Il (bravo) Veterinario dei bovini, cioè il Buiatra, di fronte ad una vacca ammalata, prima di proporre qualunque tipo di cura , cerca di fare e fa una diagnosi il più esatta possibile. Le diagnosi non si fanno per telefono , non si fanno leggendo le riviste tecniche, non si fanno consultando Internet, e nemmeno passando al centro della corsia di alimentazione mentre si chiacchiera con l’addetto agli animali, e nemmeno guardando i tabulati dei programmi di gestione aziendale. La diagnosi seria presuppone sempre una visita diligente e accurata della bovina malata o sospetta, seguita se necessario dal ricorso ad esami sussidiari ( di laboratorio o strumentali) sull’animale o gli animali colpiti.
Esistono poi tre livelli di diagnosi, che per semplificare possiamo elencare così: 1°diagnosi di sindrome, 2° diagnosi anatomica, 3° diagnosi eziologica. Il primo livello è il più facile da emettere, spesso la fa direttamente l’allevatore stesso (esempi sono le diagnosi di :” vacca a terra”, di “sindrome respiratoria”, di “sindrome colica” o di “vacca zoppa” solo per citarne alcuni). Si tratta di livelli di diagnosi parziali che non giustificano da soli l’adozione di alcuna vera cura. Dopo tali diagnosi generiche spesso si spara nel mucchio delle possibili cause di malattia, a volte anche sprecando inutilmente un sacco di farmaci (e soldi), con prospettive di successo economicamente insufficienti.
Il livello al quale il Buiatra deve tendere è la ”diagnosi anatomoeziologica”: capire cioè quale è l’organo o l’apparato della bovina ammalato e anche quale è la causa della malattia. Solo a quel punto è possibile con ragionevole certezza esprimere una prognosi, cioè una valutazione sulle prospettive statistiche di guarigione del paziente. In Veterinaria, e specialmente in Medicina Bovina il bravo Buiatra, nell’interesse dell’Allevatore, da sempre di fronte ad una vacca malata non emette una semplice prognosi, ma esprime una prognosi economica, l’unica che ha senso nei bovini.
La prognosi economica mette a confronto le probabilità statistiche di una guarigione, più o meno completa, i costi della terapia in termini di farmaci, interventi, mano d’opera aziendale, perdita di produzione nel periodo della cura e soprattutto prospettive future dell’animale dopo l’avvenuta guarigione. Oggi poi che è emerso con forza anche l’aspetto del benessere animale, la prognosi dovrebbe tener conto anche delle sofferenze dell’animale durante il decorso della patologia e anche dopo la guarigione più o meno completa e definitiva della stessa malattia.
Di solito negli animali da reddito, e quindi anche nella bovina da latte, non si pone il problema dell’accanimento terapeutico, cioè dell’insistenza nelle cure quando le possibilità di guarigione sono palesemente insufficienti o addirittura nulle. Anche se il numero delle situazioni patologiche è piuttosto ampio, per venire al pratico, ne voglio ricordare alcune tra le più comuni. L’esempio di una malattia oggi relativamente comune in allevamento è la dislocazione dell’abomaso a sinistra. La diagnosi è facile, tanto che spesso lo stesso Allevatore ne esprime il sospetto al Veterinario.
La decisione sull’opportunità/convenienza dell’intervento chirurgico è subordinata alle condizioni generali dell’animale e soprattutto all’assenza di gravi compromissione metaboliche ed epatiche in particolare: così una chetosi gravissima accompagnata da parametri ematologici epatici compromessi sconsiglia il ricorso alla terapia medica e chirurgica, a meno che non si tratti di bovina dal particolare valore genetico, quindi con prospettive di utilizzo particolare dal punto di vista riproduttivo. Altro esempio è la sindrome della vacca a terra: qui le possibili cause sono veramente molteplici, dalla classica ipocalcemia (collasso puerperale) all’ipomagnesiemia (eclampsia) alla ipofosfatemia (paresi) alla chetosi grave complicata, alle cause di natura traumatica ( ad esempio frattura del bacino), alle malattie generalizzate in fase finale (peritonite); prima di iniziare qualunque trattamento è indispensabile la diagnosi anatomo-eziologica, solo dopo la quale è possibile una ragionevole prognosi economica e l’adozione ,a ragion veduta, delle misure terapeutiche opportune.
In caso di mancata risposta in tempo ragionevole, proporzionale alla gravità iniziale dei sintomi, si ripete la visita clinica e si decide sul proseguimento o meno della cura. (a volte un semplice esame delle urine della bovina a terra, eseguibile direttamente in azienda, è prezioso per emettere la prognosi di inguaribilità dell’animale con la conseguente sospensione delle cure e l’eliminazione dell’animale). In queste occasioni si viene a confermare ulteriormente quanto il bravo Buiatra sia indispensabile e prezioso per una gestione ottimale dell’allevamento di bovine da latte.
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