Nell’articolo precedente sono stati indagati i meccanismi di resistenza agli antibiotici beta-lattamici, aminoglicosidi, sulfamidici e trimethoprim. In questo articolo concluderemo la trattazione esplorando le modalità di antibioticoresistenza verso altre quattro classi di antibiotici di uso comune nella clinica dei bovini.

Amfenicoli

Gli amfenicoli sono una classe di antibiotici ad attività batteriostatica/battericida che agiscono formando un legame irreversibile con la subunità maggiore 50 S del complesso ribosomiale 70 S rendendo impossibile la sintesi delle proteine. In buiatria viene ampiamente utilizzato il florfenicolo, decisamente meno il tiamfenicolo, mentre il capostipite cloramfenicolo è stato definitivamente abbandonato a causa dei pesantissimi effetti collaterali.

La resistenza agli amfenicoli si basa principalmente sull’inattivazione enzimatica, un processo in cui l’enzima amfenicolo-acetiltransferasi trasferisce gruppi acetile sulla molecola di amfenicolo, rendendola inefficace nell’inibire la biosintesi proteica dei batteri. Esistono due principali tipi di transferasi identificate con le lettere A e B. Questi enzimi sono ampiamente diffusi tra i batteri Gram-positivi e Gram-negativi, e la loro presenza compromette l’efficacia degli amfenicoli.

Oltre all’inattivazione enzimatica, la resistenza agli amfenicoli può derivare da mutazioni che compromettono l’espressione di proteine di membrana esterna che sono cruciali per il trasporto dell’antibiotico all’interno della cellula batterica. La ridotta accumulazione intracellulare può anche essere causata da specifiche pompe di efflusso che allontanano attivamente gli amfenicoli all’esterno della cellula. Questi sistemi di trasporto sono spesso aspecifici e possono esportare non solo gli amfenicoli, ma anche gli altri antibiotici, conferendo così una resistenza multipla.

Chinoloni

Questi antibiotici sono stati ampiamente utilizzati nella medicina umana e veterinaria per trattare una vasta gamma di infezioni. Negli ultimi anni, l’utilizzo in buiatria si è fortemente ridotto dal momento che risultano essere antibiotici di importanza critica (CIA). Il meccanismo d’azione prevede l’inibizione della DNA girasi che è un enzima chiave coinvolto durante la replicazione del DNA batterico. I chinoloni si legano al sito attivo della DNA girasi e impediscono il suo funzionamento normale. Questo porta a delle rotture nella doppia elica e interferisce con la replicazione e la trascrizione del DNA. Oltre all’inibizione della DNA girasi, i chinoloni possono anche inibire un altro enzima, la topoisomerasi IV. Questo enzima è coinvolto nella separazione dei cromosomi replicati durante la divisione cellulare batterica. L’inibizione della topoisomerasi IV porta a errori nella segregazione del DNA durante la divisione cellulare, compromettendo ulteriormente la capacità di riprodursi del batterio.

Uno dei principali meccanismi di resistenza ai fluorochinoloni coinvolge mutazioni nei geni per le DNA girasi e le topoisomerasi, in particolare nei geni gyrA e gyrB (codificanti le subunità A e B della DNA girasi) e parC e parE (codificanti le subunità A e B della topoisomerasi IV del DNA). Le mutazioni in queste regioni possono alterare la struttura delle topoisomerasi, riducendo l’affinità dei fluorochinoloni per il loro sito bersaglio e quindi conferendo resistenza agli antibiotici. Le mutazioni più comuni coinvolgono cambiamenti di aminoacidi nella subunità A della DNA girasi. Queste mutazioni possono essere osservate in batteri Gram-positivi e Gram-negativi, e la loro presenza è associata a livelli crescenti di resistenza ai chinoloni.

Un altro meccanismo di resistenza coinvolge una ridotta accumulazione intracellulare dei chinoloni. Questo può essere dovuto alla sotto regolazione (downregulation) della produzione di porine che sono importanti per l’ingresso dei chinoloni nella cellula batterica. Inoltre, mutazioni in diversi loci genici possono ridurre la permeabilità della membrana batterica, limitando così l’efficacia degli antibiotici.

Alcuni batteri sviluppano resistenza attraverso pompe di efflusso, che rimuovono attivamente i fluorochinoloni dalla cellula batterica, riducendo così la loro concentrazione intracellulare.

Negli ultimi anni sono stati descritti meccanismi di resistenza plasmidica ai chinoloni, che conferiscono resistenza attraverso geni che proteggono il bersaglio DNA girasi, un gene che codifica per un enzima che acetila i chinoloni, e diversi geni che codificano per pompe di efflusso.

È importante notare che, spesso, ciò che rende i batteri resistenti non è un singolo meccanismo, ma piuttosto l’interazione complessa di diversi fattori. Ad esempio, le mutazioni nei geni bersaglio possono interagire con sistemi di efflusso e ridotta permeabilità della membrana per conferire una resistenza ancora più alta ai fluorochinoloni. Inoltre, la sovraespressione delle pompe di efflusso può rendere i ceppi batterici resistenti ai fluorochinoloni anche in assenza di mutazioni nei geni bersaglio. Questo sottolinea l’importanza di considerare la diversità dei meccanismi di resistenza quando si sviluppano strategie per contrastare l’emergenza di batteri resistenti ai fluorochinoloni.

Tetracicline

Le tetracicline agiscono principalmente inibendo la sintesi proteica nei batteri. Esse si legano alla subunità 30S dei ribosomi batterici, impedendo l’associazione del complesso di trasferimento dell’amminoacil-tRNA al ribosoma. Ciò impedisce il corretto allineamento dell’amminoacil-tRNA al sito di accettazione (A-site) del ribosoma, bloccando così l’aggiunta successiva degli amminoacidi alla catena peptidica in via di crescita. Di conseguenza, viene compromessa la capacità del batterio di sintetizzare proteine vitali per la sua sopravvivenza e la sua riproduzione.

Una delle principali vie attraverso le quali i batteri sviluppano resistenza alle tetracicline è tramite geni che codificano per le pompe di efflusso che facilitano la rimozione attiva delle tetracicline dalla cellula batterica. Finora sono stati identificati 33 geni codificanti per le pompe di efflusso. Questi geni sono suddivisi in categorie specifiche per batteri Gram-negativi e Gram-positivi, con alcune di esse presenti in entrambi i tipi di batteri.

Un altro meccanismo comune di resistenza alle tetracicline coinvolge i geni di protezione ribosomiale. Questi geni codificano per delle proteine che proteggono i ribosomi batterici dall’azione delle tetracicline interferendo con il loro legame ai siti bersaglio.

Altri batteri sviluppano resistenza alle tetracicline attraverso geni di inattivazione enzimatica, che codificano per enzimi in grado di modificare chimicamente la struttura molecolare delle tetracicline, rendendole inefficaci. Questi geni sono particolarmente comuni nei batteri Gram-negativi e possono essere trovati su elementi genetici mobili come plasmidi e trasposoni, facilitando la loro diffusione all’interno di diverse popolazioni batteriche.

Le mutazioni nei siti bersaglio del batterio, come quelle nel 16S rRNA, possono influenzare la suscettibilità alle tetracicline.

Alcuni batteri sviluppano resistenza alle tetracicline attraverso alterazioni nella permeabilità della membrana esterna. Mutazioni che influenzano questa caratteristica possono compromettere l’efficacia delle tetracicline nel penetrare nella cellula batterica e raggiungere i loro bersagli intracellulari. Ad esempio, una ridotta produzione della porina OmpF è stata osservata in Escherichia coli e contribuisce a creare una barriera di permeabilità che limita l’efficacia dei tetracicline.

Macrolidi

I macrolidi agiscono inibendo la sintesi proteica nei batteri attraverso l’interazione con la subunità 50S dei ribosomi batterici. Si legano alla porzione 50S dei ribosomi, specificamente al sito di legame dell’enzima peptidiltransferasi. Questo impedisce l’allungamento della catena peptidica durante la traduzione del mRNA bloccando così la sintesi delle proteine batteriche. Di conseguenza, il batterio non è in grado di produrre le proteine necessarie per la sua sopravvivenza e la sua replicazione.

La resistenza ai Macrolidi rappresenta un problema significativo nell’ambito della terapia antibiotica, sia negli esseri umani che negli animali, poiché sono utilizzati per trattare una vasta gamma di infezioni batteriche.

Uno dei principali meccanismi di resistenza coinvolge la metilazione dell’RNA ribosomiale (rRNA), che riduce il legame degli antibiotici con il ribosoma batterico. Questo meccanismo è mediato dai geni erm che conferiscono resistenza ai macrolidi attraverso la metilazione del rRNA. Ciò impedisce l’interazione degli antibiotici con il sito bersaglio sul ribosoma, conferendo così resistenza. Sono presenti in una vasta gamma di batteri Gram-positivi e Gram-negativi e possono essere espressi costitutivamente o essere indotti dall’esposizione agli antibiotici.

Alcuni batteri sviluppano resistenza attraverso pompe di efflusso che rimuovono attivamente gli antibiotici dalla cellula batterica, riducendo così la loro concentrazione intracellulare e la loro efficacia nel contrastare l’infezione.

Altri batteri possono sviluppare mutazioni che alterano la struttura del rRNA o delle proteine ribosomiali, rendendo gli antibiotici meno efficaci nel legarsi al loro sito bersaglio e quindi conferendo resistenza. Queste mutazioni possono essere puntiformi, delezioni o inserzioni, e possono variare a seconda del batterio e dell’antibiotico coinvolto.

Con questo si conclude la serie di articoli sui meccanismi dell’antibioticoresistenza. Oggi, molto più che in passato, la conoscenza dei meccanismi di sviluppo dell’antibioticoresistenza è imprescindibile per il Buiatra ed in generale per il Medico Veterinario.

Siamo chiamati a combattere contro un nemico silenzioso e temibile e quello che, come categoria, non possiamo premetterci è sicuramente l’impreparazione.