I lipopolisaccaridi (LPS) influenzano negativamente l’attività riproduttiva delle bovine. Indipendentemente dalle fonti da cui originano, quando vengono a contatto con le cellule uterine e ovariche, provocano una risposta infiammatoria molto rapida mediata dai recettori cellulari. A differenza della grande maggioranza degli altri organi e tessuti, in cui la risposta immunitaria innata è mediata dai leucociti, le cellule uterine e le cellule ovariche hanno la capacità di riconoscere direttamente i lipopolisaccaridi.
Utero
Le cellule epiteliali dell’endometrio e le cellule stromali sono in grado di riconoscere i LPS, ed il contatto esita in una robusta risposta infiammatoria caratterizzata da un incremento della produzione e liberazione di citochine. Le citochine sono molecole proteiche prodotte da vari tipi di cellule in risposta ad uno stimolo e fungono da segnali di comunicazione tra le cellule del sistema immunitario, e fra queste e le cellule di diversi organi e tessuti. Le più importanti citochine prodotte dalle cellule uterine sono l’interleuchina-1β (IL-1β), l’interleuchina-6 (IL-6) e l’interleuchina-8 (IL-8). Le interleuchine sono generalmente prodotte dai leucociti (globuli bianchi), ma a livello uterino sono prodotte direttamente dalle cellule dell’endometrio (stroma ed epitelio). Turner et al. nel 2013 dimostrarono tale abilità in seguito alla rilevazione di abbondanti quantità di interleuchine nel surnatante delle colture cellulari allestite con cellule endometriali di origine bovina e incubate con concentrazioni crescenti di LPS ed altri lipopeptidi batterici.
Un possibile effetto negativo del contatto dei LPS con le cellule endometriali è una deviazione nella sintesi delle prostaglandine (PG), che dirotta la produzione delle prostaglandine F2α (PGF₂α) in prostaglandine E₂ (PGE₂). Le prostaglandine originano dall’acido arachidonico che viene liberato dalla membrana cellulare grazie all’attività degli enzimi fosfolipasi A₂. A questo punto l’acido arachidonico viene convertito in endoperossido prostaglandinico (prostaglandina H₂) ad opera dell’enzima prostaglandina endoperossido sintetasi, meglio conosciuto con il termine di ciclossigenasi (COX). Una volta che l’acido arachidonico è stato convertito in prostaglandina H₂, questa funge da substrato per la sintesi di PGF₂α, reazione catalizzata dalla PGF sintetasi, oppure di PGE₂, reazione sostenuta dalla PGE sintetasi. Ebbene, sembra che i LPS abbiano la capacità di deviare la produzione di prostaglandine a favore delle PGE₂ (Herath et al., 2009). Il processo di deviazione è sostenuto dal fattore di necrosi tumorale α (TNF-α) e l’ossido nitrico (NO) che inducono la produzione preferenziale di PGE₂ a scapito delle PGF₂α. Nei ruminanti, le prostaglandine di tipo F₂α (PGF₂α) hanno un potente effetto luteolitico mentre le prostaglandine di tipo E₂ (PGE₂) sono luteotrofiche; ne consegue che la deviazione della sintesi delle prostaglandine in PGE₂ esita in un robusto effetto di sostegno al corpo luteo. Questo meccanismo, che determina un prolungamento della fase luteale, spiega il motivo per il quale le infezioni uterine sono spesso accompagnate da un corpo luteo persistente.
Follicolo, ovocellula e corpo luteo
I follicoli delle ovaie sane non contengono cellule immunitarie ma Bromfield e Sheldon nel 2011 dimostrarono la straordinaria capacità da parte delle cellule della granulosa di rispondere alla presenza di lipopolisaccaridi con un’intensa produzione di citochine (IL-6 e IL-8). Le cellule della granulosa esprimono l’intero complesso di risposta ai LPS: il recettore Toll-like 4, CD14 e MD2, proprio come i macrofagi ed i linfociti B (vedi L’interazione tra i lipopolisaccaridi e la bovina da latte: Seconda parte), quasi come se avessero un ruolo proprio nell’immunità innata. La presenza di ormone follicolostimolante (FSH) aumenta la sensibilità e la reattività ai LPS. L’impatto negativo dei LPS non si limita alle cellule della granulosa ma interferisce anche con il processo di espansione del cumulo ooforo; in particolare, la produzione di IL-6 è particolarmente sostenuta dalle cellule del cumulo ooforo, soprattutto se poste a contatto contemporaneamente ai LPS e all’FSH. Il processo di espansione del cumulo ooforo è di importanza critica per l’ovulazione e la successiva fertilizzazione dell’ovocita, ed influenza significativamente la qualità dell’ovocita stesso. La presenza di LPS danneggia pesantemente la maturazione dell’ovocita andando ad impattare negativamente sul processo della divisione meiotica, e questo processo sembra essere ulteriormente aggravato dalla presenza di ormone follicolostimolante (FSH).
Il processo precedentemente esposto sembra essere un meccanismo di protezione particolarmente efficace indirizzato ad impedire la maturazione e la fertilizzazione degli ovociti il cui sviluppo si sia avuto in condizioni subottimali. Dal punto di vista pratico quello che questi fenomeni producono è un significativo aumento del fenomeno dell’atresia follicolare. Il destino di un follicolo maturo è quello di ovulare dando vita ad un corpo luteo, non ovulare e dare origine ad una ciste oppure, come in questo caso, andare incontro a regressione (atresia follicolare). Come abbiamo visto in precedenza, i LPS sono capaci di indurre la deviazione della sintesi delle prostaglandine promuovendo la produzione di PGE₂. Questo processo è sostenuto dall’attività locale sulle cellule dello stroma uterino del fattore di necrosi tumorale di tipo α (TNF-α) e dell’ossido nitrico (NO). Il TNF – α ha poi la capacità di ridurre la produzione di androstenedione, il precursore degli estrogeni, da parte delle cellule della granulosa.
Dagli studi effettuati in vitro, i LPS riducono la sintesi di estrogeni di circa un 30%, indipendentemente dalla quantità dei LPS presenti nel liquido follicolare. La ridotta sintesi degli estrogeni impatta negativamente sull’ovulazione del follicolo inibendo il picco pre-ovulatorio di ormone luteinizzante (LH) e determinando una maggiore incidenza di cisti ovariche oppure una diminuzione di volume del corpo luteo, con una conseguente minore produzione di progesterone (insufficienza luteinica). Suzuki et. al nel 2001 ed Herzog et al. nel 2013 hanno messo in evidenza un differente comportamento a seconda del momento in cui avviene il contatto con i lipopolisaccaridi: in fase diestrale i LPS determinano una temporanea soppressione della sintesi di progesterone da parte del corpo luteo (CL) seguita 24 ore dopo da una riduzione del volume del CL e della sintesi di progesterone (insufficienza luteinica); se invece il contatto avviene 42 ore dopo la somministrazione di PGF₂α (proestro) si ha un aumento significativo dell’incidenza di atresia follicolare. È importante sottolineare che questi fenomeni si palesano non solo in seguito alle infezioni uterine, ma anche come conseguenza delle infezioni mammarie.
Conclusioni
I lipopolisaccaridi rimangono, e rimarranno, un nemico con cui l’allevatore, il Medico Veterinario ed i bovini sono costantemente chiamati a lottare. Lo scopo di questo articolo è quello di sensibilizzare il lettore mettendolo in guardia dai pericoli derivanti dall’interazione di queste sostanze di origine batterica e l’organismo animale. Ritengo che la conoscenza dei meccanismi patogenetici di un problema sanitario sia la principale arma che abbiamo a disposizione per mettere in atto una strategia terapeutica o preventiva efficace. I danni provocati da questa classe di sostanze sono veramente numerosi e impattano pesantemente su diversi apparati, compreso quello riproduttivo la cui piena funzionalità rimane un caposaldo per preservare la redditività dell’allevamento.
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