Nella professione di buiatra, e nella professione medica in generale, l’intuito ha sempre avuto e continua ad avere grande importanza. Questo è vero soprattutto per la clinica del singolo animale, ma in alcuni casi può essere utile anche nella clinica della mandria. Ebbene da alcuni anni c’è la sensazione, purtroppo non suffragata da alcuna evidenza scientifica, che qualcosa stia interferendo nella nostra pratica clinica ginecologica. Ormai è nota a tutti la costante diminuzione della fertilità nella vacca da latte e soprattutto è risaputo che non dipende direttamente dalla selezione genetica, ma dalla frequente incapacità di offrire alle “super-vacche” ciò di cui necessitano, a motivo delle loro elevate produzioni quali-quantitative. Ciò che però stride con quanto detto finora è la progressiva e inesorabile riduzione della fertilità delle fattrici da carne. Mi riferisco in particolare alla razza marchigiana, molto diffusa nel territorio in cui opero e che negli ultimi venti anni ha cominciato a conoscere la parola “negativa” alla diagnosi di gravidanza e l’utilizzo di terapie ormonali. Neanche l’imbreeding può essere la causa, poiché un calo di fertilità è riscontrabile anche nelle meticce.  Trascurando volutamente le patologie infettive (oggi pienamente sotto controllo anche in queste razze) e la diminuzione qualitativa dei concentrati e dei foraggi dal punto di vista vitaminico-minerale, il sospetto è che qualcos’altro influenzi negativamente la riproduzione. In medicina umana esiste un gran numero di pubblicazioni riguardo l’interferenza di alcuni inquinanti ambientali con gli ormoni sessuali. Alcuni  sono in grado di legarsi ai recettori ormonali riproducendo l’attività degli ormoni fisiologici, altri di bloccarli con azione competitiva. Altri ancora possono interferire con la sintesi, il trasporto, il metabolismo o l’escrezione degli ormoni, alterandone le concentrazioni fisiologiche. Le sostanze inquinanti più conosciute, in grado di avere gli effetti finora esposti, sono suddivise in diverse categorie:

  • CONTAMINANTI ALOGENATI PERSISTENTI: diossine (PCDD e PCDF), policlorobifenili (PCB). Sono ubiquitarie (presenti nel suolo, acque, sedimenti lacustri, marini, fluviali). Nella specie umana aumentano il rischio di neoplasie ormonodipendenti, di linfoma, di sarcoma dei tessuti molli. Infine nella donna causano una maggiore incidenza di endometriosi.
  • FTALATI:  DEHP, DEP, DBP. Sono impiegati nella produzione di PVC. Si trovano nelle acque (si accumulano negli organismi acquatici), nel suolo e sedimenti.  Hanno capacità xenoestrogenica. Causano aumento del rischio di seminoma.
  • METALLI PESANTI:  cadmio, piombo, mercurio, manganese, cromo. Interferiscono con la spermatogenesi  (Haffor, 2004), causano riduzione (Priya, 2004) o aumento (Nagata,2004) di progesterone ed estrogeni, aumento del rischio di cancro alla prostata e ai testicoli (Goyer,2004) oligospermia e riduzione della motilità degli spermatozoi (Pant, 2003; Hjollund, 1998). Causano inoltre disfunzioni tiroidee e alterazioni morfologiche delle ovaie (Cunha, 2005; Henson, 2004).
  • SOLVENTI INDUSTRIALI: STIRENE, TOLUENE, XILENI, TETRACLORO ETILENE. Sono considerati xenoestrogeni. Possono inoltre determinare alterazioni degli ormoni tiroidei.

Poco o nulla esiste in letteratura a riguardo, nella specie bovina.