Origine, selezione e diffusione

La Lacaune è una razza ovina francese (potremmo dire a duplice attitudine) originaria delle colline di Lacaune, nel sud-est della Francia, zona caratterizzata da clima mediterraneo con influenze atlantiche. Viene allevata in distretti che vanno dai 300 ai 1000 s.l.m. e il latte è utilizzato per la produzione di formaggi tipici come il Roquefort, formaggio erborinato suddiviso, a seconda delle tecniche di produzione, in Feta, Brousse e Perail. La produzione del latte viene considerata il perno su cui ruota l’economia dell’intera regione.

La selezione inizia nel secondo dopoguerra e continua tutt’oggi, portandola dall’essere una pecora ad uso familiare (70/80 L di latte al massimo, con la produzione di 2/3 agnelli) a quello che è oggi. Il successo attuale è dovuto a persone lungimiranti e innovative per il periodo storico, che con i pochi mezzi a disposizione e le poche risorse scientifiche andavano con un ariete miglioratore a fecondare le pecore migliori di ogni allevamento, con la premura di evitare la consanguineità (una delle piaghe più grandi delle razze a rapida espansione), obiettivo tuttora perseguito.

La selezione in Francia è precisa e si estende ai seguenti caratteri: produzione quanti-qualitativa, velocità di mungitura, conformazione della mammella e suscettibilità alle mastiti, temperamento e comportamento al pascolo, produzione di carne intesa come prolificità e comportamento materno, accrescimento e conformazione degli agnelli, resistenza alle malattie.

Il tasso di progresso genetico annuo è del 2,4% (pari a 5,7 L) ed attualmente nessuna altra razza è alla pari. Ricordiamo anche che esiste una linea di Lacaune selezionata per la produzione di carne e che si tratta di una razza in forte espansione in molti paesi vocati alla produzione di latte (Spagna, Portogallo, Tunisia, Austria, Svizzera, Italia, Brasile, Venezuela, nord America e altri paesi).

Cenni di morfologia

La Lacaune è una pecora di taglia media con maschi adulti che arrivano a pesare 100 kg o anche più; le femmine si attestano invece sui 60/70 kg. Entrambi i sessi sono senza corna.

Hanno una scarsa copertura di lana, con testa, addome e arti scoperti; talvolta si presentano con la sola schiena coperta, o anche senza nessuna copertura, e non è raro vedere soggetti neri con macchie bianche sparse per il corpo.

Consigli sull’acquisto di pecore e/o riproduttori

Molti sono gli allevatori italiani che acquistano direttamente in Francia (o in altri paesi Europei), e sarebbe una buona abitudine, oltre alle analisi di routine, andare alla ricerca del patrimonio di anticorpi di questi animali che spesso provengono da diversi allevamenti, in modo da capire quali problemi abbiano già affrontato e prepararsi alla vaccinazione dell’intero gregge, tutelando così gli animali già presenti in stalla (qualora ci fossero) e anche quelli in arrivo e, in ultima battuta ma non per importanza, tutelando così anche gli altri allevamenti vicini. Partire anche con le analisi delle feci non sarebbe male (dovrebbe essere una buona abitudine in tutti gli allevamenti), in modo da capire quali parassiti si andranno a combattere, per minimizzare così le perdite.

Ricordiamo che non esiste in natura la pecora “da latte” quindi qualsiasi razza cosiddetta “da latte”, nel bene o nel male, è frutto dell’uomo. Questo è un evento la cui memoria si perde nella notte dei tempi, e le informazioni di cui noi disponiamo si tramandano da generazione in generazione e più raramente da documenti scritti. È bene precisare che oltre all’uomo anche la natura ha fatto la sua parte. Quindi anche la stessa razza di animali, in posti diversi, presenta delle caratteristiche diverse.

Vantaggi di questa razza

Il successo che la Lacaune sta riscontrando negli ultimi anni non è infondato. Questa razza infatti, oltre ad essere una buona produttrice di latte di alta qualità, ha una buona prolificità (da una pecora si ottengono mediamente 2/3 agnelli all’anno) ed un ottimo istinto materno; ma la caratteristica che più incuriosisce è l’ottima capacità di adattarsi ad una stabulazione fissa, cosa inusuale per questa specie di animali. L’attitudine a produrre in stalla è una valida alternativa per diverse esigenze, come ad esempio: aziende che per vari motivi non riescono ad avere pascolo a sufficienza, zone invase da predatori (situazione in espansione, ultimamente), zone con inverni lunghi che costringono gli animali a lunghi periodi in stalla.

Un altro aspetto da approfondire è il pascolo. la Lacaune è un’ottima pascolatrice (in Francia usano molto il pascolo) e molto rustica (il vero paradosso di questa razza!). Tuttavia, con pecore di alto profilo genetico non è difficile sforare i 3 L al giorno, e garantire nutrimento ad animali così con il solo pascolo è impensabile dato che l’erba contiene mediamente dal 60-80% di acqua: con quest’ottima materia prima garantire i 2/3 kg di sostanza secca al giorno è impossibile, infatti la maggior parte degli allevatori tende a ricominciare il pascolamento dopo circa il quarto mese di lattazione (o comunque quando i fabbisogni diminuiscono, insieme alla produzione di latte). Così facendo garantiamo anche un’ottima qualità di vita, perché all’aperto la pecora riesce ad espletare i suoi normali comportamenti.

Altro punto a favore per la Lacaune è la produzione di carne: questa razza ovina garantisce anche un’ottima quantità di carne (sia gli agnelli che le pecore a fine carriera), molto apprezzata dai consumatori odierni poiché presenta poco grasso rispetto alle altre razze, e ha anche una buona resa alla macellazione (le rese si attestano sul 60%).

Alimentazione (dall’asciutta al parto)

Il punto cruciale di questa razza è l’alimentazione: essendo una pecora ad alta produzione di latte, ha elevati fabbisogni nutrizionali che, se gestiti bene, si traducono con un margine di guadagno soddisfacente.

La fase cruciale è l’asciutta (l’ideale sarebbe di 90 giorni), poiché dopo una cospicua produzione di latte (con lattazioni abbastanza lunghe) bisogna fare in modo di rimettere in condizioni perfette l’organismo per affrontare una nuova gravidanza (per lo più gemellare e trigemine) ed una successiva lattazione. La cura alimentare dell’asciutta permette anche di avere un colostro di ottima qualità, che è fondamentale per garantire l’immunità passiva ai neonati fin quando il sistema immunitario non sarà in grado di attuare le proprie strategie difensive verso i patogeni presenti in stalla. Subito dopo la messa in asciutta, diversi allevatori hanno riscontrato ottimi risultati somministrando fieni di primo taglio (di graminacee) a volontà, con una dose minima di concentrati (orzo, mais e soia), ottenendo così una razione con un tenore proteico medio basso (13-14% proteina grezza) e, con questa stessa razione, cambiando ovviamente il rapporto foraggi/concentrati a favore di quest’ultimi, si può arrivare fino al parto. È bene comunque non forzare troppo gli animali in questo momento particolare per evitare fastidiosi stati infiammatori e patologie metaboliche che debilitano l’animale e complicano le normali funzioni fisiologiche legate al parto. L’attenzione ai minerali, alle vitamine ed agli amminoacidi essenziali deve essere sempre alta, in quanto la lattazione tende a prosciugare le riserve corporee. Tuttavia, pare che il fosforo in questa fase sia molto importante per la nascita di agnelli vitali e vivaci.

L’agnello, dalla nascita allo svezzamento

L’agnello nasce apparentemente piccolo (sui 4 kg di peso), per poi “recuperare” nei primi quindici giorni. A seconda della gestione, l’agnello può restare con la madre o può essere confinato a parte e allattato con latte artificiale. Nel primo caso l’agnello, se è destinato al macello, resta con la madre all’incirca un mese, raggiungendo un peso di 12-13 kg, mentre se è destinato alla rimonta resta con la madre per circa due mesi, o comunque fino ad aver raggiunto un peso di 18-20 kg  (30% circa del peso finale). In questa fase è buona norma fare le analisi del latte, per capire direttamente se i parametri sono nella norma e, indirettamente, se la razione è bilanciata, perché se così non fosse potremmo avere dei disturbi gastrointestinali dell’agnello, intervenendo erroneamente sull’ultimo piuttosto che sulle madri. In Francia questo è il sistema più usato, avendo i francesi creato una filiera dell’agnello molto valida (l’agnello Label Rouge, che tradotto significa “etichetta rossa”).

Il secondo sistema è l’allattamento artificiale (in Italia sta prendendo sempre più piede, causa anche l’altalenante prezzo dell’agnello). In questo sistema si cerca di far stare il meno possibile l’agnello con la madre e di abituarlo subito alla suzione mediante tettarella, solitamente la madre viene munta e il colostro viene somministrato manualmente, così facendo anche la pecora è meno stressata dalla separazione, molto meno che dopo 24/48 h.

Una delle cose da fare, indipendentemente da quale sia la gestione, è quella di disinfettare tutto il cordone ombellicale. Esistono soluzioni a base di iodio che non irritano la pelle e funzionano molto bene.

Bisogna scegliere con cura il latte succedaneo, preferire quello formulato apposta per gli agnelli (60% circa di polvere di latte), che è molto più concentrato  rispetto a quello per vitelli, ed è necessario diluirlo con precisione per evitare fastidiose diarree dei neonati (solitamente si prepara con 800 g di acqua e 200 g di polvere di latte). Anche stavolta la tecnologia viene incontro all’allevatore, esistono infatti macchine allattatrici che preparano autonomamente il latte secondo la concentrazione prestabilita, che va comunque controllata periodicamente, mescolandolo sistematicamente e mantenendo una temperatura costante ottimale.

Per ottenere ottimi risultati i consigli sono sempre gli stessi, in particolare: box ampi e con una temperatura ottimale, lettiere asciutte con il rinnovo periodico, a meno che non si usi il grigliato, ovvero un pavimento forato che separa urine e feci dal piano di calpestio degli animali, ma anche in questo caso va posta attenzione alle correnti d’aria che potrebbero salire dal piano sottostante.

Per quanto riguarda invece l’alimentazione dell’agnello, i pareri tra allevatori sono diversi: c’è chi infatti destina il fieno migliore a quest’ultimo e chi invece somministra foraggi molto fibrosi e lignificati, o addirittura paglia (meglio se di orzo e avena). L’utilizzo della paglia pare che abbia diversi vantaggi tra cui:

  • maggiore assunzione di concentrato, quindi un incremento giornaliero un po’ più alto, e un peso finale di conseguenza più alto;
  • aumento della capacità del rumine di aumentare di volume, cosa che si traduce in una maggiore capacità d’ingestione da adulta;
  • accelerazione della formazione delle papille ruminali, migliorando la capacità delle stesse di assorbire i prodotti delle fermentazioni dell’alimento.

Con questa tecnica si possono portare gli agnelli fino allo svezzamento (o anche fino a 90/100 giorni), che in teoria dovrebbe arrivare un po’ prima del metodo tradizionale.  Dopo questa fase la razione cambia totalmente, sempre gradualmente, con l’introduzione di foraggi di più alta qualità, “costruendo” così un rumine abituato a vari tipi di alimenti e di foraggi.

Per quanto riguarda l’uso dei concentrati, in questa fase non bisogna eccedere con la quantità (massimo fino a 700 g circa), regolandosi anche con la quantità di foraggio assunta, in modo da avere un rapporto foraggi/concentrati ottimale al fine di evitare lo sviluppo di patologie metaboliche (come, ad esempio, acidosi); così come non bisogna eccedere con la concentrazione proteica (sui 13/14% di proteina grezza), soprattutto quando si utilizzano foraggi molto fibrosi che stimolano un’assunzione maggiore di concentrato.

Se l’allevamento degli agnelli è in stato ottimale si raggiungono presto i 45 kg di peso (intorno ai sette mesi), che sono la condizione ottimale per avviare l’agnella alla monta, facendola partorire così intorno all’anno d’età. E’ bene allevare gli agnelli maschi separati dagli altri agnelli, data la precocità dei calori delle femmine, e la precocità dei maschi a saltare, avviandoli alla monta dopo i 7/8 mesi.

La lattazione, dal parto al picco produttivo

La curva di lattazione di questi animali è diversa rispetto alle altre razze, infatti il picco produttivo arriva intorno ai 70 giorni dal parto. Questo è frutto del lodevole lavoro di selezione dei francesi, infatti gli animali affrontano meglio il bilancio energetico e proteico negativo nel pre-post partum, momento in la capacità d’ingestione è fortemente debilitata a causa della pressione esercitata dal feto sui prestomaci, che di conseguenza hanno una capacità di espansione minore. La razione di questa prima fase deve essere concentrata per i motivi sopra ricordati, e deve seguire la capacità d’ingestione man mano che ci si allontana dal parto.

La concentrazione proteica potrebbe attestarsi sul 17% (60% proteina fermentescibile e 40% proteina by-pass), prestando attenzione alla proteina by-pass, che è quella frazione proteica che non viene degradata nel rumine e assorbita direttamente in sede intestinale. E’ inoltre importante massimizzare anche la produzione di proteina microbica fornendo fonti energetiche e proteiche facilmente fermentescibili. Una delle fonti molto valide per incrementare la quantità di proteina by-pass pare sia il glutine di mais, che ha buone ripercussioni anche sul tenore proteico del latte, ed è inoltre fonte naturale di metionina. Ricordiamo che le proteine del latte sono di alto valore biologico, mentre quello della maggioranza delle materie prime di uso zootecnico sono di basso valore biologico, quindi bisogna apportare nella razione gli amminoacidi essenziali (possibilmente in forma ruminoprotetta) che rientrano in questo processo di nobilitazione delle proteine. La concentrazione amidacea potrebbe seguire quella proteica (17% di amido circa), per poi crescere man mano che la produzione di latte aumenta, facendo aumentare così anche i fabbisogni energetici dell’animale. Il discorso foraggi è proprio dell’azienda, il consiglio è quello di utilizzare foraggi di qualità, digeribili, poco ingombranti e poco lignificati siano essi leguminose o graminacee.

In questa fase l’animale tende fisiologicamente a perdere peso, ma subito dopo il picco, ovvero quando i fabbisogni sono minori e l’ingestione è ottimale, la situazione tende a ristabilirsi da sola. Una volta raggiunto il picco bisognerebbe fare durare quest’ultimo il più a lungo possibile, ovviamente nel pieno rispetto dell’animale. Questo è però un periodo fortemente debilitante per gli animali, che tendono a prosciugare le riserve corporee anche di microelementi. Infatti i minerali come calcio, fosforo e magnesio dovrebbero essere integrati nella razione, poiché difficilmente con le sole materie prime si riescono a coprire i fabbisogni, tuttavia bisogna anche analizzare i valori già presenti nella razione al fine di creare eccessi (rapporti sbagliati limitano anche l’assorbimento). E’ necessario inoltre scegliere forme altamente biodisponibili, per facilitare l’assorbimento da parte dell’organismo. In più, per evitare carenze ed eccessi, è bene regolarsi con le analisi del latte, che ci danno un’idea sulle perdite quotidiane  di questo elemento, e ci permettono di tenere sotto controllo l’urea disciolta nel latte, che è il parametro di riferimento per stabilire l’efficienza proteica della razione, in modo da poterla ritoccare ove necessario. Nella razza Lacaune valori di riferimento per quanto riguarda l’urea del latte sono compresi tra i 40 e i 50 mg/dl. Particolare attenzione va data anche alle vitamine, anche a quelle autoprodotte dall’animale, poiché potrebbero non bastare. Si può dire in conclusione che, se le pratiche di gestione sono state condotte in modo ottimale, il picco potrebbe durare anche intorno ai 70 giorni.

Dal picco all’asciutta

Subito dopo il picco i fabbisogni tendono a diminuire e gli animali tendono ad ingrassare; è bene però che non ingrassino troppo poiché ci potrebbero essere delle ripercussioni sui calori e sull’attecchimento dell’embrione subito dopo il salto. La razione dovrebbe cambiare gradualmente fino alla data prevista per l’asciutta evitando così bruschi cambi alimentari dannosi per l’animale. Se possibile, è bene tenere gli arieti distanti dalle pecore al fine di aumentare la libido e contemporaneamente prepararli con una buona alimentazione in anticipo rispetto alla data dell’inizio dei salti. Bisognerebbe continuare così per tutta la durata dei salti e sarebbe utile garantire all’ariete delle ore di riposo per evitare l’eccessivo affaticamento. Se la gestione è stata condotta correttamente, i calori si ripresenteranno normalmente, soprattutto dopo l’immissione degli arieti (effetto maschio); in alternativa, si potrebbe utilizzare la tecnica del flushing, che prevede un aggiunta, alla normale razione, di una piccola quota di concentrati (che favorisce la comparsa del calore).

Per migliorare la riproduzione si potrebbero utilizzare anche semi di lino o olio di fegato di merluzzo, che apportando una buona quota di grassi e vitamine liposolubili, migliorano la produzione di ormoni che regolano i calori e la successiva gravidanza.

Caratteristiche del latte e produzione

Con animali di buona genealogia e una gestione attenta possiamo raggiungere e addirittura superare i 400 kg/capo in 210/240 giorni di lattazione (si parla di campionesse che sono arrivate anche 800-900 L, ovviamente in un tempo più lungo) e anche per le primipare i risultati sono simili. I parametri del latte si aggirano per il grasso dal 5/7% e per le proteine dal 5/6 %. Quello che di più stupisce però è la resa alla caseificazione, la più alta che si conosca per pecore ad alta produzione: infatti i valori si aggirano sul 22/24 % (da 100 kg di latte si ottengono 22/24 kg di formaggio e 7/8 kg di ricotta), secondo quanto riportato dai dati francesi.

 

Si ringrazia per la preziosa collaborazione e per le foto l’allevatore Umberto Gaudenzi.

Bibliografia

Giannone Mario, 2016. Gli ovini da latte. Allevamento, gestione, cura dell’animale. EdAgricole

Sitografia

www.gidlacaune.fr/IT/Accueil.awp?AWPIDB0D553C8=AC7CCAC3A993C860A57F9DE334701AC8EECA08FC