Negli ultimi anni abbiamo assistito all’avvento di due strumenti eccezionali: la genomica e la fenomica. Con uno scegliamo meglio gli animali, con l’altro raccogliamo dati molto accurati ogni momento. Un recente studio condotto sulla Frisona dimostra come l’integrazione tra indici genomici e dati raccolti dai sensori individuali abbia davvero delle potenzialità enormi.

Tommaso, uno dei Dodici apostoli, deve la sua fama al suo scetticismo: non aveva visto personalmente Gesù risorto e quindi non ci poteva/voleva credere. Un atteggiamento simile ancora serpeggia tra chi ha sentito parlare, conosce oppure usa sia indici genomici per selezionare i propri animali che sensori individuali per raccogliere informazioni dagli stessi. A volte la scelta di usare questi strumenti è un pò guidata dal momento o dalla moda, ma qualche dubbio rimane.

In realtà i lavori che confermano con dati alla mano la potenza di questi due strumenti stanno diventando sempre più frequenti, facendo sì che anche i Tommaso più incalliti non possano che ricredersi.

Un recente lavoro pubblicato da Madureira e colleghi sul Journal of Dairy Science (Madureira et al, 2024) si muove proprio in questa direzione, affrontando tra l’altro un argomento sempre delicato: il periodo di transizione e la ripresa dell’attività ovarica, valutata anche attraverso indici genomici – quindi utilizzando un predittore.

Monitorare le vacche nel postparto

La ripresa dell’attività ovarica durante il cosiddetto periodo di Attesa Volontaria è ormai un fattore fondamentale per ottenere performance riproduttive ottimali. Al contrario, l’assenza o il ritardo dell’ovulazione è associato ad intervalli tra i parti più lunghi, ad una minore fertilità alla prima inseminazione, ad un aumento dell’intervallo parto-concepimento e quindi, alla fine, ad un minor reddito per l’allevatore.

I meccanismi che portano ad una precoce ovulazione postparto sono complessi e multifattoriali, e dipendono dallo stato sanitario della bovina e dalla sua condizione metabolica. I metodi ottimali per identificare le bovine con problema sarebbero l’ultrasonografia, per visualizzare il corpo luteo, oppure il livello di progesterone nel sangue, ma entrambi sono costosi ed in parte laboriosi. Un’alternativa efficace è proprio il monitoraggio in tempo reale dell’attività della bovina attraverso i ben noti sensori individuali. I soggetti che non presentano attività estrale tra i sette ed i 60 giorni dal parto avranno sicuramente problemi riproduttivi, come anche altri disordini metabolici (e.g., chetosi subclinica).

Utilizzare la genomica per migliorare l’efficienza riproduttiva

Negli USA, il cosidetto Genomic Daughter Pregnancy Rate è un indice genomico basato sulla probabilità di gravidanza delle figlie di un toro e predice il miglioramento genetico di questo carattere nelle future figlie.

In teoria, ma anche nella pratica, questo strumento può essere utilizzato come criterio per migliorare il livello riproduttivo della mandria. Questa ipotesi è stata infatti confermata attraverso i dati di campo raccolti dal gruppo di Madureira – dati raccolti dai sensori individuali – e l’utilizzo delle informazioni genomiche delle bovine coinvolte. A partire da 4119 lattazioni di 2602 bovine di razza Frisona, sono state raccolte le attività estrali postparto registrate tra il 7° ed il 30esimo giorno di lattazione. Per ogni bovina, primipara o pluripara, è stato possibile misurare l’intensità e la durata dell’estro. Inoltre, sono stati anche raccolti tutti gli eventi clinici avvenuti nel periodo (e.g. ritenzione di placenta, chetosi, dislocazione abomasale).

Associazione tra Indice genomico ed attività estrale

Le bovine che avevano un indice genomico DPR più elevato hanno mostrato un estro più intenso e di maggior durata, indipendentemente dall’ordine di parto. In generale, il 41,2% delle bovine ha avuto una ripresa dell’attività estrale entro i 30 giorni dal parto, con il 10% che ha avuto due o più eventi estrali – segno di una forte attività riproduttiva.

Di sicuro le primipare sono avvantaggiate rispetto alla secondipare ed alle terzipare, come si può osservare nella Figura 1, che riporta il rapporto tra indice genomico DPR e percentuale di vacche che manifestano un evento estrale nei primi 30 giorni dal parto.

Figura 1. Rapporto tra indice genomico DPR (Daughter pregnance rate) e percentuale di vacche che manifestano un evento estrale nei primi 30 giorni dal parto. Tratto da Madureira et al,  J. Dairy Sci. 2024 Mar;107(3):1592-1602. doi: 10.3168/jds.2023-23439.

Un altro risultato interessante ha riguardato la percentuale di bovine che hanno presentato problemi di chetosi. In questo caso i risultati si possono osservare nella Figura 2.

Figura 2. Rapporto tra indice genomico DPR (Daughter Pregnance Rate) e proporzione di vacche con chetosi postparto. Tratto da Madureira et al,  J. Dairy Sci. 2024 Mar;107(3):1592-1602. doi: 10.3168/jds.2023-23439.

Le bovine con un indice genomico più altro hanno avuto minori problemi di chetosi, anche in questo caso indipendentemente dall’ordine di parto.

Considerazioni Finali

Avere a disposizione dati raccolti in tempo reale ci permette non solo di controllare come si evolve il benessere delle nostre bovine ma anche di validare i risultati della selezione genomica. Questo in tempi brevi.

Questo tipo di validazioni sono estremamente rilevanti perché forniscono evidenze oggettive di quanto la selezione sia importante e di come, oggi, si possa cambiare in tempi davvero brevi la nostra stalla. Non solo, i dati raccolti con i sensori – e lo abbiamo già detto – diventeranno il fenotipo di routine per tutte le nostre valutazioni genomiche. Quindi, attendi a quei due, genomica e fenomica.

Bibliografia consultata

Madureira AML, Plenio JL, Vasconcelos JLM, Guida TG, Cerri RLA, Borchardt S. Association between genomic daughter pregnancy rate and expected milk production on the resumption of estrus behavior in Holstein cattle. J Dairy Sci. 2024 Mar;107(3):1592-1602. doi: 10.3168/jds.2023-23439. Epub 2023 Nov 8. PMID: 37944813.