La coltura del mais per la produzione di trinciati, è senza dubbio per l’allevatore quella che massimizza il numero di unità foraggere ricavabili da un singolo ettaro. Dato poi il suo ciclo primaverile-estivo, è anche quella in grado di sfruttare al meglio l’azoto contenuto nei reflui zootecnici, diminuendone così il potenziale impatto ambientale. Purtroppo però la possibilità di coltivarlo ottenendo dei risultati produttivi in linea con le spese sostenute, nell’areale italiano, è inevitabilmente legata alla disponibilità di acqua per l’irrigazione. Attualmente le tecniche che vengono utilizzate per l’irrigazione sono due: quella a scorrimento, che richiede enormi volumi d’acqua e che quindi è applicabile solo nelle zone fortemente irrigue, e quella per aspersione, che necessita di meno acqua, ma che ha dei costi in termini di meccanizzazione ed energia molto più elevati. Da qualche tempo però anche in Italia ha iniziato a diffondersi una terza tecnica di irrigazione, fino ad oggi riservata solo alle colture frutticole o orticole, che è quella a goccia. Essa si basa sul principio della localizzazione dell’acqua in prossimità della pianta, in modo che questa la possa sfruttare al meglio, aumentandone l’ efficienza e diminuendone così e i volumi necessari. Facendo un confronto fra i metri cubi di acqua necessari con questa tecnica e quella scorrimento, il rapporto è intorno ad 1/10. In una prova comparativa condotta quest’anno in Pianura Padana, si sono consumati 900 m3/ha nel primo caso e circa 8000 m3/ha nel secondo.
Per eseguire l’irrigazione a goccia deve essere realizzato un impianto composto da una pompa (non servono grosse pressioni: quella di esercizio è di circa 1 atm), un filtro che elimina le impurità che potrebbero intasare gli ugelli (sabbia, sassolini, materiale organico, ecc.) e che viene utilizzato anche per compiere la fertirrigazione, una dorsale di tubi che conduce l’acqua fino alle testate dei campi ed un sistema di ali gocciolanti dotate di ugelli che vengono posizionate nelle interfile (una si ed una no), e che rappresentano il mezzo con cui l’acqua viene distribuita. La fonte di acqua può essere un pozzo, ma anche un canale o un bacino. Come detto non servono grossi volumi, mentre è molto importante avere la possibilità di accedervi costantemente. Infatti la tempestività degli interventi è determinante per l’ottenimento dei risultati, ed il turno e la durata degli interventi varia in funzione dello stadio di sviluppo della coltura e delle condizioni climatiche. Di tutto il materiale impiegato poi, solo le ali gocciolanti hanno una durata annuale, mentre tutto il resto viene riutilizzato per più anni.
Per quanto riguarda la manodopera necessaria, nonostante la quantità di tubi impiegata sia notevole (solo l’ala gocciolante equivale a più di 7000m/ha), la loro stesura è molto rapida (più di 1 ha all’ora) e anche il recupero dopo la raccolta, se correttamente meccanizzato. Durante l’irrigazione poi, la presenza dell’operatore è limitata alla fase di accensione, e a qualche rapido controllo durante l’esecuzione. Analizzando infine i costi, considerando anche tutte le operazioni accessorie o le tare improduttive degli altri sistemi di irrigazione, i costi totali dell’impianto (acquisto, manodopera, energia, ecc.), vengono recuperati con un incremento produttivo di trinciato che è dell’ordine dei 90 q/ha. Va poi però considerato che numerose ricerche condotte sulle caratteristiche chimiche dei trinciati prodotti con diverse tecniche di irrigazione, hanno dimostrato che l’apporto costante di piccole quantità di acqua consentono di ottenere, a parità di tutti gli altri fattori produttivi, materiali con un più lato tenore di amido ed un più basso valore di NDF, ovvero materiali con un valore nutrizionale più elevato.
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