli elementi parassitari. L’unità internazionale di riferimento è il “grammo feci”; a seguito di un esame, quindi, i valori si esprimeranno in uova per grammo feci (upg) e larve per grammo feci (lpg).

Tali informazioni risultano fondamentali per capire le dinamiche parassitarie all’interno dell’allevamento e comprendere quando intervenire con presidi profilattici e/o terapeutici. Inoltre, in caso di infestazioni da strongilosi gastro-intestinali, l’utilizzo della coprocoltura, metodica che prevede la schiusa delle uova e la maturazione delle larve allo stadio L3 la cui morfologia è di utilizzo tassonomico (guaina larvale, dimensioni, lunghezza dell’esofago, lunghezza e morfologia della coda, numero e morfologia delle cellule intestinali) (Ambrosi, 1995), può essere utile per stabilire quale dei generi sia coinvolto nell’infestazione ed in eventuali fenomeni di antielmintico-resistenza.

Oltre alle tecniche di copromicroscopia classica, recentemente si sono sviluppate tecniche in ELISA (Enzyme Linked Immunosorbent Assay), volte ad evidenziare la presenza di anticorpi specifici nel latte di massa e/o latte individuale, per la diagnosi di malattie elmintiche (e.g. fascioliasi, ostertagiosi) (Charlier et al., 2005; Charlier et al 2009, Vanderstichel et al., 2013).  Tale test risulta vantaggioso per la sua rapidità e permette di individuare gli animali parassitati ed inoltre se eseguito su campioni individuali, consente di ottenere informazioni decisamente più precise circa lo status parassitario della mandria per impostare un trattamento selettivo nei confronti dei soggetti maggiormente infestati.

Concludendo, come, in corso di elmintiasi, si parla di strategie di risanamento ambientale e di uso strategico degli antielmintici, così si deve iniziare a parlare di un uso “strategico” della diagnostica elmintologica, considerando essa stessa un reale punto di partenza per la messa in atto di qualsiasi strategia di gestione delle malattie parassitarie.  La produzione di risultati accurati, unitamente ad un’interpretazione ragionata dei riscontri di laboratorio, risultano infatti elementi essenziali per mantenere un rapporto management/produzione/sanità animale a vantaggio del reddito aziendale.