Osservazione di un caso di “Tossinfezione da alcaloidi dicumarinici derivanti da FERULA COMMUNIS” in un allevamento di bovine da latte.

Il caso a cui fa riferimento il titolo si è verificato in un allevamento di bovine da latte, di circa 250 capi in lattazione, posizionato geograficamente sul confine tra le provincie di Bari e Potenza.

Nel dettaglio, la sintomatologia clinica è cominciata verso l’ 8 – 9 Maggio 2013 con la comparsa di una ondata inspiegabile di aborti, dell’età compresa  tra i 2 mesi e i 6mesi di gestazione che ha interessato sia manze che bovine primipare e pluripare. Tale situazione in circa 72h si è aggravata a tal punto, fino a coinvolgere almeno un’altra quindicina di soggetti tra manze e vacche. Contestualmente in questa fase mancavano quei  segni clinici aggiuntivi di un importanza tale, da abbozzare una diagnosi e giustificare tale  tempesta di aborti così imponente. Inoltre, stranamente la produzione di latte dell’intera mandria non subiva flessioni ma addirittura un lieve incremento.

Come se non bastasse, il 10 Maggio, a posteriori degli aborti, si è verificata la prima morte improvvisa di un capo bovino che aveva partorito da 2 giorni. Il capo in questione, al momento del parto mostrava un BCS di 2,75; aveva avuto una ritenzione di placenta e quindi dopo due giorni, all’improvviso una imponente emorragia uterina. Poi in maniera fulminea e con un muggito fragoroso la bovina è morta. Contestualmente, nella mandria, continuavano i fenomeni degli aborti (circa 2-3 capi al giorno). Nei quattro – cinque  giorni successivi ancora due soggetti morti (con un BCS <3) che manifestavano la stessa sintomatologia fulminea, nel frattempo  altri casi di aborto.

Appena giunto in azienda quello che si evidenziava era uno stato generale della mandria del tutto soddisfacente sia dal punto di vista della condizione corporea, dell’appetito e sia dell’ attività ruminativa, ma soprattutto il segno eclatante che si palesava era dato dell’aumento della produzione lattea.

In data 16/5/2013 immediatamente si è proceduto a sottoporre a visita  ginecologica, l’intera mandria ( asciutta e lattazione), onde stabilire quanti capi avessero perso la gravidanza. Durante la visita generale altri due capi sono morti sempre in modo fulmineo,  entrambi con pochi giorni dal parto e ambedue  con una emorragia uterina imponente.

Traendo le conclusioni al termine della visita, i soggetti che avevano presentato aborti dall’inizio della sintomatologia erano venticinque e cinque erano i capi morti improvvisamente.

Dall’anamnesi generale, è emerso che all’intera mandria in lattazione veniva somministrato, da circa 15gg.  insieme alla razione prevista (solo fieno e mangime!!) triticale verde appena falciato, proveniente da terreni aziendali di proprietà e coltivati dalla stessa.

Dal punto di vista diagnostico, si è proceduto ad escludere definitivamente dalla diagnosi la componente infettiva come  responsabile dell’evento. In quanto non erano presenti segni clinici patognomonici (T°alta; abbattimento del sensorio; perdita di appetito; problemi metabolici/digestivi; calo della produzione lattea ecc.ecc.) di un malessere generale su base microbica.

Per cui l’attenzione si è spostata sulla eventualità di una qualche presenza  di sostanze tossiche da individuare tra gli alimenti e l’acqua da bere somministrati agli animali.

Dopo una ricerca , condotta con professionisti (Alimentaristi e Agronomi) sulle piante infestanti presenti nell’area geografica  in questione, si è arrivati a inquadrare un pool di piante infestanti, che potessero dare luogo a delle sintomatologie cliniche importanti sovrapponibili con gli eventi che si stavano verificando.

Tra tutte quelle ricercate  la “ FERULA COMMUNIS” aveva, tra le sue caratteristiche quelle che combaciavano di più con la sintomatologia riscontrata in allevamento.

Difatti la pianta in questione, manifesta nel momento dell’infiorescenza la presenza all’interno della stessa degli alcaloidi di tipo dicumarinico, che determinano i sintomi rilevati.

Concretamente si è proceduto ad andare in campo ed effettivamente ci si è imbattuti nella presenza della pianta in questione. La caratteristica dell’infestante è quella di essere invisibile all’interno della coltivazione in quanto la stessa aveva una crescita in altezza, assolutamente identica alla coltura del triticale. Quindi durante lo sfalcio non poteva essere vista.

E, il caso ha voluto che al momento dello sfalcio del triticale, la Ferula Communis era in piena fioritura e  quindi con la somministrazione agli animali del foraggio fresco è stata somministrata anche la Ferula.

C’è da precisare che normalmente, al pascolo i ruminanti evitano di mangiare la pianta in questione, ma nel caso specifico, purtroppo l’alimento fresco sfalciato è stato somministrato alle bovine preparandolo nel carro miscelatore dell’unifeed insieme agli altri componenti della razione.

Individuando tutto ciò e di conseguenza sospesa immediatamente la somministrazione dell’alimento verde e integrando la razione con lieviti, nel giro di 24-48h sono scomparse tutte le sintomatologie riscontrate in precedenza. Fino ad ottenere di nuovo una tranquillità nella mandria.

Una osservazione doverosa deve essere fatta, mettendo in evidenza che sono morti quei soggetti che oltre ad essere freschi partoriti, avevano una condizione corporea scadente al momento del parto BCS <2,5. E invece tutti gli animali abortiti, sia manze che vacche pluripare erano in ottime condizioni corporee anzi con un BCS >3,5, và da sé pensare che l’azione del tossico ha determinato emorragie violente in quei soggetti magri che erano appena partoriti in quanto più deboli e maggiormente esposti all’azione del tossico, mentre in quei soggetti che avevano una condizione corporea migliore, addirittura tendente al grasso, il tossico ha determinato soltanto aborto.