L’utero non è sterile. Durante la gravidanza e nelle manze vergini diversi ricercatori (Karstrup CC et al. 2017, Moore SG et al. 2017) hanno messo in evidenza i segni della presenza di un microbiota uterino, cioè di una popolazione di microrganismi perfettamente integrata e adattata all’endometrio. Quale sia il ruolo e che significato abbia il microbiota uterino sono domande a cui non è ancora stata data una risposta e la ricerca scientifica in tal senso è appena iniziata. Dopo il parto, la contaminazione batterica del lume uterino è un evento comune a tutte le bovine, e i batteri che colonizzano l’utero sono veramente numerosi ma, in base alle attuali conoscenze, solo alcuni possono essere considerati agenti patogeni certi. La tabella seguente riporta i principali batteri che vengono isolati dall’utero e la loro differenziazione in base all’attitudine patogena:

In questo articolo verranno presi in esame esclusivamente i batteri la cui patogenicità è stata accertata, rivolgendo una particolare attenzione ai loro fattori di virulenza.

Escherichia coli

Escherichia coli è il primo microrganismo patogeno a colonizzare il lume uterino dopo il parto. Nel 2010 Sheldon e colleghi dimostrarono l’esistenza di un ceppo specifico di E. coli responsabile di infezioni uterine e distinto dai ceppi responsabili di altre infezioni, ad esempio intestinali o mammarie. Questo microrganismo è indicato come Endometrial pathogenic E. coli (EnPEC). Rispetto agli altri tipi di E. coli, gli EnPEC hanno curiosamente perso alcuni dei fattori di virulenza associati ai ceppi enterici ed extra intestinali ma hanno acquisito una straordinaria capacità (più del doppio) di aderire alle cellule endometriali e di colonizzarle. I fattori di virulenza principali sono due:

  1. LIPOPOLISACCARIDE di membrana. Il lipopolisaccaride di membrana o LPS o endotossina è il principale fattore di virulenza di Escherichia coli e si libera quando i batteri muoiono dal momento che è un componente abbondante della membrana esterna della parete cellulare. Il LPS è costituito da tre regioni principali: il lipide A o endotossina, di natura glicoproteica, che svolge l’azione tossica sull’organismo, una porzione comune o core composta da oligosaccaridi e l’antigene O che interagisce con i recettori dell’immunità e innesca la risposta infiammatoria. L’antigene O interagisce principalmente con il recettore Toll – like 4 delle cellule, inducendo la liberazione di alcune citochine e iniziando i processi che sono alla base dell’immunità innata. Il Lipide A è responsabile di un’intensa vasodilatazione, dello shock settico e, a dosi elevate, può portare la bovina a morte.
  2. Type 1 fimbrin D-mannose-specific adhesin. È conosciuto anche con il termine di FimH ed è una fimbria con la specifica capacità di favorire l’adesione del batterio alla membrana delle cellule endometriali. Le fimbrie sono organi di ancoraggio dei batteri con una struttura rigida di natura proteica, le cui estremità libere presentano altre proteine dette adesine con cui i batteri aderiscono fisicamente alle cellule dell’organismo ospite. Il mannosio è un monosaccaride quasi mai presente in natura come monosaccaride libero ma è un componente comune della parete di numerosi tipi di batteri tra cui anche E. coli. Il D – mannosio inibisce l’adesione del batterio alle cellule e questo processo viene usato in medicina umana per la terapia non antibiotica delle cistiti sostenute da E. coli.

Trueperella pyogenes

In passato era indicato con il termine di Arcanobacterium pyogenes ed è associato alle forme più gravi di infezione uterina dal 26° al 40° giorno post partum. Trueperella pyogenes è in grado di provocare una risposta infiammatoria particolarmente intensa attraverso la stimolazione di numerosi mediatori della flogosi appartenenti alle classi delle prostaglandine e delle interleuchine; tuttavia, il principale fattore di virulenza è rappresentato da una citolisina identificata con il termine di piolisina PLO colesterolo – dipendente. PLO è il gene codificante per l’esotossina piolisina che, in base al meccanismo d’azione, fa parte delle tossine formanti pori o citolisine che agiscono in modo aspecifico determinando la lisi delle cellule per il disequilibrio ionico indotto dalla presenza dei pori sulla membrana. Una considerazione interessante è che le cellule stromali dell’endometrio sono particolarmente sensibili all’azione patogena della piolisina rispetto alle cellule dell’epitelio di rivestimento che invece dimostrano una certa resistenza. La conseguenza di questo è che Trueperella pyogenes si comporta generalmente come un semplice batterio commensale nel lume uterino ma in caso di danno tissutale, mentre l’esposizione delle cellule stromali ne comporta la deviazione patologica. Da qui l’importanza del danno della mucosa uterina e la rimozione dello strato protettivo epiteliale come uno dei principali fattori di rischio delle infezioni uterine associato al grado di severità della patologia stessa.

Batteri anaerobi (Prevotella, Fusobacterium spp.)

I batteri menzionati in precedenza (E. coli e T. pyogenes) sono certamente i protagonisti principali della maggior parte delle infezioni dell’utero nella bovina da latte. Esistono comunque alcune specie batteriche, meno studiate delle precedenti, che possono avere un ruolo diretto o coadiuvante nel determinismo delle malattie uterine di natura batterica. I membri del genere Prevotella e soprattutto P. melaninogenica sono in grado di produrre alcune sostanze capaci di inibire la fagocitosi e di indurre un potente effetto distruttivo sui tessuti. Fusobacterium necrophorum libera una leucotossina in grado di inattivare e uccidere i leucociti accorsi per risolvere l’infezione in atto. Il ruolo principale dei batteri anaerobi è quello di favorire l’infezione di E. coli e T. pyogenes, determinando un significativo aggravamento del quadro clinico.

La semplice presenza di batteri in utero non è una condizione sufficiente per l’espressione di un processo infettivo. Dallo studio dei principali patogeni uterini ciò che viene messo in evidenza è la difficoltà con cui questi possono esprimere il loro potere patogeno in assenza dei principali fattori di rischio. E. coli, ad esempio, richiede una certa contaminazione ambientale che possa favorire l’ingresso nel lume uterino mentre T. pyogenes necessita del danno tissutale e la rimozione dello strato protettivo epiteliale per esprimere efficacemente il suo potenziale patogeno. Da qui la necessità di assicurare un ambiente pulito e confortevole nel puerperio ed evitare tutte quelle pratiche che risultano essere poco rispettose dell’integrità dell’endometrio, quali l’estrazione precoce del vitello durante un parto eutocico (normale), le manovre ostetriche svolte da personale non competente, la rimozione manuale degli invogli o l’applicazione di medicamenti irritanti in utero. Infine, le altre specie coinvolte (ad es. gli anaerobi) potranno svolgere il loro ruolo di coadiutori in maniera indisturbata qualora la terapia antibiotica fosse iniziata con ritardo o utilizzando molecole antimicrobiche scarsamente efficaci in un ambiente anaerobio. Da queste considerazioni emerge quanto sia importante l’ampliamento della visione del ruolo del Medico Veterinario, non più confinato a mero dispensatore di terapie ma chiamato a sensibilizzare l’allevatore a prendere coscienza della sua responsabilità per ciò che accade in allevamento.