La cheratocongiuntivite del bovino è una malattia infettiva e contagiosa sostenuta dai batteri del genere Moraxella, in particolare M. bovis, che invadono la cornea e i tessuti perioculari inducendo lesioni piuttosto gravi e invalidanti.

Eziologia

Moraxella bovis è il principale agente eziologico della cheratocongiuntivite infettiva bovina. Si tratta di un batterio Gram negativo, aerobio e di forma bastoncellare. Non ha particolari esigenze colturali e si coltiva facilmente in agar sangue, dove produce colonie piccole (1-3 mm di diametro) circondate da un alone di emolisi di circa 1 millimetro. Le altre specie isolabili, sebbene molto più di rado, sono Moraxella bovoculi e Moraxella ovis. L’infezione da Moraxella è spesso associata ad altri microrganismi che possono fungere sia da apripista che da agenti complicanti di irruzione secondaria: virus IBR, adenovirus, Mycoplasma spp., Chlamydie, Klebsielle e Pasteurelle. La semplice presenza di Moraxella nel sacco congiuntivale porta raramente all’espressione clinica della malattia, per cui assumono una grande importanza alcuni fattori predisponenti: la concentrazione elevata di animali, la convivenza di soggetti infetti e sani, gli ambienti polverosi, una forte illuminazione e/o irradiazione solare, la presenza di mosche, carenza di vitamina A e una cute palpebrale depigmentata.

Patogenesi

La trasmissione di Moraxella avviene per contatto diretto, indiretto o attraverso vettori meccanici (mosche). Le lacrime e le secrezioni oculari veicolano il microrganismo patogeno da soggetti infetti a soggetti malati durante le loro interazioni sociali (contatto diretto) oppure per mezzo di strutture contaminate, abbeveratoi e alimenti (contatto indiretto). Una forma importante di trasmissione è quella dei vettori meccanici, che possono essere rappresentati dalle mosche o dalle mani degli operatori. Il periodo d’incubazione può variare da alcuni giorni ad alcune settimane, e nell’arco di un paio di mesi, se le condizioni predisponenti sono favorevoli e in assenza di provvedimenti, l’infezione può raggiungere un tasso di morbilità del 50-80%. La virulenza di questo tipo di microrganismi dipende generalmente da alcune caratteristiche morfologiche quali la presenza di pili o fimbrie, con cui riescono a aderire saldamente alle strutture oculari, e dalla capacità di produrre tossine. Moraxella ha dimostrato di avere un effetto patogeno diretto sulle cellule corneali e congiuntivali, liberando fattori citotossici e necrotizzanti. I danni più significativi derivano però dal rilascio di collagenasi da parte delle cellule epiteliali, dei fibroblasti e dei neutrofili, come conseguenza dell’interazione con i batteri. I raggi ultravioletti (UV) e gli altri fattori predisponenti potenziano l’effetto patogeno aggravando l’entità delle lesioni oculari.

Sintomatologia

Il primo segno clinico della cheratocongiuntivite infettiva è la fotofobia, nella maggior parte dei casi monolaterale, che insorge improvvisamente e si accompagna a blefarospasmo, iperlacrimazione, edema e iperemia della congiuntiva. Dopo 24/48 ore dall’insorgenza dei primi sintomi inizia a svilupparsi sulla cornea un’area di opacamento puntiforme che, con il passare del tempo, tende ad estendersi all’intera superficie corneale. Ben presto una serie di fenomeni degenerativi, a cui si è accennato nel paragrafo della patogenesi, determina una lesione di tipo erosivo che esita in un’ulcera della cornea (vedi foto). A questo punto si può osservare una tipica proliferazione di vasi sanguigni sulla parete posteriore della cornea che ha suggerito agli anglosassoni il termine di “pink eye”, con cui si riferiscono a questa malattia. La cornea, in corrispondenza della lesione ulcerativa, si assottiglia e si solleva protrudendo verso l’esterno, facendo assumere all’occhio un caratteristico aspetto conico (cheratocele).  A questo punto le secrezioni oculari diventano catarrali e/o purulente per la presenza di germi di irruzione secondaria e, in assenza di trattamento, le lesioni sulla cornea possono degenerare in maniera irreversibile: ipopion, panoftalmite purulenta, perforazione corneale con svuotamento della camera anteriore e prolasso dell’iride. La perdita della capacità visiva deriva dalla deformazione del bulbo oculare (microftalmia cicatriziale), oppure da un processo purulento cronico che interessa tutte le strutture oculari (panoftalmite purulenta).

Foto 1 – Ulcera corneale con principio di neovascolarizzazione.

Trattamento

Il trattamento di elezione della cheratocongiuntivite infettiva del bovino prevede una terapia antibiotica che può essere fatta per via locale e/o sistemica. Tuttavia, la percentuale di successo si avvicina al 100% molto di rado, e ciò è dovuto soprattutto alla difficoltà di far raggiungere e mantenere per un tempo sufficiente una concentrazione efficace di principio attivo nelle strutture oculari. Per un contesto in cui il numero di capi da trattare fosse limitato può essere presa in considerazione la somministrazione locale nel sacco congiuntivale di pomate o soluzioni con antibiotico, tenendo presente la necessità di almeno due applicazioni giornaliere per un tempo sufficientemente lungo (almeno 5 giorni). È importante sottolineare la necessità di tenere chiuse le palpebre per qualche secondo dopo l’applicazione per assicurare una corretta diffusione del medicamento e il divieto tassativo di usare corticosteroidi che aumentano il rischio di ulcerazione corneale. Sempre a livello locale, è possibile il trattamento parenterale mediante iniezione intrapalpebrale o subcongiuntivale di 2 ml di una soluzione contenente uno dei seguenti antibiotici: benzilpenicillina, cloxacillina, ampicillina, ossitetraciclina o gentamicina. Nelle fasi iniziali della malattia, oppure quando i capi da trattare fossero numerosi, si ricorre al trattamento parenterale. I due principi attivi maggiormente usati sono l’ossitetraciclina long-acting e la tulatromicina, quest’ultima da non usarsi nelle bovine in lattazione.

Provvedimenti ausiliari

La terapia antibiotica deve necessariamente essere accompagnata da una serie di accorgimenti che tendono a migliorare la percentuale di guarigione e ridurre la trasmissione da bovino infetto a bovino sano. Dal momento che l’irradiazione solare sembra essere un importante fattore predisponente, è sempre raccomandabile, se possibile, ricoverare i capi infetti in un ambiente coperto e impedirne l’uscita all’esterno (es. nei paddock esterni). La polverosità degli ambienti è un ulteriore fattore di rischio per cui è necessario assicurare una corretta ventilazione dell’ambiente ed un sufficiente ricambio di aria. L’isolamento dei bovini infetti ha lo scopo di impedire la trasmissione diretta dell’infezione attraverso le interazioni sociali e la trasmissione indiretta, ad esempio per mezzo dell’acqua degli abbeveratoi e gli alimenti che possono contaminarsi grazie al materiale infetto derivante dalle secrezioni oculari e nasali (dotto naso-lacrimale). Un trattamento adulticida per le mosche, così come un trattamento repellente sugli animali, ha lo scopo principale di impedire la trasmissione indiretta, poiché questo tipo di insetti, alimentandosi con le secrezioni oculari, funge da formidabile vettore meccanico dell’infezione (vedi foto 2). Infine, il trattamento parenterale con vitamina A può rivelarsi un valido ausilio, in quanto l’effetto positivo di questa vitamina sui processi immunitari e fisiologici delle strutture oculari risulta essere particolarmente vantaggioso.

Foto 2 – Mosche.

Conclusioni

Il trattamento di un singolo episodio di cheratocongiuntivite infettiva del bovino, così come il dover affrontare un focolaio epidemico, rappresenta sempre una sfida per il Medico Veterinario. La difficoltà maggiore risiede nel creare una valida alleanza con il proprietario o il personale di stalla in modo da poter mettere in pratica tutte le strategie utili a fronteggiare il problema con efficacia. È fondamentale agire con rapidità, disciplina e determinazione, poiché le lesioni che si osservano sono spesso invalidanti ed il disagio che prova l’animale comporta una perdita produttiva importante, soprattutto quando sono colpiti numerosi soggetti contemporaneamente.