Episodi di botulismo collettivi in allevamenti bovini vengono segnalati costantemente in Italia e in altre parti del mondo. Conoscere la malattia e i principali fattori di rischio è il primo passo per limitare il rischio di insorgenza di questa grave condizione patologica.

l botulismo è una grave malattia neuro-paralitica che può colpire l’uomo e diverse specie animali. Tra le specie animali quella bovina è una tra le più sensibili. Ne è testimonianza il fatto che gravi episodi collettivi di botulismo in allevamenti bovini, benché fortunatamente sporadici, continuano ad essere segnalati in Italia e in diverse aree del mondo. Ancora oggi molti addetti ai lavori non hanno una corretta percezione del rischio collegato a questa particolare condizione patologica, nonostante essa sia tra quelle potenzialmente più devastanti per una mandria, sia per il frequente elevato numero di capi coinvolti in questi episodi che per l’alto tasso di mortalità e di soggetti abbattuti per prognosi infausta spesso riscontrati nei focolai.

Gravi episodi di botulismo collettivo sono stati descritti in diverse parti del mondo, compresa l’Italia, sia in allevamenti bovini da carne che da latte. In alcuni focolai sono stati registrati dei tassi di morbilità e mortalità anche dell’ 80-90%.

Conoscere il botulismo nei sui vari aspetti ed identificare correttamente i principali fattori di rischio sono fasi indispensabili per poter poi applicare consapevolmente dei comportamenti negli allevamenti in grado di limitare la probabilità d’insorgenza di tale patologia.

Il botulismo è causato dall’azione di potenti neurotossine prodotte da Clostridium botulinum, un batterio Gram positivo sporigeno comunemente presente nell’ambiente e in grado di crescere velocemente in assenza di  ossigeno e in presenza di materiale organico in decomposizione, sia di origine vegetale che di origine animale. Data l’elevata potenza delle neurotossine botuliniche, classificate tra le sostanze a più alta tossicità presenti in natura, anche l’ingestione di una piccola quantità di materiale contaminato, casualmente inglobato nella razione alimentare preparata e distribuita con tecnica “unifeed”, può rappresentare un serio rischio per un numero elevato di animali della mandria. In ambito zootecnico i materiali più a rischio per la presenza di queste sostanze altamente tossiche sono i foraggi insilati mal conservati contaminati da terreno contente spore di Clostridium botulinum, e soprattutto le carcasse di piccoli mammiferi e uccelli, accidentalmente inglobate nella dieta dei bovini. Nell’intestino di questi piccoli animali, siano essi domestici, sinantropi o selvatici, si possono infatti albergare le temibili spore batteriche e le relative tossine.

Una volta ingerite, le neurotossine botuliniche vengono assorbite a livello intestinale, distribuendosi poi nell’organismo attraverso il circolo sanguigno. Il loro sito d’azione è altamente specifico e si identifica nelle terminazioni nervose delle giunzioni neuromuscolari. In questa sede svolgono la loro azione tossica determinando il blocco del rilascio dell’acetil-colina, importante neurotrasmettitore, nello spazio sinaptico. Ne consegue la comparsa di paralisi muscolari flaccide progressive, raramente reversibili. Ad oggi si conoscono 8 tipi di tossine botuliniche denominate con le prime lettere dell’alfabeto (A,B,C,D,E,F,G e H), tutte di natura polipeptidica ma  differenti tra loro da un punto di vista antigenico. Le diverse neurotossine dimostrano di possedere anche una particolare specificità d’ospite. Nel bovino, ad esempio, i tossinotipi riscontrati con maggiore frequenza sono il C e il D, e più raramente il B. Nell’uomo, i tossinotipi considerati patogeni sono invece A, B, E ed F.

Nell’ambito degli episodi che coinvolgono i bovini, alcuni aspetti anatomo-clinici permettono di avanzare rapidamente un sospetto diagnostico. Nelle forme più lievi i bovini manifestano solo una diminuzione dell’assunzione dell’alimento accompagnata da un’evidente difficoltà nella deambulazione dovuta a debolezza muscolare. Il sintomo più frequente nelle intossicazioni di media gravità è invece il decubito permanente per paralisi flaccida dei muscoli degli arti. Il decubito può persistere anche per diversi giorni come unico segno clinico importante prima di evolvere nella fase terminale della malattia. Nelle forme molto gravi, quelle iperacute,  la morte può sopraggiungere anche dopo solo poche ore dalla comparsa dei primi segni di malessere, come conseguenza del blocco dell’attività dei muscoli respiratori. Un dato importante è che in tutti i casi la temperatura corporea si attesta su valori pressoché normali. Il periodo di incubazione può essere di poche ore o prolungarsi fino a 10-14 giorni. Di conseguenza nuovi casi nel focolaio si possono presentare anche a distanza di molto tempo dall’allontanamento dell’alimento contaminato. La neurotossina botulinica non ha un’azione distruttiva sulle cellule, ed è per questo che all’esame necroscopico dei soggetti venuti a morte di norma non vengono rilevate alterazioni macroscopiche a livello di organi e tessuti. L’assenza di lesioni, associata alla particolare manifestazione clinica e al coinvolgimento di più soggetti contemporaneamente, ha comunque di per sé un valore diagnostico rilevante.

La conferma del sospetto si ottiene in laboratorio con la dimostrazione della neurotossina di C. botulinum in campioni biologici prelevati dagli animali in vita con segni clinici (emosiero, feci, succo ruminale) e soprattutto dai soggetti morti (contenuto ruminale, contenuto intestinale e fegato). In assenza di riscontro della tossina, il rilevamento di spore di C. botulinum tipo C o D nel contenuto intestinale supporta fortemente il sospetto di botulismo.

Nella diagnosi differenziale vanno considerate, in via prioritaria, le encefaliti virali, la menigo-encefalite trombotica da Histophilus somni, l’ipocalcemia e l’intossicazione da urea.

Il botulismo nel bovino non rientra tra le malattie soggette a denuncia obbligatoria. E’ chiaro però che nel caso vengano coinvolti più animali, e quindi di fronte ad episodi di intossicazione collettiva, è opportuna la segnalazione all’Autorità sanitaria la quale attiverà, insieme al Veterinario aziendale e all’Istituto Zooprofilattico Sperimentale competente per territorio, tutte le procedure per limitare i danni in allevamento, giungere ad una diagnosi precisa e, non da ultimo, tutelare la salute pubblica.

L’unico presidio terapeutico specifico in caso di botulismo è l’antitossina ma attualmente, in ambito veterinario, tale farmaco non è reperibile in commercio. Altri interventi, in corso di patologia, hanno dimostrato sempre scarsa efficacia ed è per questo che l’attenzione deve necessariamente essere indirizzata alla prevenzione.

Per quanto riguarda la profilassi indiretta, vaccini contenenti tossoidi delle neurotossine di tipo C e D di C. botulinum vengono utilizzati nel bovino con successo da diverso tempo su vasta scala in Australia, Sud Africa e Israele. Questi presidi immunizzanti non sono però attualmente registrati in Italia e quindi solo una specifica autorizzazione ministeriale può permetterne l’importazione e l’utilizzo. L’unica profilassi per ora praticabile è quindi quella diretta. In quest’ambito gli sforzi devono essere orientati all’applicazione di misure in grado di evitare che carcasse di piccoli animali (gatti, piccioni, topi, pollame, lepri, fagiani ecc.), o anche solo parti di esse, vengano inglobate o semplicemente contaminino gli alimenti destinati ai bovini. Alcuni punti critici da tenere sotto controllo sono quindi le operazioni di fienagione, le pratiche di depopolamento degli animali sinantropi (piccioni, roditori ecc.), la gestione delle lettiere e delle carcasse di pollame degli allevamenti avicoli e i cani che possono fungere da diffusori e trasportatori all’interno dell’area di allevamento di carcasse di piccoli animali o parti di esse. E’ importante ribadire che tali materiali, quando rilevati dall’allevatore, devono essere prontamente e correttamente allontanati. In via precauzionale, è opportuno anche eliminare gli alimenti con i quali sono venuti a contatto. Massima attenzione va posta anche alla corretta preparazione dei foraggi insilati. Processi  fermentativi di scarsa entità, tali da non permettere un abbassamento del pH al di sotto di 4,5, associati ad umidità elevata e a carenza di ossigeno fanno sì che eventuali spore di C. botulinum provenienti dal terreno e inglobate nella massa foraggera trovino l’ambiente ideale per  germinare e produrre la pericolosa neurotossina.