Il convegno di Gonzaga, tenutosi lo scorso dicembre ed organizzato da ANAFIBJ, ha avuto come tema la genetica italiana.
Si è parlato di ciò che la contraddistingue, e cioè che prima di tutto è selezionata in Italia da Centri di FA italiani, spesso è nata in allevamenti Italiani e, soprattutto, punta a migliorare quelle caratteristiche che contribuiscono a determinare reddito per gli allevatori che producono latte in Italia, dove questa preziosa materia prima è trasformata per oltre il 70% in formaggi di cui tutto il mondo ci invidia la superiore qualità.
C’erano due domande a cui dare risposta:
- È giusto parlare di Genetica Italiana o Genetica per l’Italia?
- Perché gli allevatori italiani usano poco i riproduttori italiani e preferiscono usare seme importato?
Alla prima domanda hanno risposto i relatori presentando il Sistema di raccolta dati sul territorio, il lavoro di sviluppo che sta dietro agli indici genetici e i servizi di analisi tecnica messi a disposizione di tutti gli allevatori dall’Associazione Nazionale di razza. Per toro “italiano” si intende un torello passato dal Centro Genetico ANAFIBJ ed autorizzato per questo alla FA in Italia.
Oltre il 90% dei tori che passano dal Centro Genetico sono selezionati da Intermizoo ed Inseme, ed è per questo che i due centri nazionali hanno presentato quelli che sono i loro programmi genetici.
Intermizoo punta a selezionare tori provenienti da tutto il mondo che soddisfino i criteri di scelta più adatti al sistema produttivo italiano che principalmente trasforma. Longevità, fertilità e robustezza, insieme a produzione, sono i criteri guida del loro progetto di miglioramento genetico, con particolare attenzione data ai soggetti polled. Le figlie dei tori Intermizoo saranno vacche fatte per durare nel tempo e capaci di produrre latte con superiori qualità casearie grazie all’indice proprietario Procaseus. Il 40% dei tori Intermizoo è nato in Italia da allevatori italiani.
Il programma genetico di Inseme punta ad essere 100% italiano: i tori del programma dal 2019 sono tutti nati in Italia da allevatori italiani e selezionati per essere padri delle figlie simbolo dell’Italian Style, cioè un giusto equilibrio di produzione di qualità, morfologia e funzionalità, con particolare attenzione alla correttezza di mammelle e alla funzionalità di arti e piedi. Si dà priorità ai tori BB per la k caseina e A2A2 per la betacaseina, per garantire attitudine casearia più elevata combinata con una alta digeribilità.
Fra i tori INSEME quelli caratterizzati dal logo Biogeni danno figlie più redditizie per gli allevamenti che fanno biologico. Tutti i tori INSEME sono testati per i caratteri della Wellness Zoetis per dare così agli allevatori interessati a migliorare la salute della mandria a livello genetico utili indicazioni su ciascun riproduttore.
In buona sostanza, si può parlare di Genetica Italiana selezionata per migliorare la redditività delle aziende che producono in Italia.
Per quanto riguarda la seconda domanda, le statistiche presentate da ANAFBJ raccontano che nel 2014 si era arrivati ad un 50% di uso di tori di importazione ed un 50% di uso di tori “italiani” mentre nel 2021 si è a circa il 30% di uso di tori italiani e 70% di uso di tori di importazione.
Che cosa è successo in questi 7 anni che ha modificato così pesantemente le dinamiche di acquisto del seme?
Non è facile rispondere a questa domanda ma certamente non è perché i tori italiani siano da meno dal punto di vista genetico rispetto alla concorrenza. I dati riportati in figura 1, basata sull’analisi dei dati dei tori con almeno 100 fecondazioni registrate, mostra una sostanziale equivalenza di livello genetico fra tori selezionati in Italia e tori importati dall’estero.
Figura 1 – Il livello genetico dei tori italiani avviati alla FA per anno di nascita confronto con quello dei tori di importazione. L’analisi comprende tutti i tori che hanno almeno 100 fecondazioni registrate. (Fonte: ANAFIBJ).
Allora perché questo squilibrio a favore del seme importato? È solo la nota esterofilia degli allevatori italiani? Sono le politiche di prezzo dei centri esteri che vendono sottocosto in Italia prodotti che per la loro selezione principale, quella USA, non sono il top? E gli allevatori italiani che cosa acquistano: la genetica migliore per la loro redditività o quella che costa poco giusto per ingravidare vacche e manze? Le domande a cui rispondere sono numerose e complesse. E’ quantomeno curioso che gli allevatori italiani che pretendono che il prodotto italiano sia considerato migliore rispetto ad altri poi quando si tratta di acquistare il seme non siano altrettanto “nazionalisti”.
C’è qualcosa che ANAFIBJ insieme ad INSEME ed INTERMIZOO possono fare insieme per far sì che il valore della genetica italiana sia riconosciuto ed apprezzato da tutti gli allevatori italiani? Questa è la domanda che il direttore ANAFIBJ ha fatto a tutti i presenti chiedendo di avviare un lavoro di riflessione ed analisi ma anche di definizione di una strategia che possa portare la genetica italiana ad essere apprezzata per quel che vale anche in patria.
Scrivi un commento
Devi accedere, per commentare.