Ad inizio lattazione le vacche da latte sono sottoposte ad una fase di bilancio energetico negativo. La ragione di tale fenomeno sta nel fatto che l’output energetico legato alla produzione lattea è superiore alla quota energetica ingerita con la dieta. Perciò le riserve energetiche tissutali (principalmente grasso) sono mobilizzate con possibili conseguenze in termini di steatosi epatica e chetosi. La colina, come specificato in seguito, è una molecola nota per i suoi effetti positivi in tal senso.

CHETOSI E COLINA

La chetosi è una dismetabolia caratterizzata da un incremento della concentrazione di corpi chetonici dei fluidi corporei (sangue, latte ed urine). Tale patologia si verifica in forma clinica o sub-clinica principalmente ad inizio lattazione. La forma clinica è meno frequente rispetto a quella subclinica e coinvolge generalmente solo alcuni individui nella mandria: gli animali mostrano una marcata riduzione di ingestione, eccessiva perdita di condizione corporea, un calo di produzione ed odore di acetone nell’aria espirata. La forma subclinica coinvolge spesso molti animali ed è associata ad un calo produttivo, elevato contenuto in grasso del latte (rispetto al tenore in proteina), ridotta performance riproduttiva e maggior rischio di riforma anticipata. Le bovine colpite da chetosi subclinica sono inoltre maggiormente soggette ad insorgenza di altre patologie, come la dislocazione dell’abomaso.

Come visto l’insorgenza della chetosi è relazionata alla mobilizzazione delle riserve adipose. Il grasso corporeo viene stoccato sotto forma di trigliceridi (glicerolo esterificato con tre acidi grassi). I trigliceridi mobilizzati dal tessuto adiposo sono rilasciati nel sangue come acidi grassi non esterificati (NEFA). I NEFA raggiungono il fegato e in tale organo possono essere ossidati a dare energia (dando elevati livelli di corpi chetonici, se ossidati solo parzialmente) oppure possono essere mobilizzati nuovamente sotto forma di lipoproteine a bassissima densità (VLDL). Il tasso di assorbimento di NEFA da parte del fegato può essere superiore rispetto all’ossidazione o alla produzione di VLDL, risultando in un accumulo netto noto come steatosi epatica. La colina è un componente della fosfatidilcolina, molecola necessaria per la sintesi delle VLDL. Per tale motivo ha un ruolo cruciale nel metabolismo lipidico.

INCIDENZA E COSTI

L’incidenza della chetosi è stata valutata in molteplici sperimentazioni: numerosi autori concludono che la prevalenza della chetosi subclinica (percentuale di bovine con livelli ematici di β-idrossibutirrato compresi fra 1,2 e 2,9 mmol/L in un dato momento) ricada in un range dall’11 al 60%. La chetosi determina un aumento dei costi di produzione del latte, di tipo diretto ed indiretto, associati ad una minor produttività e alla maggior incidenza di altre patologie. I costi diretti includono: 1) ridotta produzione lattea; 2) surplus di manodopera di veterinario e personale di stalla; 3) medicinali; 4) latte scartato. I costi indiretti includono: 1) maggior incidenza di altre dismetabolie; 2) allungamento del periodo interparto, 3) incremento del tasso di rimonta involontaria; 4) minor tasso di concepimento ed infine una maggior mortalità. Alcuni autori stimano che i costi legati ad ogni bovina affetta da chetosi subclinica siano compresi fra 600 e 700 €/capo. Se quindi la prevalenza della chetosi in una mandria è compresa fra il 20-30%, ciò determina un costo medio per animale presente nell’intorno dei 120-210 €.

BY-PASS RUMINALE E DIGERIBILITA’ INTESTINALE DELLA COLINA

La colina è considerata un nutriente non essenziale per i ruminanti, dato che l’animale è in grado di sintetizzarla. Tuttavia vi sono numerose indicazioni che riportano che la quantità di colina sintetizzata ad inizio lattazione sia inferiore ai fabbisogni per la mobilizzazione del grasso dal fegato. Conseguentemente l’introduzione di colina nella dieta di transizione è una buona strategia per assicurare la salute animale. Il supplemento di colina tuttavia deve essere disponibile a livello intestinale: prodotti non rumino-protetti sono demoliti in buona parte dalla microflora ruminale e quindi hanno un’efficacia contenuta. Per sopperire a tale problematica esistono numerose forme di colina rumino-protetta. La rumino-protezione (o by-pass ruminale) viene generalmente ottenuta tramite una matrice protettiva lipidica inerte a livello ruminale che funge da barriera alla degradazione microbica della colina stessa. Lo strato protettivo deve tuttavia essere idrolizzato dagli enzimi digestivi a valle del rumine così che la colina sia disponibile per l’assorbimento intestinale. Il by-pass ruminale di per sé quindi non significa necessariamente che il prodotto sia efficace: la protezione può essere talmente invasiva che la colina non viene rilasciata nel piccolo intestino. Altri prodotti, al contrario, sono sotto-protetti: la matrice lipidica non garantisce un sufficiente by-pass ruminale. Questo porta alla degradazione ruminale (totale o parziale) della colina.

La degradabilità ruminale viene determinata tramite metodiche in vitro che prevedono l’uso di liquido ruminale oppure tramite animali dotati di fistola ruminale. Generalmente la tempistica di incubazione è compresa fra 8 e 12 ore, a seguito della quale viene determinata la quantità di nutriente non degradata nel rumine. Successivamente il prodotto viene collocato nell’intestino di animali dotati di fistola duodenale per valutare la digeribilità intestinale. La colina disponibile per l’animale è il risultato della quantità di nutriente by-pass e della sua digeribilità intestinale. Ovviamente esistono grandi differenze fra i prodotti disponibili sul mercato: la chiave di volta per lo sviluppo (e l’utilizzo pratico in campo) di prodotti by-pass risiede nel giusto compromesso fra protezione ruminale e digeribilità intestinale.

RISULTATI DI CAMPO

Alcune sperimentazioni di campo evidenziano che l’uso di colina ruminoprotetta è una buona strategia preventiva per limitare l’insorgenza di steatosi epatica e chetosi nell’intorno del parto, con ripercussioni positive in termini di produzione lattea e performance riproduttiva. Una prova condotta in Olanda su 250 vacche ha previsto la valutazione dell’efficacia pratica della colina ruminoprotetta. Gli animali in lattazione sono stati suddivisi in 4 gruppi: primipare, fresche e due gruppi di animali pluripari. Durante la prova (5 mesi) tutte le vacche pluripare fresche sono state suddivise ed assegnate al gruppo di controllo (senza colina) o trattato con colina ruminoprotetta. Dopo il parto gli animali sono stati seguiti fino a 90 giorni di lattazione. Una settimana dopo il parto sono stati prelevati alcuni campioni di urina per la quantificazione dei corpi chetonici, punteggiati da 0 (assenza di corpi chetonici) a 6 (livello massimo di corpi chetonici). Il punteggio medio degli animali trattati con colina è risultato essere inferiore del 15% rispetto agli animali controllo. Il campionamento periodico del latte ha dimostrato che gli animali appartenenti al gruppo trattato hanno fatto registrare una tendenza numerica ad una maggior produzione lattea giornaliera, con una minor percentuale di grasso e nessuna differenza in termini di proteina percentuale. La minor percentuale di grasso del latte in animali freschi è un effetto positivo, dato che livelli eccessivi di grasso associati a tenori proteici nella norma sono un ottimo indicatore dello stato di chetosi. Infatti un rapporto grasso:proteina del latte superiore a 1,25-1,40 è considerato un segnale dell’elevato rischio di chetosi subclinica. I risultati di tale prova dimostrano che nel periodo 0-30 giorni di lattazione circa il 50% di animali non trattati ha fatto registrare una percentuale molto elevata di grasso del latte. Nel periodo 31-60 giorni di lattazione la percentuale è stata del 35%. Al contrario, nel caso del trattamento con colina ruminoprotetta, la percentuale di vacche che hanno prodotto latte ad elevato tenore lipidico è stata ridotta del 30 e del 46% rispettivamente per i due periodi sopra menzionati. Tali effetti positivi sono confermati da un’ulteriore prova di campo effettuata in Olanda. Presso un’azienda (90 vacche in latte) tutti gli animali sono stati trattati con colina ruminoprotetta per un periodo di 4 settimane a cavallo del parto. I risultati sono stati comparati con lo storico aziendale. A seguito del trattamento la percentuale di bovine a rischio chetosi subclinica (animali freschi con rapporto grasso:proteine del latte superiore a 1,25) è stata ridotta sensibilmente. Lo stesso discorso vale per il numero di animali con diagnosi certa di chetosi clinica.

CONCLUSIONI

L’acuirsi di situazioni di bilancio energetico fortemente negativo ad esordio lattazione, fenomeno frequente in animali ad elevatissime potenzialità produttive, è la causa scatenante di alcune dismetabolie, quali chetosi subclinica e steatosi epatica, che determinano ripercussioni fortemente negative sulla produzione lattea, come peraltro messo in evidenza in maniera estesa dalla letteratura internazionale. La nutrizione in senso lato (sia della bovina in lattazione sia della vacca in asciutta) è la chiave per la prevenzione delle principali dismetabolie del post-parto, assieme al management aziendale e alla cura della sfera riproduttiva. La supplementazione di colina tramite prodotti a comprovato by-pass ruminale ed elevata disponibilità intestinale è uno strumento utile per l’allevatore come tassello inserito nella gestione alimentare quotidiana per controllare e ridurre le forme di chetosi subclinica e steatosi.