Neospora caninum è un protozoo parassita, simile a Toxoplasma gondii, che rappresenta la principale causa di aborto bovino a livello mondiale. Il ciclo biologico, sebbene abbia ancora qualche punto oscuro, è stato sufficientemente studiato e codificato.

Il cane (ospite definitivo) elimina con le feci le oocisti che, nell’ambiente esterno, contaminano acqua e alimenti solidi, e possono essere ingerite dagli ospiti intermedi, tra cui il bovino. Nell’intestino le oocisti si aprono liberando le forme infettanti del parassita (tachizoiti) che invadono i tessuti (utero gravido compreso) e con il passare del tempo stimolano un’intensa risposta immunitaria che li obbliga progressivamente a mutare nella forma “di resistenza” rappresentata dai bradizoiti che si riparano nelle cisti tissutali. I tessuti contenenti le cisti, ingerite dai cani, permettono alla neospora di ritornare nell’ospite definitivo, esprimere la fase sessuata del ciclo e ripartire sotto forma di oocisti.

Ciclo biologico di Neospora caninum (J.P. Dubey, 2003).

 

L’aborto avviene in seguito all’infezione transplacentare del feto che può essere:

  1. Esogena → ingestione di oocisti sporulate da parte della madre.
  2. Endogena → passaggio dei tachizoiti all’utero gravido in seguito alla riattivazione dell’infezione in una bovina persistentemente infetta.

L’assenza di un vaccino e la mancanza di farmaci chemioterapici attivi sul parassita impongono come unica possibilità l’adozione di misure di biosicurezza ed interventi gestionali piuttosto rigidi. Studiando attentamente il ciclo biologico di neospora è possibile individuare dei passaggi strategici su cui poter organizzare un piano di controllo efficace.

Il cane è l’ospite definitivo. In Europa potrebbero avere un ruolo anche il lupo e la volpe rossa ma, ad oggi, non esistono studi che confermino tale ipotesi. I cani si infettano attraverso l’ingestione di tessuti contenenti cisti, come carcasse, invogli, feti abortiti o vitelli morti e altri animali (ad es. topi o piccioni). Da questa considerazione le prime raccomandazioni:

  • Impedire l’accesso ai cani nei luoghi dove sono stabulate le bovine in modo da limitare l’ingestione di invogli, feti abortiti e lochiazioni uterine.
  • Smaltire adeguatamente e rapidamente placente, feti abortiti, carcasse.
  • Adottare un piano di derattizzazione ed allontanare i volatili (spt. piccioni).

Una volta che il cane ha ingerito le cisti, dopo la fase sessuata, elimina le oocisti con le feci che possono contaminare acqua e alimenti solidi. E’ quindi raccomandabile:

  • Impedire ai cani, in particolare ai cuccioli (che eliminano una quantità di oocisti maggiore), di venire a contatto con gli alimenti solidi e l’acqua di bevanda.
  • Proteggere i magazzini di stoccaggio e coprire gli insilati.

Questi accorgimenti hanno lo scopo di limitare la cosiddetta infezione esogena, impedendo che il parassita possa venire ingerito dal bovino. L’infezione esogena è spesso responsabile delle famigerate “tempeste di aborti” (fino al 30% delle bovine gravide) dal momento che una gran quantità di oocisti evacuate da un cane eliminatore infetta parecchie bovine contemporaneamente attraverso alimenti e acqua. Purtroppo, il confinamento dei cani domestici a volte non è sufficiente per contenere la contaminazione degli alimenti in quanto questa può avvenire a causa di cani randagi o per l’introduzione di alimenti già contaminati. Contenere la contaminazione dei pascoli è quasi impossibile.

L’infezione endogena può esitare nell’aborto ma anche nella nascita di vitelli perfettamente sani ma persistentemente infetti, in quest’ultimo caso è più corretto parlare di trasmissione transplacentare endogena. La trasmissione endogena è particolarmente efficiente nella diffusione della neosporosi in allevamento dal momento che la percentuale di vitelli nati infetti da madri sieropositive è sempre superiore al 50%, con punte del 95%. Ne consegue l’importanza dell’adozione di una strategia di controllo volta a limitare più possibile questa forma di trasmissione:

  • Controllo degli aspetti nutrizionali, manageriali e sanitari atti a mantenere efficiente il sistema immunitario in modo da limitare la riattivazione dell’infezione latente. Ad esempio: infezione concomitante da virus BVD, alimenti avariati o contaminati da tossine, stress da caldo ecc.
  • Esame sierologico su tutte le bovine e fecondazione con tori da carne delle bovine sieropositive. Al di là di una ipotetica maggiore resistenza all’aborto degli incroci, la finalità è quella di non utilizzare per la rimonta i soggetti nati da bovine sieropositive.
  • Riforma forzata delle bovine che hanno abortito (soprattutto se recidive).
  • Uso dell’embryo-transfer per le bovine sieropositive di elevato valore genetico e impianto degli embrioni esclusivamente su soggetti sieronegativi.

Gli ultimi tre punti sono di importanza strategica elevata, tuttavia il loro successo dipende dall’attendibilità dei test sierologici (ELISA e immunofluorescenza indiretta) che, almeno per Neospora caninum, dimostrano qualche incertezza; nell’immunologia dell’infezione da neospora l’immunità umorale (anticorpi) è di minore importanza rispetto a quella cellulo-mediata. In seguito a ciò la sieropositività può essere ridotta, transitoria o del tutto assente e non è raro che i soggetti infetti risultino sieronegativi pur generando vitelli infetti.

La gestione delle infezioni (e aborti) da Neospora non è semplice. Ne sono prova il fatto che sia la prima causa di aborto bovino nel mondo e l’intensa diffusione sul territorio italiano. Le armi a disposizione sono piuttosto limitate e si basano quasi esclusivamente sull’adozione disciplinata di misure ferree di biosicurezza, per questo motivo la strategia più  comune è quella di “non fare nulla”. Tuttavia è importante conoscere il piano di controllo perché, laddove gli aborti avessero un’incidenza importante, l’adozione degli accorgimenti descritti precedentemente può far recuperare alle aziende la redditività minacciata da questo temibile parassita.

 

DOI 10.17432/RMT.2018-1015