Tutti gli animali stabulati in azienda sono destinati, prima o poi, a lasciare l’allevamento per vari motivi. È importante porre attenzione alle motivazioni che spingono alla riforma di una bovina, poiché la vendita di una vacca destinata alla macellazione generalmente non copre i costi di produzione della rimonta.
La bibliografia disponibile in letteratura è molto carente circa le cause di eliminazione delle bovine da latte. Come ci è stato riferito da ANAFI e AIA, non vi sono dati affidabili e certi, ed i pochi dati disponibili risalgono ad indagini in alcune aziende e/o zone limitate di alcune regioni.
Da una ricerca condotta da Ruffo et al. (1981) per un periodo di 7 anni su 25 allevamenti, comprendenti complessivamente 32.681 vacche, è emersa una percentuale complessiva di eliminazione mediamente del 26,1%, con valori massimi del 42,9% e minimi del 15,7%. E’ stato inoltre evidenziato come il 18,3% degli animali scartati erano stati eliminati per cause patologiche.
Per quanto riguarda le singole cause di eliminazione, la principale era attribuibile l’infertilità (36,7%), seguivano la scarsa produzione (14,5%), le mastiti (8,6%), fattori legati al parto (7,6%), le infezioni (5,9%), fatti dismetabolici (5,5%), traumatismi (4,7%), lesioni podali (3,7%); il 5% era dovuto ad altre cause mentre il 7,8% degli animali era stato eliminato per fine carriera produttiva, riconducibile quindi a cause naturali.
Dai dati raccolti in un interessante studio effettuato lo scorso anno negli Stati Uniti sulle cause di scarto delle vacche da latte di razza Frisona, è emerso che gli animali rimasti in stalla a fine lattazione corrispondevano al 63,1%, le vacche vendute ad altre aziende per la produzione di latte rappresentavano il 3,2%, mentre gli animali morti in stalla corrispondevano al 5,4% (Norman et al., 2015).
Nella tabella 1 sono riportati i dati relativi alla ricerca di Norman et al. (2015), suddivisi anche per ordine di parto.
Tabella 1: Percentuale di vacche di razza Frisona che hanno completato la lattazione in funzione del numero di parto (Norman et al., 2015)
Analizzando i risultati di questa ricerca, effettuata su 3.339.421 vacche, si evince che il 26,8% delle primipare viene scartato, a fronte del 73,2% che rimane produttivo in azienda.
All’aumentare del numero di parto si riduce fortemente la percentuale di vacche che continuano a restare produttive in stalla (65,6% per quelle di secondo parto, 57,5% per quelle di 3° parto e solamente 37,4% per quelle oltre il 6° parto).
Per la maggior parte degli animali scartati (10,4%) non si conoscono le cause, mentre le altre cause di riforma sono la bassa produzione (6,5%), i problemi riproduttivi (5%), le mastiti (4,5%), i problemi di locomozione (1,5%) e gli animali morti in stalla (5,4%).
Entrando maggiormente nei dettagli della ricerca effettuata da Norman et al. (2015), si evince (tabella 2 – figura 1) che per gli animali scartati la principale causa di scarto non è specificata (o sconosciuta) nel 31,1% dei casi mentre la bassa produzione è la causa di scarto per il 19,5%, i problemi riproduttivi rappresentano il 14,9%, le mastiti il 13,5%, i problemi agli arti il 4,6% e le cause di morte arrivano al 16,3%.
In particolare, gli animali di primo parto sono scartati per bassa produzione (24,6%), per problemi riproduttivi (17,8%), per problemi di locomozione (3,2%), per mastiti (9%), per morte (13,9%) e per cause non specificate e/o sconosciute (31,3%).
Tutti questi dati evidenziano che il 23,9% degli animali scartati nelle aziende da latte degli Stati Uniti sono animali di primo parto e che il 25,3% è composto da vacche di secondo parto. In pratica, il 49,2% delle vacche scartate in questa ricerca di Norman et al. (2015) non arrivano alla terza lattazione.
L’ultimo dato che lascia un po’ perplessi è quello relativo alle cause non specificate e/o sconosciute che mediamente riguardano il 31,1% di tutti gli animali scartati dalla produzione.
Tabella 2: Percentuale di vacche di razza Frisona che sono state vendute al macello in funzione delle cause e del numero di parto (Norman et al., 2015)
Figura 1: Cause di riforma delle vacche (indagine negli USA di Norman et al., 2015)
FINALITA’ DELLA RICERCA
Le cause che possono determinare la fine della carriera di una bovina da latte sono molteplici ed in molti casi non ne sono specificati i motivi.
Per una corretta gestione dell’allevamento della bovina da latte risulta di fondamentale importanza la conoscenza esatta delle cause di riforma di ogni animale, e questo non solo ai fini statistici ma, soprattutto, per cercare di migliorare la “rendita economica” che può fornire ogni animale in allevamento. La prevenzione di alcune patologie e la longevità della bovina da latte (oltre alla produttività) sono dei punti fondamentali che incidono sul reddito dell’azienda.
L’obiettivo di questa ricerca è stato quello di valutare le cause di scarto delle bovine da latte in due aziende dell’Emilia Romagna con diversa destinazione della produzione del latte, al fine di poter individuare le patologie più frequenti che causano, oltre all’allontanamento degli animali, anche dei danni economici all’azienda.
MATERIALI E METODI
La ricerca si è svolta in due aziende di bovine da latte, situate in provincia di Bologna ed in provincia di Modena.
L’azienda della provincia di Bologna (Azienda A) comprende circa 650 capi di razza Frisona Italiana, dei quali 270 circa sono vacche in lattazione e 40 in asciutta. Il latte è destinato all’industria alimentare e si produce latte ad alta qualità. La stabulazione è libera con zona di riposo a cuccette e l’alimentazione è basata soprattutto sull’impiego di insilati di mais, oltre a foraggi essiccati (fieni) e mangimi.
L’azienda della provincia di Modena (Azienda B) alleva attualmente circa 1000 capi dei quali 430 sono vacche in lattazione e 120 in asciutta. Il latte prodotto è destinato alla produzione di formaggio Parmigiano Reggiano. La stabulazione è libera con zona di riposo a cuccette e l’alimentazione è basata esclusivamente sull’utilizzo di foraggi essiccati (fieni) e mangimi, secondo le norme previste nel disciplinare di produzione del Parmigiano Reggiano DOP.
L’indagine, in ogni azienda, si è svolta per gli anni 2014 e 2015.
Per ogni animale che è stato “scartato” dall’azienda si sono controllate le cause di eliminazione registrate in allevamento. Tutti gli animali sono stati raggruppati per causa di scarto, per numero di lattazione e per anno di uscita, così da ottenere dei dati statistici.
RISULTATI E DISCUSSIONE
AZIENDA A
Nella tabella 3 è riportato il numero di vacche scartate, e le cause di scarto, per tutti gli anni presi in esame.
Tabella 3: Numero di vacche scartate e relative cause negli anni 2014 e 2015 nell’azienda A
Dall’indagine da noi svolta è emerso che nel 2014 sono stati scartati 123 animali su un totale di 270 capi in lattazione e 40 in asciutta. Per l’anno 2015, a parità di numero di animali presenti in azienda, sono state scartate 138 vacche. La percentuale di scarto relativa all’anno 2014 è pari al 39,68% degli animali presenti in produzione, mentre per il 2015 si è registrato un valore pari al 44,52%.
Per quanto concerne le cause di scarto relative all’anno 2014 (Figura 2), la causa principale di scarto (25%) è risultata essere quella relativa ai problemi di riproduzione, seguita da collasso puerperale (18%), problemi all’apparato locomotore (11%), mastite (11%), bassa produzione (11%), problemi all’apparato digerente (9%) e corpo estraneo (2%). Gli animali morti in stalla rappresentano il 13% di quelli che sono stati scartati.
Figura 2: Cause di scarto degli animali nell’azienda A per l’anno 2014
Anche per l’anno 2015 (Figura 3) la causa principale di scarto (29%) è stata quella relativa ai problemi di riproduzione, seguita da collasso puerperale (19%), bassa produzione (18%), mastite (14%), problemi all’apparato locomotore (11%), problemi all’apparato digerente (1%) e corpo estraneo (1%). Gli animali morti in stalla rappresentano il 7% di quelli che sono stati scartati.
Figura 3: Cause di scarto degli animali nell’azienda A per l’anno 2015
Tutti i dati registrati ci hanno permesso di calcolare non solo la quota di rimonta, che risulta pari alla quota di scarto, ma anche la percentuale di riforma volontaria o obbligata. Per quanto riguarda il tasso di riforma nel 2014 (figura 4) si è registrato un valore del 39,68%: solamente l’11,39% di questa è stata volontaria mentre l’88,61% è stata obbligatoria. Nel 2015 il tasso di riforma è stato pari al 44,52%, con riforma obbligatoria diminuita a 81,86%. Per il 2016 (valori riferiti al 30 giugno) la riforma è del 12,26% con riforma obbligatoria calata al 78,95%. Di conseguenza, la riforma volontaria è aumentata sia nel 2015 (18,14%) che nel 2016 (21,05%).
Figura 4: Tasso di riforma (%) dell’azienda A per gli anni 2014, 2015 e 2016 (dati fino a 30 giugno 2016)
AZIENDA B
Nella tabella 4 è riportato il numero di vacche scartate, e le cause di scarto, per tutti gli anni presi in esame.
Tabella 4: Numero di vacche scartate e relative cause negli anni 2014 e 2015 nell’azienda B
Dalla nostra ricerca è emerso che nel 2014 sono stati scartati 290 animali su un totale di 700 capi in lattazione e 150 in asciutta. A partire dal 2015 il numero di vacche presenti in azienda si è ridotto fortemente (430 animali in lattazione e 120 in asciutta) non solo per i piani di eradicazione relativi ad alcune patologie (Prototeca e Paratubercolosi) ma anche per una scelta aziendale. Nel 2015 sono state scartate 266 vacche ed in totale sono rimaste 550 vacche in produzione anche per il 2016 (430 in lattazione e 120 in asciutta).
La percentuale di scarto, pertanto, è risultata pari al 34,12% per l’anno 2014 e 48,36% per l’anno 2015. Per il 2016 (dati fino al 30 giugno) siamo al 22,18%.
Per quanto concerne le cause di scarto relative all’anno 2014 (Figura 5), la causa principale di scarto (23%) è relativa ai piani di eradicazione della Prototeca (61 capi) e paratubercolosi (6 capi). Seguono i problemi di riproduzione (21%), mastite (14%), problemi all’apparato locomotore (9%), problemi all’apparato digerente (6%), corpo estraneo (4%), bassa produzione (3%) e collasso puerperale (1%). Inoltre, si è registrato l’11% di morti in stalla ed il 13% di animali scartati per cause non specificate.
Figura 5: Cause di scarto degli animali nell’azienda B per l’anno 2014
Anche per il 2015 (Figura 6) la causa principale di scarto (27%) è sempre dovuta al piano di eradicazione della Prototeca (63 capi) e della paratubercolosi (9 capi). Seguono i problemi della sfera riproduttiva (20%), mastite (9%), corpo estraneo (8%), problemi all’apparato locomotore (7%), bassa produzione (3%), collasso puerperale (1%) e problemi all’apparato digerente (1%). Inoltre, si è registrata una percentuale dell’11% di morti in stalla e il 13% di animali scartati per cause non specificate.
Figura 6: Cause di scarto degli animali nell’azienda B per l’anno 2015
Per quanto riguarda il tasso di riforma (figura 7), nel 2014 si è registrato un valore del 34,12% del quale solamente il 3,45% è stata volontaria mentre il 96,55% è stata obbligata. Questa riforma obbligata si è mantenuta anche nel 2015 al 96,99% e nel 2016 (dati fono al 30 giugno) al 96,55%. Di conseguenza, la riforma volontaria è stata del 3,45% nel 2014, 3,01% nel 2015 e 3,45% nel 2016.
E’ da sottolineare, però, come il dato così elevato di riforma obbligatoria di questa azienda sia stato influenzato fortemente dal piano di eradicazione (o piano di risanamento per Prototeca e paratubercolosi) che ha inciso per il 23% nel corso del 2014 e per il 27% nel corso del 2015 sulle cause si scarto delle vacche.
Figura 7: Tasso di riforma (%) dell’azienda B per gli anni 2014, 2015 e 2016 (dati fino a 30 giugno 2016)
CONSIDERAZIONI
Dall’indagine svolta emerge come la prima causa di scarto nell’azienda A sia legata ai problemi della sfera riproduttiva (25,20% e 28,98%, rispettivamente per il 2014 e il 2015) mentre per l’azienda B la principale causa di scarto era dovuta al piano di eradicazione di patologie quali Prototeca e paratubercolosi (23,10 % e 27,07%, rispettivamente per 2014 e 2015). Nell’azienda B, se escludiamo questo piano di eradicazione, la prima causa di scarto è dovuta anche in questo caso ai problemi della sfera riproduttiva (21,03% e 19,92% rispettivamente per gli anni 2014 e 2015). Nell’azienda A, la seconda causa di scarto degli animali è dovuta al collasso puerperale ( 17,88% e 18,84% per gli anni 2014 e 2015) mentre questa causa si è rivelata essere molto meno frequente nell’azienda B (0,69% nel 2014 e 1,13% nel 2015). Le cause di scarto per le mastiti possono essere valutate come simili nelle 2 aziende: nell’azienda A abbiamo registrato un dato del 10,57% nel 2014 e 13,77% nel 2015, mentre nell’azienda B per il 2014 abbiamo un valore di 14,48% che scende a 9,02% nel 2015.
Per quanto riguarda gli animali scartati per la bassa produzione, che rientrano in quella quota di rimonta cosiddetta volontaria, l’azienda A evidenzia un valore dell’11,38% nel 2014 e 18,12% nel 2015 contro il 3,45% del 2014 e il 3,01% del 2015 dell’azienda B.
Un dato molto importante da sottolineare è quello relativo a 2 voci presenti come cause di scarto per l’azienda B (piano di eradicazione e cause non specificate) e non presenti nell’azienda A. Nel 2014 nell’azienda B queste 2 problematiche hanno rappresentato il 31,03% delle cause di scarto degli animali e nel 2015 si è arrivati al 40,23%.
A parte il piano di eradicazione delle patologie riscontrate nell’azienda B, quello che preoccupa maggiormente è la percentuale di cause di scarto non specificate che è aumentata dal 7,93% del 2014 al 13,16% del 2015 e, seppur con 6 mesi di rilevazione, al 13,93% nel 2016.
Al di là delle differenze dovute al numero di capi in lattazione (270 capi costanti nei 3 anni nell’azienda A contro i 700 capi in lattazione nel 2014 e 430 animali nel 2015 e 2016 nell’azienda B) è importante sottolineare che l’azienda A è prevalentemente a gestione famigliare mentre l’azienda B si affida maggiormente a personale straniero salariato. Questo comporta, probabilmente, una maggior attenzione e conoscenza dei problemi che causano la riforma degli animali nell’azienda A: tutte le cause di riforma, infatti, sono ben codificate con le loro cause.
Nella ricerca di Norman et al. (2015) negli Stati Uniti, su un campione di oltre 3.300.000 capi controllati, le cause di scarto non specificate arrivano al 10,4%. Considerando però il numero di animali scartati, le cause non specificate rappresentano il 31,1% delle riforme. Il dato dell’azienda B risulta di molto inferiore ai dati di questa ricerca effettuata negli USA e potrebbe quindi essere ritenuto anche “accettabile” nella nostra situazione.
Considerando che l’azienda A è a prevalente conduzione famigliare ed ha un numero di animali nettamente inferiore in produzione, ci si attendeva un’incidenza minore di capi eliminati per problemi di locomozione (zoppie, ecc.). Se confrontiamo i dati numerici, infatti, nel 2015 sono state scartate 15 bovine nell’azienda A per questo problema contro le 17 dell’azienda B.
Le cause di scarto delle bovine per problemi legati all’apparato locomotore, dopo quanto appena considerato per le cause non specificate dell’azienda B, ci lascia un po’ sorpresi: dai dati rilevati, infatti, questa causa incide per l’8,97%, il 6,39% e il 2,46% nell’azienda B (rispettivamente per gli anni 2014, 2015 e 2016), contro il 10,57% nel 2014, il 10,87% nel 2015 e il 15,79% nel 2016 dell’azienda A.
Un altro aspetto preso in considerazione nella nostra indagine è quello relativo alla conoscenza del numero di parto degli animali che sono stati scartati.
Nella ricerca di Norman et al. (2015) è riportato che il 23,9% delle riforme è relativo ad animali di primo parto ed il 25,3% a vacche di secondo parto. In definitiva, Norman et al. (2015), hanno evidenziato come il 49,2% degli animali scartati non arriva ad effettuare la terza lattazione.
I risultati della nostra indagine relativa alle bovine scartate al 1° e 2° parto, sono riportati nella tabella 5 (dati relativi agli anni 2014 e 2015).
Tabella 5: Percentuale di vacche scartate in base all’ordine di parto nelle 2 aziende
Come si evince da questa tabella vi è un’enorme differenza fra l’azienda A e l’azienda B: nel 2014 gli animali scartati in prima lattazione nell’azienda A sono risultati il 9% sul totale delle riforme, contro il 25% dell’azienda B, mentre per quelli scartati in seconda lattazione si hanno valori dell’11% e 27%, rispettivamente nelle aziende A e B. In totale si registra una percentuale di riforma pari al 20% nell’azienda A fra prima e seconda lattazione contro il 52% per l’azienda B, nel 2014.
Per il 2015 si sono registrati valori di scarto del 10% nelle primipare ed dell’11% nelle secondipare nell’azienda A, contro il 30% e 29% nell’azienda B. Il totale delle riforme dei capi in prima e seconda lattazione per il 2015 è stato, pertanto, del 21% nell’azienda A contro il 59% dell’azienda B.
CONCLUSIONI
I risultati della nostra indagine ci consentono di trarre alcune conclusioni circa le cause di scarto delle vacche.
La prima considerazione deve essere necessariamente quella relativa alle “cause non specificate” che abbiamo rilevato per l’azienda B. Per una corretta gestione aziendale è opportuno conoscere tutte le patologie e/o i problemi che causano l’allontanamento di una bovina dalla produzione, per avere dei dati certi sui quali poter fare affidamento per migliorare la situazione di anno in anno.
Dall’altro lato, questo dato conferma come sia difficile avere dei dati attendibili nelle varie cause di scarto, come comunicato dai tecnici sia dell’AIA che dell’ANAFI. I pochi dati bibliografici a riguardo riportano fra le varie cause di scarto anche la voce “motivi non specificati” e questo, ovviamente, potrebbe influenzare la maggior o minor incidenza di una patologia e/o causa di riforma.
I dati relativi all’azienda A, per certi aspetti, non possono essere confrontati con quelli dell’azienda B, non solo per il diverso tipo di alimentazione (presenza o meno di insilati nella razione) e di conduzione aziendale ma anche per il fatto che nell’azienda B si è ridotto fortemente il numero di capi in lattazione dal 2014 al 2015 e, allo stesso tempo, vi era un piano di eradicazione per la Prototeca e per la paratubercolosi.
Al di là di queste considerazioni, le cause principali di scarto delle bovine delle 2 aziende sono prevalentemente dovute a problemi riproduttivi, che incidono mediamente per il 25-30% sul totale delle vacche eliminate. Questa causa di scarto è, in effetti, un grosso problema per le aziende da latte in Italia.
L’indagine di Ruffo et al. (1981) aveva già evidenziato negli anni ’80 che la “infertilità” era la principale causa di eliminazione delle vacche e che era addirittura il 36,7% delle cause di riforma. Per quanto riguarda i dati rilevati negli USA i problemi riproduttivi incidono, mediamente, per il 14,9% sulle cause di scarto, con valori però più elevati per primipare (17,8%) e secondipare (16,9%) (Norman et al., 2015).
I “nostri” dati, pertanto, devono essere attentamente valutati non solo dagli allevatori ma soprattutto dai tecnici che si occupano di riproduzione (veterinari, zootecnici, ecc.). Questo grosso problema è in parte “causato” da un’elevata consanguineità presente nei riproduttori. Per questo motivo infatti, da alcuni anni, molte aziende hanno iniziato ad effettuare il “cross breeding” per migliorare la fertilità.
Un’altra considerazione importante da fare è quella relativa agli animali scartati entro la prima e seconda lattazione. Una bovina da latte, per apportare reddito all’azienda, deve effettuare almeno 3 lattazioni altrimenti, se viene scartata prima, non sono coperti i costi del processo di produzione della manza che è un animale “improduttivo” per circa 24-27 mesi dalla nascita.
La longevità delle vacche è un carattere molto importante per i costi di un allevamento. Dai dati nazionali (AIA 2016; ANAFI 2016)ad oggi siamo ad una media di 2,7 lattazioni per vacca presente in allevamento.
Nell’azienda A abbiamo riscontrato come gli animali scartati al primo e secondo parto siano il 20-21% del totale, mentre nell’azienda B siamo a valori del 52-59%.
Pur considerando che nell’azienda B la riforma delle bovine era elevata anche per la riduzione del numero di capi in lattazione e per i piani di eradicazione, il dato riscontrato per questi animali scartati entro il secondo parto ci fa capire che l’economia e/o la redditività di un allevamento da latte deve considerare attentamente i costi di questi animali e, pertanto, puntare sulla longevità degli animali in produzione oltre alla riduzione/prevenzione delle varie cause di scarto. Questo ci porterà oltre che ad una maggiore redditività anche ad un maggior benessere per gli animali.
Dalla nostra ricerca si evince che è necessario effettuare ulteriori indagini per conoscere realmente tutte le cause di scarto delle bovine dalla produzione di latte, migliorando al tempo stesso l’efficienza riproduttiva.
BIBLIOGRAFIA CONSULTATA
AIA (2016) – Comunicazione personale.
ANAFI (2016) – Comunicazione personale.
Norman H. D., Walton L. M., Dürr João (2015) – Reasons that cows in Dairy Herd Improvement programs exit the milking herd (www.cdcb.us/publish/dhi/current/cullall.html)
Ruffo G., Redaelli G., Rescigno C, Visconti A. (1981) – Indagine sulle cause di eliminazione delle bovine dagli allevamenti della bassa irrigua lombarda. Atti del XIII Congresso nazionale della Soc. Italiana di Buiatria, vol. XIII pag. 403-408.
Autori:
Lazzaro Alessandro e Tassinari Marco, Dipartimento di Scienze Mediche Veterinarie dell’Università di Bologna
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