La recente crisi che sta investendo il settore del latte bufalino è sicuramente complessa e multifattoriale. Un punto centrale è la fisiologica stagionalità della riproduzione di questa specie. Questa caratteristica rende non costanti le quantità di latte prodotte durante l’anno e interagendo con aspetti economici, strutturali e sanitari porta ad un sistema maggiormente instabile e soggetto a situazioni delicate come quella in corso. Il miglioramento genetico potrebbe aiutare ma prima bisognerebbe capire bene quale carattere eventualmente selezionare.

Vox populi, vox Dei scriveva già nell’VIII secolo il monaco anglosassone Alcuino, riferendosi con questo a quelle convinzioni, condivise da molti, che possono alla fine rivelarsi o ritenersi vere e corrette. Si parlava infatti già da tempo della possibile crisi che avrebbe colpito il settore del latte bufalino e le cronache zootecniche di questi giorni hanno confermato l’aforisma del monaco di York.

La questione è sicuramente complessa, coinvolgendo aspetti economici, strutturali, sanitari e fisiologici, ma è indubbio che la stagionalità riproduttiva della specie bufalina già di per sé rende le cose complicate, o per lo meno più complicate rispetto ai bovini da latte. Per fare latte, lo sappiamo bene, ci vuole una gravidanza e se queste non sono distribuite abbastanza omogeneamente durante tutto l’anno, le produzioni non sono costanti ma hanno dei picchi. Picchi che a loro volta possono coincidere più o meno con la domanda del prodotto finale, come nel caso specifico della mozzarella.

La stagionalità riproduttiva nella specie Bufalina

Chi vi scrive non è un esperto di riproduzione ma una recente review scritta a più mani da chi invece se ne occupa (Michael et al., 2020) riassume molto bene le principali problematiche che influenzano la riproduzione nei bufali.

Al di là di un’età al primo parto più elevata rispetto al bovino da latte e ad una maggiore lunghezza della gravidanza rispetto al genere Bos, il punto principale ruota attorno al fatto che dal punto di vista riproduttivo i bufali – alle nostre latitudini – sono influenzati negativamente dalla maggiore lunghezza del giorno: in pratica più si allungano le giornate e meno si manifestano calori, quindi si hanno meno gravidanze e di conseguenza meno latte. Tutto questo è causato da una serie di fattori endogeni (prolattina, ormone di rilascio della tireotropina o THR, Insulina, Progesterone, Melatonina) in risposta ad altri esogeni (alimentazione, ore di luce).

Quello che succede è un vero e proprio effetto-domino: nelle giornate più lunghe a) i livelli di prolattina sono molto elevati, e questo riduce la secrezione di gonadotropine ed aumenta il THR favorendo gli anaestri; b) il corpo luteo è meno vascolarizzato e secerne meno progesterone; c) la produzione di melatonina si riduce.

Quest’ultimo fattore è uno dei principali perché proprio l’ormone melatonina è ritenuto il play-maker della riproduzione, come è ben evidenziato dalla Figura 1 tratta da Michael et al (2020).

Figura 1. Sintesi della melatonina a partire dall’ipofisi ed effetto sulla riproduzione maschile e femminile. Tratto da Michael et al (2020). https://doi.org/10.1016/j.theriogenology.2020.01.044

Volendo continuare con l’esempio sportivo, potremmo dire che proprio come un buon numero 10 la melatonina ha successo se c’è qualcuno che riceve il suo passaggio: in questo caso i recettori MT1 e MT2 che, tra l’altro, sono localizzati proprio sui follicoli. Questi recettori non sono altro che delle macromolecole proteiche, le quali vengono codificate (quindi scritte) da una particolare sequenza genetica. A questo punto ci si potrebbe chiedere se la capacità di questi recettori dipenda anche da come è composta questa sequenza genetica che li ha codificati.

Stagionalità riproduttiva e miglioramento genetico

Diversi studi condotti sia in Italia che all’estero (Carcangiu et al, 2011; Luridiana et al, 2012; Cheema eta al, 2016; Zeutoni et al, 2014) hanno confermato che il gene che codifica per il recettore MT1, denominato MTNR1A e localizzato nel bufalo sul cromosoma 1, presenta dei polimorfismi e di conseguenza le sue diverse forme potrebbero essere collegate ad una maggiore o minore recettività, e quindi a ad una maggiore o minore sensibilità alle variazioni di melatonina.

I risultati ottenuti da Carcangiu et al (2011) – i quali identificano 3 genotipi C/C, T/T e C/T al gene recettore – sono particolarmente interessanti e possono essere riassunti graficamente nella Figura 2, tratta dal lavoro degli stessi autori.

Figura 2. Numero di parti registrati nella Bufala Mediterranea Italiana per mese-anno in funzione del genotipo osservato al recettere per la melatonina: la linea continua genotipo T/T (▪) e linea tratteggiata genotipo C/C (●). Tratto da Carcangiu et al (2011)

La Figura 2 riporta il numero di parti ottenuti in ogni mese di 3 anni consecutivi da soggetti portatori dei due genotipi omozigoti: C/C e T/T.

Risulta evidente, ed anche statisticamente significativo, che i soggetti che presentano il genotipo C/C partoriscono principalmente ad Agosto/Settembre, e quindi si riproducono durante la normale stagione riproduttiva (giornate corte). Al contrario, i soggetti T/T hanno parti principalmente a fine inverno inizio primavera, suggerendo che il concepimento è avvenuto in un periodo di fotoperiodo lungo. Queste informazioni potrebbero già essere utili per assegnare alle epoche giuste di inseminazione gli animali o per lo meno per ottimizzare anche eventuali trattamenti di sincronizzazione.

Un po’ più complicato fare selezione direttamente per questo carattere, non solo perché andrebbe quantificato meglio, ma anche perché si dovrebbe capire in modo più approfondito il meccanismo alla base del diverso comportamento ed anche il suo rapporto con altri caratteri, primi tra tutti quelli produttivi.

In due studi preliminari condotti in collaborazione con la Dr.ssa Mayra Gómez-Carpio, genetista presso l’Associazione Nazionale Allevatori Specie Bufalina, sono stati utilizzati approcci diversi per capire se il carattere stagionalità riproduttiva potesse avere una componente genetica da usare in selezione. In entrambi i casi si è partiti dal carattere Età al Primo Parto.

Nel primo caso l’ipotesi iniziale è stata che l’età al primo parto delle bufale “destagionalizzate” fosse un carattere geneticamente diverso rispetto all’età al primo parto di quelle non “destagionalizzate”. Questo è stato possibile perché uno stesso toro di FA poteva avere figlie nei due periodi, creando di fatto un legame genetico e permettendo di utilizzare un classico approccio BLUP per stimare le componenti di varianza e covarianza genetica. Il risultato preliminare ha indicato una correlazione genetica pari a 0.91, il che suggerisce che i due caratteri sono regolati per la gran parte dalla stessa genetica ma non completamente. Qualche differenza potrebbe in effetti esserci.

Nel secondo caso è stato invece condotto uno studio di associazione più tradizionale, utilizzando le informazioni genomiche attualmente disponibili da ANASB grazie ai diversi progetti in andamento. Anche in questo caso un aspetto interessante è che sia il cromosoma 1, lo stesso del recettore MT1, che il cromosoma 3, spiegano circa l’1.5% della variabilità del carattere. Certo, può sembrare poco, ma ricordiamoci che questi sono caratteri molto influenzati dall’ambiente e che aver trovato comunque una regione più espressa di altre è un buon indizio.

Considerazioni Finali

Al netto delle varie dinamiche di mercato, che poco hanno a che vedere con la fisiologia riproduttiva delle bufale, le ricerche condotte sino ad ora hanno dimostrato che, nonostante la complessità dell’argomento, lavorare sulla stagionalità della riproduzione è possibile.

Sembra esserci spazio anche per il miglioramento genetico che, come detto altre volte, garantisce dei cambiamenti permanenti e non temporanei come un trattamento ormonale.

La possibilità di nuovi strumenti, come quelli genomici, fornisce inoltre ulteriore potenzialità alla ricerca e permette di validare risultati ottenuti oltre un decennio fa. Quest’ultimo aspetto è particolarmente importante perché utilizzare risultati promettenti ma che si fondano su un numero limitato di dati, può essere particolarmente pericoloso, soprattutto se utilizzati per fare scelte selettive.

Bibliografia consultata

Carcangiu, V., Mura, M.C., Pazzola, M., Vacca, G.M., Paludo, M., Marchi, B., Daga, C., Bua, S. and Luridiana, S., 2011. Characterization of the Mediterranean Italian buffaloes melatonin receptor 1A (MTNR1A) gene and its association with reproductive seasonality. Theriogenology, 76(3), pp.419-426.

Cheema, R.S., Kaur, A.M.A.N.D.E.E.P., Ghuman, S.P.S. and Dhindsa, S.S., 2016. Melatonin receptor 1A gene polymorphism in Murrah buffaloes with possible impact on summer anestrous. Journal of Bio Innovation, 5(3), pp.386-394.

Luridiana, S., Mura, M.C., Pazzola, M., Paludo, M., Cosso, G., Dettori, M.L., Bua, S., Vacca, G.M. and Carcangiu, V., 2012. Association between melatonin receptor 1A (MTNR1A) gene polymorphism and the reproductive performance of Mediterranean Italian buffaloes. Reproduction, Fertility and Development, 24(7), pp.983-987.

Michael, J.D., Ghuman, S.S., Neglia, G., Della Valle, G., Baruselli, P.S., Zicarelli, L., Visintin, J.A., Sarkar, M. and Campanile, G., 2020. Exogenous and endogenous factors in seasonality of reproduction in buffalo: A review. Theriogenology, 150, pp.186-192.

Zetouni, L., de Camargo, G.M.F., da Silva Fonseca, P.D., Cardoso, D.F., Gil, F.M.M., Hurtado-Lugo, N.A., Aspilcueta-Borquis, R.R., Cervini, M. and Tonhati, H., 2014. Polymorphisms in the MTRN1A gene and their effects on the productive and reproductive traits in buffaloes. Tropical animal health and production, 46, pp.337-340.