In inverno gli allevamenti di bovini, sia da latte che da carne, sono talvolta colpiti da una malattia infettiva che gli anglosassoni chiamano Winter Dysentery, da noi conosciuta come diarrea emorragica invernale o “influenza intestinale”. È un’infezione considerata benigna a causa della mortalità molto bassa (intorno o inferiore all’1%), ma molto temuta perché è in grado di stroncare per almeno un paio di settimane le ottime produzioni di latte che caratterizzano i mesi invernali.

È una malattia virale sostenuta dal coronavirus bovino (BoCV) simile (ma non è lo stesso) a quello responsabile dell’enterite neonatale del vitello. La sua porta d’ingresso è sia digerente sia respiratoria, avendo il virus un tropismo per entrambe le mucose; per tale motivo è particolarmente comune (>50%) la concomitanza di sintomi respiratori ed enterici. Questa malattia è estremamente contagiosa e caratterizzata da una diffusibilità molto rapida; nelle regioni ad alta densità di allevamenti si estende a macchia d’olio e progredisce in media di un raggio di 5,5 km in 30 giorni (Radostits et alii, 2000).

Dopo un periodo di incubazione brevissimo (1-3 giorni), esordisce con i seguenti sintomi clinici:

  • temperatura febbrile moderata;
  • diarrea abbondante;
  • spesso diarrea emorragica;
  • talvolta emissione di coaguli di sangue;
  • riduzione dell’ingestione degli alimenti;
  • riduzione della produzione di latte;
  • sintomi respiratori come tosse e scolo nasale (>50%).

La malattia, di norma, si conclude in una settimana senza particolari conseguenze e la produzione di latte ritorna normale in circa 15 giorni, anche se uno studio sperimentale di Traven e colleghi del 2001 ha dimostrato che il livello di produzione spesso rimane inferiore di un 5% rispetto a prima dell’infezione. L’instaurarsi di un’immunità post-infezione è considerata protettiva ma temporanea (da 6 mesi fino a 4/5 anni). La malattia si presenta negli allevamenti con dei cicli pluriennali e, qualora compaia entro 3-4 anni dall’ultimo episodio, si manifesta solitamente con una forma meno grave.

La diagnosi clinica è agevole e semplice, ma talvolta può rendersi necessario l’ausilio del laboratorio a cui è sufficiente inviare dei campioni di feci per la ricerca dell’antigene virale. Nei focolai caratterizzati dalla contemporanea presenza di segni respiratori è raccomandabile inviare al laboratorio anche dei tamponi nasali con l’obiettivo di escludere la presenza di altri virus respiratori (rinotracheite infettiva, parainluenza 3, virus respiratorio sinciziale ecc.). Per confermare la diagnosi clinica è possibile verificare l’avvenuta sieroconversione o l’aumento dei titoli anticorpali  in sieri prelevati nella fase acuta e 4 settimane più tardi.

La diagnosi differenziale deve necessariamente porsi con le altre cause di enterite emorragica e non emorragica ad andamento epizootico, tuttavia esistono delle differenze peculiari che agevolano il buiatra nella differenziazione. Di seguito 3 casi a titolo di esempio:

  • BVD: nei bovini sieronegativi l’infezione da virus BVD può essere facilmente confusa con la diarrea emorragica invernale, ma la diffusione del virus BVD è generalmente più lenta. Le analisi di laboratorio possono venirci in aiuto attraverso la ricerca dell’antigene (virus) tramite PCR e ricordando che l’infezione da BVD è caratterizzata da un’intensa leucopenia facilmente evidenziabile con un semplice esame emocromocitometrico.
  • SALMONELLOSI: responsabile di enterite emorragica molto grave ma caratterizzata da un’intensa prostrazione, ipertermia e presenza di frammenti fibronecrotici nelle feci, mentre la winter dysentery si manifesta con una sintomatologia decisamente meno grave.
  • ACIDOSI RUMINALE: è presente diarrea non emorragica ma sono totalmente assenti ipertemia, sintomi respiratori e la diminuzione della produzione di latte. È una condizione patologica specifica delle bovine in lattazione, mentre la diarrea emorragica invernale colpisce tutte le bovine adulte, manze e asciutte comprese.

Non esistono trattamenti terapeutici specifici. Una terapia sintomatica può rendersi necessaria per i soggetti fortemente disidratati o con un’emorragia intestinale grave:

  • reidratazione parenterale ed orale;
  • antinfiammatori non steroidei (FANS), da utilizzarsi con ponderazione a causa degli effetti collaterali potenzialmente gravi su rene, coagulazione del sangue e apparato gastroenterico;
  • antiemorragici iniettabili (etamsilato o menadione), la cui efficacia terapeutica è però messa spesso in discussione;
  • l’uso degli antibiotici è inutile. Diviene necessario nella terapia delle complicazioni polmonari sostenute da batteri.

Sebbene si ipotizzi una qualche possibilità di protezione crociata con l’utilizzo dei vaccini usati per la profilassi dell’enterite neonatale, in commercio non esiste alcun vaccino commerciale specifico. Il principale sistema di contrasto resta l’adozione di un buon piano di biosicurezza esterna ed interna oltre alla necessità di assicurare le migliori condizioni possibili di management, alimentazione e benessere consapevoli del fatto che i bovini correttamente allevati sono più resistenti alle malattie ed hanno una naturale ed intrinseca capacità di autoguarigione.