La brucellosi è una malattia infettiva contagiosa sostenuta dai batteri del genere Brucella. Sebbene sia sotto controllo in numerose aree d’Italia e diverse regioni abbiano la qualifica di territorio ufficialmente indenne, è ancora presente sul territorio e rappresenta un rischio da non sottovalutare. L’inizio di un focolaio di brucellosi bovina ha un impatto emotivo notevole che può impedire di affrontare in maniera lucida ed efficace il problema. La gestione di tale evento è particolarmente complessa poiché abbraccia aspetti economici, legali, emotivi e di sanità pubblica. Il veterinario aziendale, soprattutto se conosce bene le dinamiche dell’azienda, ha un ruolo strategico basilare rappresentando un punto di riferimento importante sia per il proprietario che per i colleghi del Servizio Sanitario Nazionale.

La conoscenza di alcuni aspetti patogenetici ed epidemiologici di Brucella è essenziale per mettere in atto un piano strategico efficace per bloccare la trasmissione ed impedire il propagarsi dell’infezione in allevamento.

Come si trasmette la Brucella?

I bovini si infettano principalmente attraverso la via orale, ingerendo acqua o alimenti contaminati o leccando placente, feti o scoli vaginali infetti. Sebbene sia possibile l’infezione attraverso la pelle, la mucosa congiuntivale, respiratoria e genitale, l’importanza di tali vie è minore.

La principale via di eliminazione del microrganismo è l’aborto o il parto attraverso feti, placente e materiale uterino. Il latte è un’eccellente via di eliminazione nelle bovine in produzione, così come lo sperma nei maschi riproduttori, cosa di cui bisogna tenere conto se in allevamento è permessa la monta naturale. L’eliminazione attraverso secreti ed escreti (feci, urine, saliva ecc.) sebbene possibile, necessita di una batteriemia sostenuta, possibile solo in determinate condizioni, per cui il ruolo epidemiologico di tali vie è secondario.

Quali specie animali può infettare?

Brucella infetta un’ampia gamma di mammiferi domestici e selvatici. È una temibile zoonosi che generalmente richiede l’ospedalizzazione degli esseri umani che contraggono la malattia. Tutte le specie di brucella possono infettare il bovino provocando una sieroconversione, ma solo Brucella abortus e Brucella melitensis hanno un ruolo patogenetico significativo, le altre provocano infezioni generalmente autolimitanti.

Quali sono i sintomi della brucellosi bovina?

Il principale segno clinico dell’infezione da brucella è l’aborto tardivo (>4 mesi). Dopo l’ingresso, il microrganismo si localizza nei linfonodi e con passaggi continui nel sangue (batteriemia) raggiunge l’utero gravido. Dopo il 4°-5° mese lo sviluppo delle brucelle è particolarmente intenso a livello dei placentomi perché sono ricchi di uno zucchero (chiamato eritritolo) che le brucelle utilizzano come substrato energetico. Questo provoca danni tissutali gravi che compromettono gli scambi nutritivi a livello placentare. L’esito è l’aborto o la nascita di vitelli poco vitali (e infetti). La colonizzazione interessa anche la mammella dove provoca una mastite interstiziale multifocale clinicamente evidenziata solo da un aumento della conta cellulare. Il maschio sviluppa un orchite ed epididimite, spesso diventa sterile, ma conserva la capacità di eliminare le brucelle con il materiale seminale.

I bovini giovani o non gravidi sono a rischio?

Brucella infetta tutte le categorie produttive, dal vitello in utero (infezione congenita) all’animale adulto. Sebbene i soggetti più pericolosi siano le bovine in gravidanza avanzata, poiché abortendo fungono da amplificatori dell’infezione, tutti i capi bovini venuti a contatto con il microrganismo devono considerarsi epidemiologicamente a rischio. In particolare, la permanenza di brucella nei linfonodi può essere indefinita nel tempo ed essere responsabile di riaperture di focolai d’infezione anche a distanza di mesi. È quindi buona norma eliminare tutti i soggetti sieropositivi  e i vitelli nati da madri sieropositive.

Quanto resiste Brucella nell’ambiente?

La sopravvivenza del microrganismo nell’ambiente esterno è variabile: da poche ore alla luce solare diretta in ambiente secco a diversi giorni in condizioni di elevata umidità, buio e basse temperature in presenza di materiale organico, sulla lana e nei vestiti; la sopravvivenza può superare un anno se le temperature scendono sotto lo zero. Per questo motivo, il periodo dell’anno, le condizioni climatiche e le caratteristiche dell’ambiente circostante sono elementi di importanza cruciale, da studiare bene, per la stesura di un piano efficace di biosicurezza. Brucella è inattivata rapidamente dai più comuni disinfettanti e le normali procedure di pulizia e disinfezione sono sufficienti per una decontaminazione ambientale sicura.

Come si diagnostica la brucellosi?

Un allevamento bovino si accorge di essersi infettato con Brucella generalmente in due modi: attraverso l’analisi (PCR e isolamento) di uno o più feti in seguito ad episodi di aborto oppure con le analisi sierologiche di routine per la profilassi di Stato per tubercolosi, leucosi bovina enzootica e brucellosi. In questo ultimo caso, gli esami sierologici usati sono la sieroagglutinazione rapida (SAR), eventualmente confermata dalla fissazione del complemento (FdC), interpretando i risultati nel seguente modo:

SARFdCESITO
negativanegativaBovino non infetto
positivanegativaInfezione dubbia
negativapositivaBovino infetto
positivapositivaBovino infetto

I capi infetti dovranno essere rapidamente isolati e macellati. Al mattatoio è buona norma richiedere l’intervento dei colleghi dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale per la raccolta di campioni biologici su cui tentare l’isolamento della brucella, tipizzarla e quindi aprire un’indagine epidemiologica in modo da mettere in evidenza il percorso seguito dal patogeno fino all’allevamento.

La brucellosi bovina è una delle più importanti malattie infettive in tutto il mondo. Intere generazioni di Medici Veterinari si sono confrontate con Brucella, hanno combattuto battaglie impegnative mettendo a rischio la propria salute e talvolta la vita. Grazie al loro lavoro, ampie fasce di popolazione possono consumare latte e latticini in tutta sicurezza. Tuttavia, la guerra non è vinta. Affrontare la brucellosi è un esempio perfetto di approccio “ONE HEALTH” un concetto che riconosce la stretta interconnessione tra la salute dell’uomo e quella del mondo animale ma anche un concetto che individua nel lavoro di squadra la chiave per trasformare un’intenzione in realtà.

 

DOI 10.17432/RMT.2018-2702