Considerando l’impatto che Neospora caninum ha nell’allevamento delle bovine da latte e l’assenza di validi vaccini e presidi per il trattamento dell’infezione, appare evidente l’importanza delle conoscenze sull’epidemiologia di questo parassita per attuare misure efficaci per il suo controllo. Per dare l’idea dei costi correlati a questa parassitosi, un recente lavoro ha stimato negli USA una perdita annua di 842 milioni di $ per le sole vacche da latte che, comunque, rappresentano i 2/3 del totale delle perdite indotte dal parassita. Anche se molti autori evidenziano come la via verticale sia la principale modalità di trasmissione di N.caninum nel bovino, stimata mediamente tra il 75 e il 90%, non va dimenticato il rischio di trasmissione orizzontale dovuto all’ingestione da parte del bovino di oocisti eliminate con le feci dagli ospiti definitivi (peraltro causa di abortion storm). Ad oggi i membri del genere Canis (cane, dingo, coyote,lupo) sono le uniche specie per cui è stato provato il ruolo di ospite definitivo, in cui si ha la fase intestinale del ciclo del parassita e l’eliminazione delle oocisti nelle feci. L’importanza del cane nella trasmissione di N.caninum è confermata da diversi studi che hanno evidenziato come, nelle stalle dove l’aborto da N.caninum rappresenta un serio problema, la prevalenza di cani positivi (33%) è significativamente maggiore rispetto a quella osservata nelle stalle di controllo (15%). La maggior parte degli studi è inoltre concorde nel rilevare come la prevalenza osservabile nei cani di fattoria sia significativamente maggiore rispetto a quella dei cani che vivono in ambiente urbano. Ad esempio, in un’indagine condotta in Piemonte, i cani rurali (cani di fattoria e da pastore) avevano una sieroprevalenza del 20% contro il 10% osservato nei cani “urbani”. I valori di siero prevalenza nel cane rilevati in diversi contesti variano dal 9% al 29%. Tuttavia la presenza nella popolazione canina di soggetti eliminatori di oocisti con le feci appare rara e raramente si riscontrano cani con oocisti di Neospora nelle feci. Tuttavia è stato mostrato, contrariamente a quanto normalmente riportato, che un cane può eliminare oociti più volte nella vita e non solo in caso di prima infestazione. Nel cane la sieroprevalenza generalmente aumenta con l’età fino ai sette anni, per cui è evidente che in questa specie la trasmissione orizzontale dell’infezione ha un ruolo importante, anche perché aumenta il rischio di ingerire delle cisti tissutali presenti negli ospiti intermedi, negli aborti o nelle carni.
Per quanto riguarda i bovini, N. caninum può essere trasmesso per via transplacentare dalla vacca al vitello, determinando l’infezione congenita di quest’ultimo. La trasmissione verticale è una modalità importante di infezione (si stima mediamente che dal 75 al 90% delle vacche sieropositive può trasmettere l’infezione alla loro progenie) e, secondo molti autori, contribuisce in modo significativo al persistere dell’infezione in una mandria. Per dare un’idea abbiamo seguito 27 frisone e 44 piemontesi sieropositive e, rispettivamente, il 66% ed il 75% dei loro vitelli erano a sua volta sieropositivi prima dell’assunzione del colostro (ad indicare infezione verticale).
I dati finora pubblicati indicano che le vacche sieropositive presentano un rischio di aborto superiore di due volte rispetto a quelle sieronegative. Alcuni autori hanno segnalato una probabilità di aborto ancora superiore, fino a tre volte, e pertanto suggeriscono la riforma delle vacche sieropositive come mezzo per ridurre gli aborti nella mandrie infette.
Ad oggi, tuttavia, non tutti i ricercatori sono concordi nella strategia da adottare nei confronti dei soggetti sieropositivi. Secondo alcuni, infatti, i soggetti sieropositivi sarebbero soggetti già infettati e in grado di controllare la diffusione del parassita durante la gravidanza. I risultati di uno studio sperimentale, dove due gruppi di vacche, uno infettato prima della gravidanza e uno no, sono stati poi infettati in gravidanza, hanno evidenziato come le vacche del primo gruppo non abbiano abortito, al contrario di quelle appartenenti al secondo gruppo. Questi risultati suggeriscono che un’esposizione primaria a Neospora in una vacca non gravida possa risultare in una risposta immunitaria in grado di prevenire la trasmissione transplacentare. Vi sono tuttavia chiare indicazioni che il limitato numero di studi sperimentali non consente, ad oggi, di chiarire in modo esaustivo i fattori che determinano l’aborto nelle vacche infette. Ad esempio è stato dimostrato che, usando seme di razza da carne su frisone sieropositive, si riduce di molto il rischio di aborto che, su vacche frisone sieropositive, passa dal 32% usando seme di frisone, al 19% usando seme di piemontese ed al 10% usando seme di limousin. La spiegazione è probabilmente legata alla diversa produzione di glicoproteine associate alla gravidanza (PAGs) prodotte che avrebbero un effetto protettivo a livello dell’interfaccia placentare. Anche la riduzione, dal secondo semestre, dei fattori stressanti ambientali ha dimostrato di portare ad una riduzione del rischio di aborto in vacche sieropositive. L’importanza della genetica per quanto riguarda la resistenza/resilienza all’infezione spiega perché in un contesto simile (pascoli in Kenya) gli incroci tra la razza locale (Borana) e frisona abbiano una prevalenza di 8-9 volte superiore alla razza locale.
Appare comunque evidente come in diversi contesti il parassita sia in grado di endemizzare nelle mandrie bovine, dove la prevalenza varia, (almeno così abbiamo verificato in un’indagine condotta in Piemonte) dal 5% ad oltre il 70%. Ovviamente non tutte le infezioni sono dovute per via verticale, ed un’importanza non secondaria hanno le infezioni orizzontali per ingestione, con cibo e acqua, di oocisti. Negli ultimi anni è stato ampiamente dimostrato che micromammiferi, ratti e topi, catturati in allevamenti bovini con problemi di aborto sono infetti. In Piemonte più del 10% di ratti e topi catturati in stalle sono positivi e anche micromammiferi silvestri (topo selvatico) e lagomorfi (lepre e minilepre) sono stati trovati infetti. Pertanto il rischio che un cane, ingerendo questi animali, si infetti ed elimini oocisti, contaminando cibo e acqua utilizzati dai bovini, non va sottovalutato. Questa scoperta ha quindi permesso di evidenziare un nuovo importante rischio per il mantenimento dell’infezione nelle stalle, poiché i micromammiferi potrebbero facilmente infettarsi attraverso il consumo di feti e/o invogli fetali infetti. Spiega anche perché alcuni studi epidemiologici abbiano mostrato una minore prevalenza nelle stalle dove la derattizzazione viene condotta in modo sistematico. Anche se non è ancora chiaro il rischio di una trasmissione verticale dell’infezione nei micromammiferi, è evidente come questi possano costituire, se infetti, un serbatoio per l’infezione del cane.
Ma quanto incide Neospora negli aborti bovini? Su oltre 70 aborti da noi analizzati il 38% era positivo a Neospora, ma solo nel 70% dei feti positivi vi era positività a livello del SNC. Questo vuol dire che, analizzando solo il SNC, si rischia di perdere molti positivi e quindi che, per avere la certezza di individuare Neospora in un feto abortito, occorre analizzare non solo il SNC, ma anche muscolo e rene.
Un’ultima considerazione. In Italia vi sono stati in passato diversi gruppi di ricerca che hanno lavorato su questo parassita, raggiungendo risultati molto interessanti. Purtroppo, da anni, a differenza di quanto accade nel resto del mondo, l’interesse nei confronti di questo parassita è scemato e questo non può che andare a discapito della ricerca e della capacità di acquisire informazioni e sviluppare strategie per il controllo di quello che è uno dei principali patogeni abortivi, e causa di perdite economiche, nell’allevamento bovino.
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