La ritenzione di placenta, la cui definizione corretta è “ritenzione degli invogli”, è una condizione patologica abbastanza frequente nella specie bovina e può essere definita come la mancata espulsione degli invogli fetali entro le 12 ore dal parto. I meccanismi patogenetici responsabili sono in parte sconosciuti, tuttavia ciò che sappiamo è sufficiente per mettere in atto una serie di accorgimenti di natura alimentare e manageriale utile a gestire con efficacia questa temibile patologia del puerperio.

La conoscenza dei meccanismi fisiologici alla base del processo di distacco dei cotiledoni degli invogli dalle caruncole uterine è molto importante al fine di indagare i punti critici del periodo di transizione e potervi intervenire. Normalmente gli invogli si distaccano e vengono espulsi solo se i seguenti eventi avvengono correttamente:

  • modificazione dell’assetto ormonale al momento del parto;
  • rimodellamento della matrice extracellulare nel placentoma (caruncola + cotiledone);
  • modificazioni vascolari e pressorie nei villi cotiledonari;
  • modificazioni cellulari nel placentoma ed espressione di un processo infiammatorio specifico;
  • contrazioni miometriali (uterine).

Modificazioni dell’assetto ormonale al momento del parto

Nella bovina è il feto ad innescare il parto attraverso una produzione crescente di cortisolo che raggiunge l’apice al termine della gravidanza. I corticosteroidi fetali stimolano l’utero e la placenta a produrre PGF2α, contemporaneamente gli estrogeni plasmatici aumentano e il progesterone diminuisce. L’evento scatenante il parto è il blocco di produzione di progesterone e con ciò viene meno l’effetto inibitorio sulla contrattilità uterina. Il miometrio, attivato dall’aumento degli estrogeni e dalle PGF2α, diviene sensibile all’effetto dell’ossitocina liberata dalla neuroipofisi come conseguenza degli stimoli fetali (meccanici) provenienti dal canale del parto (riflesso di Ferguson). L’ossitocina non ha un gran ruolo nell’inizio del parto ma diviene fondamentale nella fase di espulsione e secondamento determinando delle contrazioni uterine potenti e regolari. A causa della complessità dell’intero processo sono numerosi i fattori che potrebbero interferire con il determinismo del parto. Tra tutti una condizione di sovrappeso o obesità è senza dubbio il più importante. La raccomandazione di mantenere un BCS (body condition score) non superiore a 3,5 al momento del parto ha una giustificazione nella profonda influenza che il tessuto adiposo ha sul metabolismo degli ormoni steroidei; le bovine che arrivano al parto in sovrappeso (per errori nutrizionali o ridotte performances riproduttive) dimostreranno una riduzione meno marcata del progesterone e una quantità inferiore di estrogeni circolanti. La conseguenza diretta è l’aumento dell’incidenza di parti languidi (inerzia uterina) e ritenzione degli invogli.

Rimodellamento della matrice extracellulare nel placentoma (caruncola + cotiledone)

I legami tra le cellule a livello dei placentomi sono mantenuti da una solida matrice extracellulare composta da fibre collagene. La “rottura” di queste fibre è determinante per il distacco degli invogli ed è opera di una serie di enzimi specifici facenti parte del gruppo delle collagenasi. L’origine di tali enzimi è in parte sconosciuta, una quota considerevole deriva sicuramente dai leucociti ma anche le cellule uterine sembrano avere un ruolo determinante. L’attività enzimatica è fortemente ridotta dalla carenza di oligoelementi introdotti con la dieta (zinco, selenio ecc.) ma anche da un innalzamento della temperatura corporea (ad es. stress da caldo, febbre) in quanto tutti gli enzimi hanno bisogno di un range di temperatura piuttosto ristretto per poter funzionare adeguatamente. Il parto indotto con desametasone aumenta il rischio di ritenzione degli invogli a causa dell’effetto down-regulation sulle collagenasi.

Modificazioni vascolari e pressorie nei villi cotiledonari

I villi cotiledonari si incastrano nelle cripte delle caruncole e vi rimangono saldamente adesi grazie al mantenimento di un’adeguata pressione sanguigna placentare. Durante i premiti espulsivi si manifesta all’interno dei villi un’alterazione pressoria caratterizzata da stati alternati di ischemia ed iperemia che si concludono con il collasso dei villi stessi dopo la rottura (e conseguente sanguinamento) del cordone ombelicale al momento del parto. In tarda gravidanza si assiste ad una significativa riduzione delle resistenze vascolari nell’arteria uterina media ma nelle bovine che manifestano ritenzione di placenta si registra un aumento importante delle resistenze vascolari qualche giorno prima del parto. Questa evidenza potrebbe anche essere messa in relazione ad un effetto delle catecolamine (adrenalina e noradrenalina) sul tono dei vasi sanguigni a causa di stress di vario genere (stress da caldo, sovraffollamento, dolore ecc.) che le bovine possono subire nel periodo di preparazione al parto. Bovine spaventate o agitate hanno spesso un travaglio disturbato che impedisce quelle modificazioni pressorie a livello dei villi cui accennavo precedentemente; un mancato o ridotto sanguinamento dopo la rottura del cordone ombelicale o traumi uterini (ad es. per manovre ostetriche) impedirebbe il collasso dei villi che, rimanendo turgidi o edematosi avrebbero difficoltà a liberarsi dalle cripte delle caruncole.

Modificazioni cellulari nel placentoma e promozione di un processo infiammatorio specifico

Il sistema immunitario è senza dubbio l’attore principale del distacco degli invogli fetali. A livello di placentoma avvengono alcune importanti modificazioni cellulari che, raggiungendo l’acme in corrispondenza del parto, sono corresponsabili del distacco dei cotiledoni dalle caruncole. L’epitelio endometriale riduce fortemente il suo spessore a causa della diminuzione delle cellule trofoblastiche, anche per fenomeni di apoptosi (morte cellulare programmata). Quest’evento permette l’esposizione dei cotiledoni (di origine fetale) all’epitelio endometriale (materno), scatenando una sorta di “reazione di rigetto” simile a ciò che avviene nel rigetto d’organo post trapianto. L’evento del parto è caratterizzato dalla straordinaria produzione di citochine e relativi recettori cellulari in grado di richiamare una gran quantità di leucociti, responsabili attraverso la produzione di enzimi proteolitici e l’attività fagocitaria della degradazione della matrice extracellulare e dell’eliminazione delle cellule in apoptosi (morte). Questa reazione infiammatoria, sebbene molto simile ad un processo flogistico patologico, ha un esito ben preciso: espellere gli invogli fetali. Gli altri processi infiammatori di natura patologica e specifica (placentite) pur seguendo un percorso patogenetico simile, esitano spesso nel rafforzamento dei legami placentari (fibrosi) e quindi in un incremento dell’incidenza di ritenzione di placenta. Detto ciò possiamo comprendere quanto sia necessario un corretto funzionamento del sistema immunitario e quanto sia importante adottare tutte le possibili strategie alimentari e manageriali volte a tenerlo in ottima salute. Da quanto detto precedentemente è poi necessario porre l’attenzione al grado di consanguineità (imbreeding) poiché ciò potrebbe ridurre sensibilmente la risposta di “rigetto” degli invogli da parte dell’endometrio.

Contrazioni uterine (del miometrio)

Una volta completato il distacco dei cotiledoni dalle caruncole, l’espulsione degli invogli è assicurata da vigorose contrazioni della muscolatura liscia uterina. Fisiologicamente il miometrio si contrae (come tutta la muscolatura liscia) grazie al calcio e sotto stimolo ormonale, in particolare per effetto dell’ormone ossitocina che, liberato dalla neuroipofisi, agisce sulle cellule muscolari sensibilizzate grazie agli estrogeni circolanti. Un’assenza o riduzione delle contrazioni uterine porta ad una ritenzione degli invogli che, sebbene distaccati o solo lievemente adesi sono ritenuti in utero e nel canale del parto. Condizioni patologiche quali l’ipocalcemia clinica (collasso puerperale) o subclinica sono dei fattori di rischio che agiscono attraverso la riduzione delle contrazioni uterine. Il parto indotto, l’aborto, il parto pretermine e la gemellarità (spesso caratterizzata da una durata minore della gravidanza) comportano un aumento dell’incidenza della ritenzione di placenta a causa dell’interruzione precoce dei meccanismi fisiologici che portano all’espulsione degli invogli; in pratica i meccanismi precedentemente enunciati non hanno il tempo sufficiente per poter avvenire correttamente.

Questo articolo non ha certo la pretesa di essere esaustivo nell’individuare la totalità dei fattori di rischio della ritenzione di placenta ma spero possa essere uno stimolo ad una riflessione ragionata su quanto possano essere molteplici e variegati i percorsi fisiopatogenetici alla base di una patologia complessa come la ritenzione degli invogli nella specie bovina.