La gestione della perdita di gravidanza nella specie bovina è una delle maggiori sfide dell’allevamento delle vacche da latte. L’impatto che questa condizione patologica può avere sulla redditività aziendale è particolarmente pesante, per cui negli ultimi anni si stanno moltiplicando gli sforzi dei ricercatori per individuare le strategie utili a ridurne l’incidenza. La conoscenza sempre più precisa dei meccanismi biologici alla base della fertilità bovina ha permesso di fare luce sui numerosi aspetti dell’interazione tra l’apparato genitale femminile, i gameti femminili, quelli maschili e infine l’embrione.
Questa conoscenza viene continuamente messa a disposizione dei professionisti che operano nel settore della vacca da latte ed è la base di strategie che si sono rivelate molto efficaci:
- L’inseminazione a tempo fisso riduce in maniera significativa alcuni rischi che possono determinare una maggiore incidenza di perdita della gravidanza. L’intervento fecondativo, quando si utilizza l’individuazione visiva o strumentale (attivometria) dell’estro, può essere effettuato anche in bovine non in calore o addirittura gravide. Il rischio di perdere la gravidanza in queste condizioni è reale mentre l’inseminazione a tempo fisso rende altamente improbabile che ciò accada.
- L’adozione di sistemi di misurazione del progesterone, al di là del vantaggio di riuscire ad individuare precocemente un’eventuale perdita di gravidanza, ha permesso di fecondare le bovine con un alta probabilità di essere in estro (progesterone < 5 ng/ml) e scartare quelle probabilmente non in estro (progesterone > 5 ng/ml), compresi i presunti ritorni in calore di bovine già fecondate.
- Una cura maggiore della gestione del periodo di transizione ha portato ad una netta riduzione dell’incidenza delle malattie metaboliche, infiammatorie ed infettive che sono alla base di una scarsa capacità da parte della bovina di riuscire a mantenere una gravidanza. Durante il periodo di transizione, qualsiasi patologia sperimentata dalla bovina riduce in maniera considerevole la capacità di iniziare e mantenere una gravidanza.
- La selezione genetica sta promuovendo l’utilizzo di riproduttori che abbiano la capacità di fissare nella popolazione bovina quei caratteri correlati positivamente con una maggiore fertilità. Particolare attenzione viene posta sugli aplotipi (leggi anche “Gli aplotipi hanno effetti importanti sulla fertilità“), cioè porzioni difettose di DNA che si trasmettono in blocco da una generazione ad un’altra e che possono incrementare drammaticamente la probabilità di perdita di gravidanza.
In linea generale la capacità delle bovine di rimanere gravide è rimasta pressoché la stessa nel corso dei decenni. Quello che è andato peggiorando è la difficoltà di mantenere la gravidanza. Di fronte a un tasso di fertilizzazione rimasto pressoché costante, un’ovocellula incontra maggiori difficoltà per diventare un embrione sostanzialmente per due motivi:
- Una riduzione della competenza ovocitaria.
- Un’ambiente uterino inadeguato.
La riduzione della competenza ovocitaria è la conseguenza di due condizioni:
- Una crescita follicolare in un ambiente povero di progesterone.
- Un’ovulazione ritardata in seguito ad uno sviluppo prolungato del follicolo preovulatorio.
L’inadeguatezza dell’ambiente uterino può dipendere principalmente da due fattori:
- Un’alterazione dei normali processi di involuzione uterina.
- Una comunicazione difettosa tra utero (bovina) ed embrione.
Un’alterazione dell’involuzione uterina si esprime principalmente a livello ultrastrutturale a carico dell’epitelio endometriale ed è la conseguenza di malattie metaboliche (ipocalcemia, chetosi) oppure alterazioni del sistema immunitario che portano una maggiore incidenza di endometrite clinica o subclinica.
Il riconoscimento materno fetale di gravidanza è affidato alla liberazione da parte dell’embrione dell’interferone τ (tau), che ha la capacità di bloccare la produzione di PGF₂α dell’endometrio e quindi far sì che non avvenga luteolisi (il corpo luteo ciclico diventa gravidico). La sintesi e liberazione di interferone τ, e il conseguente blocco delle PGF₂α, è la parte finale di un’intensa trama comunicativa tra l’utero e l’embrione in cui troviamo altri due gruppi di sostanze:
- Le embriochine, molecole prodotte dalle cellule materne che sono molto importanti per un corretto sviluppo dell’embrione.
- I ligandi, sostanze prodotte dall’utero che regolano lo sviluppo dell’embrione.
Le principali alterazioni nella comunicazione materno-embrionale possono avvenire per un’alterata secrezione di ligandi oppure un’errata sintesi di recettori per le embriochine a livello embrionale. L’effetto è il medesimo: il fallimento dello sviluppo embrionale.
Ancora una volta uno dei maggiori determinanti della fertilità della bovina da latte è il suo stato sanitario. Le bovine che sperimentano una o più patologie nel periodo post partum hanno una probabilità minore di avere e mantenere una gravidanza. Questo avviene come conseguenza di malattie che interessano primariamente l’utero, quali possono essere la metrite puerperale, l’endometrite e la ritenzione di placenta; ma anche in seguito a malattie che non interessano direttamente l’utero, come la mastite clinica, le zoppie, la chetosi, la dislocazione dell’abomaso e l’ipocalcemia. Il rapporto tra patologie del sistema immunitario e l’apparato riproduttivo è particolarmente complesso, e generalmente comporta dei meccanismi di interferenza a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-ovaio e utero.
L’anoressia e l’equilibrio energetico negativo associati alla malattia sono dei meccanismi interferenti potentissimi. I DAMPs e i PAMPs sono delle sostanze che si liberano in grande quantità durante numerose condizioni patologiche e possono alterare il comportamento della popolazione cellulare immunitaria a livello ovarico o uterino con delle conseguenze drammatiche per l’attività riproduttiva. Le cellule embrionali espongono numerosi tipi di recettori sensibili alle citochine e queste possono alterare lo sviluppo embrionale. Ad esempio, il fattore di necrosi tumorale (TNF) che si libera durante i processi patologici di natura infiammatoria o di alterazione metabolica induce apoptosi (morte cellulare) nelle cellule embrionali bovine.
Riassumendo, da quanto detto finora possiamo recuperare tre suggerimenti utili con lo scopo di contenere la probabilità di perdita della gravidanza nella bovina da latte:
- Avere un programma di gestione della fertilità idoneo ed efficace, facendo particolare attenzione alla corretta identificazione delle bovine in estro.
- Pianificare accuratamente la gestione sanitaria della mandria:
- Adottare un piano di biosicurezza (esterna e interna).
- Vaccinare contro quelle malattie infettive (IBR, BVD ecc.) che sono capaci di interrompere una gravidanza.
- Curare l’alimentazione e il management del periodo di transizione.
- Selezionare a favore dei caratteri correlati positivamente alla fertilità; in particolare, è necessario evitare quei riproduttori portatori di aplotipi legati ad una maggiore probabilità di perdita della gravidanza.
Per concludere, la risposta alla domanda del titolo è decisamente affermativa, ma come abbiamo avuto modo di constatare non è affatto semplice. Non esiste alcun segreto o polverina magica ma solo un lavoro disciplinato su più fronti. È necessario che il binomio Veterinario – Allevatore abbia ben chiari i meccanismi che portano al problema in modo da costruire (insieme) una strategia che possa garantire buoni risultati in maniera duratura e continuativa.
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