Nell’allevamento della vacca da latte si può affermare che il motore che fa girare tutto il sistema è senza ombra di dubbio il parto. E’ da esso infatti che parte la carriera produttiva, ed è grazie ad esso che questa si rinnova ciclicamente. E’ fondamentale dunque per l’allevatore mantenere efficiente questo motore, e quindi riuscire ad ingravidare in breve tempo sia le manze, sia le vacche. Purtroppo però oggi l’ottenimento di una gravidanza in tempi brevi, soprattutto sulle vacche, sembra essere diventata una cosa quasi impossibile da raggiungere e molti si sono rassegnati a convivere con dei dati riproduttivi scadenti. Guardando però cosa accade nei migliori allevamenti italiani e stranieri, si può affermare che il raggiungimento di una buona efficienza riproduttiva non deve essere visto come una chimera, ma come un obiettivo perseguibile, che potrà consentire in futuro di essere più competitivi, anche con prezzi del latte imbarazzanti.

Per valutare in un allevamento l’andamento della fertilità degli animali ed individuare i punti dove bisogna intervenire per migliorarla, uno dei parametri migliori da utilizzare è il pregnancy rate, ovvero il numero di gravidanze ottenuto per ciclo estrale, rispetto al numero di animali potenzialmente ingravidabili. Esso prende in considerazione i due momenti fondamentali che portano all’istaurarsi di una gravidanza: il calore e la fecondazione. Quindi si parla di percentuale di rilevazione dei calori (HDR) e percentuale di gravidanze (CR). Dal prodotto di queste due deriva il PR. Quindi ad esempio un PR= 25, può derivare da:

HDR= 100 e CR= 25;

HDR= 50 e CR = 50;

HDR = 25 e CR = 100.

E’ chiaro che si tratta di tre situazioni molto diverse, anche se accomunate dallo stesso PR.

Ora siccome negli allevamenti normalmente il personale addetto alla fecondazione è sempre lo stesso, il valore di CR rimane pressoché costante, salvo l’istaurarsi di particolari patologie. Un valore che può essere considerato ottimale è 50; valori al disotto di 30 vanno considerati problematici ed allora deve essere rivista la procedura di fecondazione.

Ipotizzando quindi una stalla con un buon CR (35), il miglioramento del PR per raggiungere valori superiori a 20, passa attraverso un miglioramento dell’HDR, ovvero attraverso una migliore individuazione dei calori. Questa operazione viene molto spesso sottovalutata, ma a tutti gli effetti è il punto di partenza di tutto il processo riproduttivo! E’ quindi importante adottare delle procedure di rilevazione dei calori corrette ed efficienti.

Il primo passo da compiere è creare delle liste di attenzione che consentono di concentrare l’attenzione sugli animali che più probabilmente sono prossimi al calore. Se possibile, sarebbe utile avere questi capi in gruppi isolati: così ad esempio le manze oltre i 13 mesi andrebbero riunite in un gruppo unico, distinte da quelle gravide o troppo piccole. Lo stesso se possibile andrebbe fatto con le vacche, dividendo le vacche da ingravidare (oltre il periodo di attesa volontaria e non ancora diagnosticate) dalle altre. Mentre le liste possono essere create indipendentemente dal numero di capi, i gruppi invece richiedono sia delle strutture idonee, sia un numero di capi minimo.

La rilevazione del calore può essere fatta in diversi modi, ricorrendo a tecnologie più o meno complesse. Quindi abbiamo:

  1. Osservazione. E’ il sistema più semplice ed economico. Si deve procedere all’osservazione almeno tre volte al giorno, per una durata minima di 20 minuti ciascuna. Le osservazioni non vanno fatte in prossimità della distribuzione della miscelata o della mungitura o di altre operazioni che possono disturbare le bovine. L’evento che deve essere monitorato è l’accettamento della monta, dal quale inizia il conteggio delle ore di attesa prima della fecondazione. Questo sistema quindi, oltre a permettere l’individuazione delle bovine in calore, consente anche di procedere alla fecondazione nel periodo più fertile. Per ottenere dei valori di HDR elevati, sono fondamentali sia la durata dell’osservazione, sia il numero e la loro distribuzione durante il giorno. Per aumentare l’efficienza di questo metodo, si può associare l’utilizzo di indicatori della monta. Si può semplicemente colorare il codone con un pastello per bestiame ed osservare poi la scomparsa del colore (lo strato di colore deve essere applicato quasi tutti i giorni) oppure applicare stick che virano di colore dopo essere stati schiacciati. Si tratta di strumenti molto economici, semplici e rapidi da utilizzare. Sulla manifestazione del calore esistono dei fattori ambientali che possono giocare un ruolo negativo, che quindi devono essere controllati e che sono il sovraffollamento, il pavimento scivoloso, le patologie podali, le alte temperature.
  2. Attività. Gli animali in calore si muovono molto di più della loro media. Quindi per individuarli si può utilizzare degli strumenti che riescono a misurarla, ovvero pedometri o attivometri. Con queste metodologie sono fondamentali i parametri che devono essere impostati per individuare l’alta attività, per evitare troppi falsi allarmi o la perdita di calori. Come per il metodo precedente, anche per questo tutti i fattori che limitano il movimento degli animali, limitano anche l’individuazione del calore.
  3. Progesterone. Questo è uno degli ormoni che regola il ciclo estrale e la sua concentrazione si riduce quasi a zero in prossimità dell’ovulazione. Quindi se viene misurata nel latte o nel sangue, può essere utilizzata per individuare lo stato di calore. La misurazione può essere fatta manualmente con dei kit, oppure con un sistema di prelievo automatico del latte durante la mungitura e la successiva analisi automatica. Il primo sistema è molto laborioso, lento e costoso. Può essere in realtà utilizzato come test di non gravidanza, anche se il suo significato è di poco conto. Nel secondo caso invece, il monitoraggio del progesterone durante tutto il ciclo consente di creare una curva e di individuare con precisione l’inizio del calore. Siccome la produzione del progesterone è svincolata dalle condizioni ambientali citate per i sistemi precedenti, questo metodo garantisce ottimi valori di HDR anche in condizioni problematiche. Naturalmente l’investimento necessario non è indifferente, ma può essere facilmente ripagato dal netto miglioramento delle performance riproduttive. Un limite di questo sistema risiede nella difficoltà di individuare il momento corretto della fecondazione. Infatti rispetto al momento della caduta del progesterone, le vacche possono ovulare in un tempo variabile fra le 24 e le 48 ore, e quindi risulta difficile mettere a punto un protocollo operativo standard per tutti i casi.
  4. Sincronizzazione. Oggi in molte realtà, soprattutto con un numero elevato di capi, si sceglie di sincronizzare tutti gli animali e di fecondare quindi a calendario. Questo metodo, se da un lato svincola completamente dalla rilevazione del calore, dall’altro richiede molta manodopera per eseguire le iniezioni, ed un investimento consistente in medicinali. Va poi considerato che comunque non è in media sufficiente un solo ciclo per avere una gravidanza, e che in origine questo protocollo è nato come metodo curativo per recuperare le vacche problema e non come protocollo standard per tutti gli animali.