La steatosi epatica, detta anche lipidosi epatica o fatty liver, è una malattia del fegato dovuta ad un accumulo eccessivo di trigliceridi negli epatociti. Tra le malattie metaboliche del periodo di transizione è senza dubbio quella più misteriosa e subdola per due motivi: la difficoltà di fare una diagnosi certa e l’assenza di una sintomatologia specifica facilmente individuabile.

La causa principale di questa patologia è l’intensa lipomobilizzazione dal tessuto adiposo conseguente all’instaurarsi di un equilibrio energetico negativo. In altre parole, i trigliceridi vengono liberati dal tessuto adiposo (in seguito a dimagrimento) ed arrivano ad accumularsi negli epatociti. L’equilibrio energetico negativo è una condizione molto comune nella bovina da latte a causa delle seguenti condizioni:

  • ridotta ingestione di alimenti nel periodo di transizione (da 21 giorni prima a 21 giorni dopo il parto);
  • aumentate richieste energetiche da parte del feto nell’ultima parte della gravidanza e per il sostegno della montata lattea dopo il parto;
  • basso livello ematico di insulina o carenza di recettori (insulinoresistenza).

La quantità di energia che la bovina assume con l’alimentazione non copre i fabbisogni energetici, ciò porta ad un dimagrimento tanto più intenso quanto più intenso è il disequilibrio.

Gli acidi grassi non esterificati (NEFA) giunti al fegato possono andare incontro a tre destini:

  • una parte viene completamente ossidata (ciclo di Krebs);
  • una parte non completa l’ossidazione e viene trasformata in corpi chetonici che essendo idrosolubili possono essere allontanati dal fegato con l’intento di eliminarli (urine, latte ecc.) o metabolizzarli in altri tessuti (muscoli e sistema nervoso centrale);
  • una parte viene riconvertita in trigliceridi e stoccata nell’epatocita → steatosi epatica.

La conseguenza diretta è una compromissione della funzionalità dell’epatocita e quindi un’insufficienza epatica, la cui gravità dipende dalla percentuale di tessuto epatico occupato da trigliceridi:

  • Normale ≤ 1%
  • Lieve: compresa tra 1% e 5%
  • Moderata: compresa tra 5% e 10%
  • Grave: >10%

La sintomatologia clinica è del tutto aspecifica. Le ripercussioni sono tuttavia pesantissime dal momento che la ridotta funzionalità epatica interferisce con numerosi aspetti fisiologici. Per citarne alcuni:

  • ridotta capacità da parte del fegato di stoccare il glucosio e di produrlo attraverso la gluconeogenesi;
  • ridotta capacità del fegato di detossificare l’organismo e produrre urea;
  • carente produzione di alcuni ormoni importanti per la fertilità come il colesterolo, substrato da cui originano il progesterone o gli estrogeni ovarici e l’IGF1, tra i più importanti fattori di crescita follicolare;
  • riduzione del numero dei leucociti e marcata riduzione della loro attività.

La diagnosi di certezza prevede l’utilizzo della biopsia epatica e l’analisi microscopica del campione prelevato. Sebbene sia il gold standard per la diagnosi di steatosi è un’indagine piuttosto elaborata e non completamente scevra da rischi. Esiste comunque tutta una serie di prove che, nonostante siano caratterizzate da un’attendibilità decisamente più bassa, contribuiscono a supportare adeguatamente il sospetto clinico:

  • La misura e la variazione del body condition score (BCS) è un sistema semplice e sufficientemente attendibile per valutare l’entità della lipomobilizzazione (dimagrimento) dal momento che il grasso di copertura viene mobilizzato per primo rispetto a quello viscerale. Una bovina da latte dovrebbe avere un BCS non superiore a 3,5 al momento del parto e la variazione nelle due settimane successive dovrebbe essere contenuta entro 0,5 punti.
  • Il dosaggio ematico dei NEFA è un parametro molto attendibile e correlato all’intensità della lipomobilizzazione. Valori di NEFA > 4 mmoli/L una settimana prima del parto previsto sono indicativi di una lipomobilizzazione eccessiva. Generalmente si considerano valori limite 0,29 mmoli/L in preparazione al parto e 0,6 mmoli/L in lattazione.
  • Alcuni marcatori epatici come l’aspartato aminotransferasi (AST), la glutammato deidrogenasi (GDH), la sorbitolo deidrogenasi (SDH) e l’ornitina carbamiltransferasi (OCT) hanno scarsa importanza in quanto acquistano attendibilità diagnostica solo in condizioni di steatosi grave.
  • Il tasso butirrico del latte (% del grasso nel latte) è un parametro interessante perché correlato positivamente alla lipomobilizzazione. L’aumento dei NEFA ematici determina una maggiore percentuale di grasso nel latte perché vengono utilizzati direttamente dalla mammella.
  • La misura dei corpi chetonici (BHBA) nel sangue, sebbene dotata di elevata sensibilità per individuare i soggetti affetti da chetosi è poco attendibile per individuare le bovine affette da steatosi epatica: la chetosi indica l’incapacità da parte dei mitocondri di ossidare completamente ed efficacemente gli acidi grassi e non è affatto indicativa di steatosi epatica. È vero che la steatosi è spesso accompagnata da chetosi ma non il contrario.

La prevenzione si basa sulla gestione di quello che il Prof. G. Dirksen individua come “ciclo diabolico” della lipomobilizzazione e consiste nel ridurre il dimagrimento e contenere l’equilibrio energetico negativo attraverso l’adozione di strategie alimentari e manageriali specifiche (razione adeguata, ricoveri confortevoli, riduzione del sovraffollamento e protezione dalle malattie del periparto).

A completamento di quanto detto precedentemente è di ausilio il ricorso alla nutrizione clinica in modo da intervenire su due fronti:

  • Favorire l’ingresso dei trigliceridi nei mitocondri per permetterne l’ossidazione. Per tale scopo è utile la CARNITINA che è un componente essenziale dell’enzima carnitin-trasferasi; la somministrazione può essere orale (in forma rumino-protetta) o parenterale.
  • Favorire l’allontanamento dei trigliceridi fuori dall’epatocita attraverso le VLDL. Le VLDL sono lipoproteine a densità molto bassa nella cui formazione è coinvolta la COLINA. La colina si somministra come integratore orale in forma rumino-protetta alla dose di 25 grammi/giorno nei 21 giorni pre-parto e di 50 grammi/giorno nei 60 giorni post-parto.

Quantificare l’entità della steatosi epatica nel proprio allevamento e soprattutto rendersi conto di quanto incida sulle performance produttive e riproduttive può essere arduo ma non impossibile. Tutte le volte che notiamo un dimagrimento eccessivo dopo il parto o un’aumentata incidenza delle malattie metaboliche, in particolare della chetosi, è importante sospettare un problema di lipidosi epatica. In ogni caso, dovremmo considerarlo un campanello d’allarme che ci avvisa del fatto che probabilmente stiamo trascurando qualcosa. La disciplina è senza dubbio il requisito più importante delle aziende che lavorano in maniera eccellente. Non esistono scorciatoie o segreti o polveri miracolose, ma solo la consapevolezza che il risultato è frutto dell’impegno quotidiano e continuo in modo da assicurare alle nostre bovine tutto ciò di cui hanno bisogno.