Nell’allevamento della bovina da latte la maggiore voce di costo è indubbiamente l’alimentazione.

Ciò trova conferma in numerose stime effettuate negli ultimi anni riferite alla realtà italiana: l’acquisto degli alimenti ha mediamente un’incidenza pari al 25-30% dei costi totali. Tale valore indubbiamente sottostima la rilevanza dei costi alimentari, poiché non considera la quota derivante dalla produzione aziendale di alimenti zootecnici. La somma delle due voci spesso arriva ad incidere per oltre il 50% del costo di produzione del litro di latte.

Ne consegue che, in un quadro di redditività dell’attività zootecnica praticamente nulla, la chiave di volta per incrementare l’utile e, nei casi più sfavorevoli, mantenere la produzione, potrebbe derivare dall’ottimizzazione dei costi sostenuti, a partire da quelli alimentari, e dall’aumento dell’efficienza produttiva degli animali, valorizzando al massimo la base foraggera di derivazione aziendale.

L’importanza della digeribilità dell’NDF

La valorizzazione della base foraggera e quindi la formulazione di diete con rapporti “foraggi:concentrati” spostati a favore dei primi (anche per animali ad elevata produttività), si fonda sull’utilizzo razionale dei nuovi modelli di razionamento che richiedono come parametri di input la corretta composizione centesimale delle materie prime nonché i valori di digeribilità, specificatamente la digeribilità dell’NDF (NDFD). Tale frazione glucidica caratterizza la biomassa foraggera, variando da valori minimi pari al 40-50% sul secco nel caso di silomais e dei foraggi di erba medica, fino ad arrivare a circa 60-65% sul secco in riferimento ai fieni di graminacee.

L’NDF svolge funzioni nutritive e dietetiche e si caratterizza per valori di digeribilità estremamente variabili, sebbene largamente inferiori rispetto a carboidrati non fibrosi, proteine e lipidi. Il grafico 1 conferma l’estrema variabilità della NDFD, condizionata dal genotipo della foraggera in esame (specie, varietà o ibrido) nonché dalle agrotecniche impiegate, dall’ambiente di coltivazione (condizioni pedoclimatiche), dal momento della raccolta (stadio fenologico) e infine dalla modalità di conservazione del prodotto (fienagione, fienagione in due tempi, disidratazione o insilamento). La digeribilità della fibra è di grande importanza poiché è direttamente correlata, non solo al valore nutrizionale del foraggio, ma anche all’ingestione di sostanza secca da parte dell’animale e quindi alla sua produzione lattea. Alcuni autori infatti hanno quantificato l’incremento dell’ingestione (e quindi di produttività) in funzione della NDFD della razione nel suo complesso: all’aumentare della NDFD del 10% si ha un aumento di ingestione e di produzione di latte corretto pari rispettivamente a 1,7 e 2,5 kg/capo/die.

Come si determina la digeribilità dell’NDF

La NDFD può essere determinata attraverso prove in vitro che simulano il processo fermentativo effettuato dalla popolazione microbica a livello ruminale, sfruttando il liquido ruminale prelevato principalmente da bovine dotate di cannula ruminale.

Unitamente a questa metodica si può determinare la NDFD in situ, incubando il substrato direttamente nel rumine di animali fistolati. Ciò consente di determinare la digeribilità della frazione fibrosa per tempi di incubazione crescenti e quindi di ottenere delle cinetiche di degradazione necessarie per calcolare il parametro kd (tasso di degradazione, %/h) della frazione di fibra potenzialmente degradabile. Tale parametro è forse più interessante rispetto ai valori di NDFD in senso assoluto: l’alimento ingerito ha una permanenza a livello ruminale limitata nel tempo, quindi deve essere caratterizzato non tanto da degradabilità potenziali elevate a tempi di fermentazione prolungati, quanto da tassi di degradazione elevati. È questa, in linea generale, la differenza che intercorre fra foraggi di graminacee e leguminose (grafico 1): i primi, caratterizzati da valori di NDFD tendenzialmente superiori (sebbene la variabilità sia molto elevata e non si possono quindi fare generalizzazioni), fanno segnalare valori di kd mediamente inferiori rispetto a quelli della medica. Dal canto suo la leguminosa ha digeribilità potenziale inferiore, minore ingombro ruminale e kd mediamente superiori.

I risultati sperimentali possono essere utilizzati per la calibrazione della strumentazione NIRS che è in grado di restituire dei risultati di NDFD con analisi estremamente veloci ed economiche. Infine la digeribilità dell’NDF può essere stimata (in maniera approssimativa) tramite equazioni, come quella presente nel modello NRC 2001, a partire dai soli parametri chimici della materia prima in esame.

I valori di NDFD, integrati con l’analisi bromatologica classica, consentono il calcolo del valore nutritivo degli alimenti zootecnici.

Problematiche legate alla determinazione della NDFD

In conseguenza a quanto detto sopra, è facile comprendere che la determinazione della NDFD è difficoltosa e soggetta a una variabilità abbastanza importante. Ne consegue che questo tipo di analisi risulta essere meno precisa rispetto alle analisi bromatologiche classiche comunemente effettuate.

Dal canto suo invece la stima della NDFD tramite equazioni basate sui parametri chimici fa affidamento, nel caso dell’approccio proposto dal modello NRC 2001, su un solo algoritmo di calcolo valevole indistintamente per tutti gli alimenti zootecnici (foraggi e concentrati) e quindi già di per sé poco discriminante. È inoltre noto, da numerose prove effettuate negli ultimi anni su parecchie tipologie di foraggi, che non esistono relazioni così strette come si riteneva in passato fra alcuni parametri chimici (come l’NDF, la fibra acido detersa ADF e la lignina) e la digeribilità dell’NDF, a riprova del fatto che tale parametro è parzialmente indipendente dalle frazioni chimiche costituenti il foraggio.

Conclusioni

Di fatto il razionamento della bovina da latte sempre di più si basa sui nuovi ritrovati scientifici e su modelli raffinati, che richiedono parametri di input di qualità. Non ci si può più basare quindi unicamente su stime poco precise o utilizzare valori di digeribilità tabulati riportati dalla letteratura estera, che rivelano discrepanze talvolta molto marcate in riferimento ai foraggi prodotti nel nostro areale. Perciò è fondamentale utilizzare valori di NDFD determinati (verosimilmente attraverso la tecnica NIRS) oppure, come alternativa, sfruttare database aggiornati periodicamente.

La digeribilità dell’NDF è di fondamentale importanza pratica dato che questa caratteristica del foraggio, oltre a influenzare pesantemente il valore energetico, condiziona l’ingestione volontaria di sostanza secca e la produttività della bovina da latte.

In un‘ottica di allevamento che sappia garantire redditività per l’allevatore e coniugare sostenibilità ambientale e benessere animale bisogna puntare sulla produzione di foraggi che abbiano come prerogativa imprescindibile la qualità della frazione fibrosa.

Grafico 1: Variabilità del parametro digeribilità dell’NDF (NDFD, %) a 48h di incubazione di alcuni foraggi rappresentativi dell’areale padano ottenuto con metodica in vitro.

nutrizione

FONTE: elaborazione su dati derivanti da prove di digeribilità in vitro effettuate negli ultimi anni su diverse categorie di foraggi presso il laboratorio del Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali, Università degli Studi di Milano.